Famiglia, affetti, stereotipi e pregiudizi. Un manga militante a tematica LGBT oltrepassa i confini del Giappone raccontando una storia in cui ognuno di noi si può riconoscere.

(prima pubblicazione Pride gennaio 2018)

 

Quando Tagame Gengoroo il più importante mangaka (autore di fumetti) gay giapponese vivente, ma la sua personale definizione è artista erotico gay e in questo caso è tra i più significativi del mondo, pubblica un nuovo lavoro, che di solito è a sfondo hard sadomasochistico, è sempre un evento.

Quando però per la prima volta si cimenta in un’opera per un pubblico generalista, con una storia militante a tema LGBT che riguarda le relazioni familiari e il tema del matrimonio egualitario, opera pubblicata in Giappone a puntate in due anni e mezzo su una rivista di fumetti di largo consumo, e in questa categoria vince il prestigioso Grand Prize alla 19a edizione del Japan Media Arts Festival promosso dall’Agenzia governativa per gli affari culturali, si può parlare di evento storico e pietra miliare nella lotta per i diritti civili nel paese del Sol Levante.

Dopo la sua lettura, e non solo per tutti questi motivi, non è un’esagerazione definire Il marito di mio fratello (pubblicato in Italia dalle edizioni Panini), un autentico capolavoro. Peccato che nelle lingue occidentali in traduzione si perda la bellezza dell’assonanza presente nel titolo originale Otooto no otto, arrivato dopo il primo anno dalla sua conclusione in Giappone già alla sua settima ristampa in patria per venire incontro alla domanda dei lettori locali, e che la televisione nazionale NHK ha adattato in una miniserie in tre puntate.

La storia, che si dipana in quattro volumi (in Italia riuniti in due), segue il rapporto che si instaura tra Yaichi, un padre divorziato che lavora in casa crescendo da solo sua figlia Kana di 8 anni avendone la custodia, e il canadese Mike Flanagan che a sua insaputa sposò il fratello gemello Ryooji recentemente morto. Mike ha intrapreso un viaggio in Giappone per presentarsi e conoscere dove e come viveva il marito, che a causa della sua omosessualità aveva tagliato i ponti con la famiglia e se ne era andato via dieci anni prima.

Mike non è solo un gay dichiarato ma è anche un gaijin, uno straniero per di più alto e grosso, e il racconto si dipana attraverso gli occhi innocenti e curiosi della bambina, entusiasta di avere uno zio “orso” molto tenero con lei, e le riflessioni del padre che deve per la prima volta affrontare temi come discriminazione e tolleranza e situazioni con cui non era mai stato costretto a confrontarsi, oltre che ripensare ai suoi vecchi atteggiamenti nei confronti del fratello scomparso. Il ritmo della narrazione è dato dalla società in cui ognuno di noi vive (e Canada, Giappone e Italia costituiscono un triangolo scaleno molto interessante), dal lutto e la sua elaborazione, dalla famiglia e cosa possa o debba significare oggi, dall’accettazione di sé e di quella da parte degli altri.

Il Giappone nonostante l’altissimo livello di tecnologia presente nella vita di tutti i giorni è un paese ancora molto conservatore e pieno di contraddizioni, dove i temi politici LGBT contemporanei fanno fatica estrema a emergere, pur convivendo con un’importante parte della storia in cui l’omosessualità maschile fu culturalmente valorizzata.

Uno speciale filo rosso lega, infatti, questo manga che tratta anche questioni come l’omofobia sociale e interiorizzata e le differenze culturali tra Ovest ed Est in un mondo globalizzato e sempre più veloce, a una lunga tradizione letteraria omoerotica nipponica. In Giappone, inoltre, non esiste una distinzione netta tra cultura “alta” e cultura “bassa” e alcuni fumetti raggiungono i vertici dell’alta letteratura e come tale sono letti e rispettati.

Per l’autore il motivo alla base della composizione di Il marito di mio fratello è stato lo stesso di tutti i suoi lavori: scrivere ciò che avrebbe voluto leggere da qualche parte. Se quello che vuole vedere nel mondo non esiste lui lo crea.

La trama non è “buonista” e Tagame non ci tiene solo a divertire il lettore. Usando vari personaggi secondari, dalla ex moglie di Yaichi alle mamme dei compagni di classe di Kana passando per un amico d’infanzia di Ryooji e altri, l’autore tratteggia un caleidoscopio di situazioni che fanno capire a un pubblico eterosessuale come è vivere da gay in Giappone.

Il valore universale di questo fumetto è la rappresentazione delle piccole o grandi difficoltà che ognuno di noi nella quotidianità ha vissuto o vive a causa del proprio orientamento sessuale, che alla fine hanno portato Ryooji ad andarsene all’estero. Esperienze reali di quasi impercettibile omofobia che alla lunga, volenti o nolenti, logorano la psiche molto più degli ampollosi e bigotti attacchi contro la fantomatica ma molto mediatizzata “teoria del gender”.

Questo graphic novel è quindi serio ma vi farà ridere e piangere, intenerire e arrabbiare, e qualsiasi sia il valore artistico che vorrete attribuirgli di certo non vi lascerà indifferenti.