Avvoltolato nella stoffa che pende a parecchi metri da terra, sulla quale poi si innalza apparentemente senza sforzo, il corpo minuto e scattante di Stefano Franzini somiglia a un aracnide con metà delle zampe e parecchio sex-appeal in più: una specie di Spider-Man voluttuoso senza missioni eroiche da compiere, che danza e si libra con la corda solo per il piacere suo e di chi ha l’occasione di ammirarlo.
Una tale semplicità di movimenti è il risultato di un duro e costante allenamento che il ventisettenne gay di origini cremonesi porta avanti da parecchi anni con passione e con l’obiettivo non del tutto secondario di far conoscere anche in Italia una pratica ibrida, fusione armonica tra il circo, il teatro, la danza, la poesia e le arti plastiche; dal suo sito, dove possiamo apprezzarlo in alcuni video esplicativi, lui stesso la definisce “performances di acrobatica aerea su corda o tessuti”.
Dopo una laurea in arti visive, Franzini s’è diplomato in una scuola di circo, arricchendo in seguito quell’esperienza con diversi laboratori di giocoleria, clownerie e danza contemporanea. Eppure, questa particolare disciplina fatica ancora ad attecchire in Italia, tanto che gli capita più spesso di applicare le sue doti acrobatiche all’arte di strada, al circo classico sotto al tendone e all’animazione per locali, inaugurazioni e feste private. S’è esibito anche in una Turandot alla Scala di Milano e persino in un videoclip, quello girato per il singolo Epochal Babel del gruppo pop-rock cremonese SHW.
“La nostra cultura in questo settore si ferma molto spesso agli spettacoli anni Novanta con le tutine lucide attillate e tante paillettes”, ci spiega. Il riferimento è al Cirque du Soleil, nato in Canada nel 1984, che già si distingueva dal circo tradizionale per la totale assenza di numeri con animali e dalla predilezione per le esibizioni particolarmente magniloquenti di acrobati da tutto il mondo. Rispetto alla fantasmagoria di quel tipo di spettacolo, Franzini ama “travestirsi” di meno per concentrare maggiormente l’attenzione sui movimenti e sull’interazione col tessuto della corda: calzoni leggeri, una canottiera, più spesso a torso nudo.
In questo caso, non c’è dubbio che essere gay dia una marcia in più a queste esibizioni, quantomeno dal punto di vista estetico: “Questa disciplina in effetti è molto frequentata dai ragazzi gay; non penso però che abbia a che fare con l’avere maggiore o minore talento. Il fatto di essere omosessuale mi rende di sicuro meno inibito nell’esprimere le emozioni attraverso il corpo. Sono convinto che i miei colleghi etero puntino più sulla prestanza fisica, mentre per me il corpo deve riuscire a fondersi e integrarsi col movimento, cercando di andare al di là del mero godimento visivo. Un valore aggiunto è che noi gay sappiamo sbizzarrirci col trucco e coi costumi!”
La vulgata più ottimista vuole che nel mondo del teatro non sia un problema dichiararsi gay, vista la grande percentuale di registi e attori omosessuali che calcano i palcoscenici. È così anche nel circo? “Credo che in campo artistico fare coming out non sia più un problema nemmeno in Italia. Piuttosto, è triste e ridicolo il fatto che molti lo neghino anche di fronte all’evidenza. Di pionieri, tra attori, registi e cantanti ne abbiamo già avuti molti senza che ci siano stati scandali o conseguenze particolarmente catastrofiche. Nel mondo del circo ci sono molti omosessuali ed è anche abbastanza comune lavorare con artisti che vengono da ogni parte del mondo. In questo c’è un aspetto molto affascinante: quando siamo sospesi sulla corda tutte le differenze di genere, orientamento sessuale, religione e nazionalità scompaiono; conta solo la riuscita dello spettacolo, dove è fondamentale fondere armonicamente il vigore fisico con la grazia”.
Il giovane acrobata ammette di non preoccuparsi più di tanto se chi lo ingaggia sappia o no che lui è gay: “Spesso mi contattano su Facebook, per cui chiunque può avere accesso liberamente alle informazioni sulla mia vita privata. Essere gay potrebbe persino costituire un punto a favore, perché non ho problemi a esibirmi davanti a qualunque genere di pubblico, etero o gay che sia. Io cerco sempre di stupire, di presentare qualcosa che la gente non si aspetta: se per il circo mi piace vestirmi in modo eccentrico, per l’animazione in un locale preferisco mettermi jeans e canottiera, oppure camicia e pantaloni eleganti, invece di infilarmi la solita tutina aderente. Mi diverto a rompere gli schemi, a spiazzare il pubblico e far loro ampliare gli orizzonti; specialmente se il pubblico è gay, perché immagino che si consideri più smaliziato e libero da pregiudizi. Unico aspetto negativo della visibilità è il fatto che, in alcune occasioni, quando si è venuto a sapere che sono gay qualche membro dello staff ci ha provato, ritenendosi in una condizione di superiorità. Non sono sceso a compromessi, ma certo non è stato piacevole”.
Dal respingere gli impresari marpioni al subire delle vere e proprie discriminazioni il passo può essere breve, oppure no? “In realtà non ho mai vissuto o saputo di nessun caso di omofobia nel mondo del circo. Più che delle vessazioni omofobiche ho scontato le discriminazioni sessiste: molti lavori sono sfumati semplicemente perché i committenti hanno preferito una ragazza al posto mio, senza preoccuparsi della sua bravura o esperienza. Per me che mi alleno tutti i giorni, rischiando di spezzarmi l’osso del collo o di ferirmi con la corda, è un atteggiamento abbastanza avvilente”.
Un bravo acrobata con la corda e i tessuti non spreca energie in sterili antagonismi ma si dedica al perfezionamento costante della tecnica: “Il corpo di un acrobata è più flessibile di quello di un go-go boy e più muscoloso di quello di un ballerino: la preparazione fisica continua serve per avere uno stile pulito e fluido, in modo da far sembrare facile a chi guarda quello che in realtà richiede anni di lavoro. Alla componente atletica devo poi unire una ricerca artistica personale: per far funzionare un numero di circo contemporaneo è importante aver chiaro un messaggio da trasmettere, un’idea, un’emozione. Deve trasparire il sentimento che guida i miei movimenti e che durante l’esibizione crea l’atmosfera. Al contrario, se l’artista è confuso su quello che vuole esprimere, di sicuro lo spettatore lo avverte e non viene coinvolto come dovrebbe. Bisogna essere aperti a ogni tipo di influenza ed essere disposti a contaminarsi con le altre discipline artistiche: tutto può dare ispirazione e può diventare una performance circense. Ho visto tanti colleghi tecnicamente bravi, ma artisticamente così sterili…”.
La mancanza nel nostro paese di una tradizione consolidata di circo contemporaneo ha convinto Franzini a darsi da fare per diventare lui stesso un insegnante per le giovani leve, spesso gay: “La maggior parte dei miei allievi maschi è gay: alcuni sono anche amici, di altri lo deduco facilmente. All’inizio metto tutti sullo stesso piano: l’acrobatica aerea non è facile e pochi raggiungono un’adeguata preparazione fisica. Le mie preferenze di sicuro vanno a chi s’impegna molto e ci mette passione, rispetto a chi lo fa solo per vantarsi con gli amici e si ferma al primo ostacolo. Sì, ho delle preferenze fra i miei allievi, anche se non lo do a vedere. Quando poi ho un riscontro positivo e noto dei sensibili miglioramenti, anch’io sono più motivato nell’insegnamento! In un mio allievo gay, in particolare, rivedo adesso l’entusiasmo che avevo io quando ho iniziato: non posso negare di averlo preso particolarmente in simpatia. Per il futuro mi piacerebbe poter lavorare creando una compagnia italiana che comprendesse attori, danzatori e artisti di circo. Senza dover necessariamente scappare all’estero per trovare le strutture e i finanziamenti adatti, come hanno fatto molti miei amici”.
Varcate le Alpi, anche la situazione politica a proposito dei diritti glbt migliora parecchio: un motivo in più per abbandonare del tutto il suolo patrio? “Per adesso faccio performance nei locali in tutta Italia e insegno acrobatica aerea a Bologna. Ma vado anche all’estero: sto per partire per andare a lavorare con una compagnia di circo a Dublino, mentre con un collega gay sto preparando uno spettacolo di circo-teatro da proporre ai festival glbt, in Italia e fuori. Sulla situazione politica italiana non posso che denunciare l’incolmabile scollamento tra le idee dell’opinione pubblica e la nostra classe dirigente, ammettendo che in Italia la società sia più avanzata dei politici che ci rappresentano ma sono ostaggio dell’influenza nefasta della chiesa. D’altro canto, le associazioni gay non sono messe meglio, visto che sono usate dai loro leader come centri di potere e di visibilità personali, chiusi a ogni rinnovamento”.
Chissà se lo sconfortante panorama dei diritti glbt italiani migliora un po’, visto da lassù…