Nicole Canet è una deliziosa signora che da anni gestisce, da sola e non senza problemi, una bellissima galleria d’arte a Parigi, tutta incentrata sull’universo gay: “Au bonheur du Jour” (11 rue Chabanais, vicino a Palais-Royal). Oltre all’esposizione e alla vendita di opere – dipinti, disegni, sculture, fotografie, oggetti erotici e tanto altro – un paio di volte l’anno la galleria organizza mostre tematiche (come quella sul fotografo Vincenzo Galdi, cfr. Pride 145, luglio 2011), regolarmente accompagnate da cataloghi di eccellente qualità. È il caso anche di Hôtels Garnis – Garçons de joie (€ 79, acquistabile sul sito www.aubonheurdujour.net), dedicato a un secolo di prostituzione omosessuale nella capitale francese e uscito in concomitanza all’esposizione omonima, che chiude il 29 dicembre.
Come sempre, anche stavolta la ricerca di Canet è accuratissima sia sul piano dei documenti (archivi, in particolare quelli della polizia) sia su quello del materiale iconografico, che in questo caso arricchisce il libro di ben 335 illustrazioni, fra cui numerose foto d’epoca estremamente forti, praticamente pornografiche.
I vari capitoli del libro scandiscono la ricerca: si parte dai luoghi dove ci si prostituiva per poi esaminare alcuni protagonisti (marinai, militari e magnaccia), le pratiche esperite e infine coloro che davano piacere: i mantenuti e i prostituti. L’ultimo, sorprendente capitolo ricostruisce – attraverso foto, disegni e soprattutto bizzarri oggetti di piacere – il gabinetto segreto di un bordello per uomini. Così, si ripercorre la vita di Parigi lungo il secolo e con essa della società tutta.
A Parigi, attorno all’inizio del secolo scorso, al di là di qualche casa di tolleranza riconosciuta dallo stato in cui sporadicamente si prostituivano anche degli uomini esistevano una trentina di hotel e di bordelli, naturalmente clandestini, contrassegnati da insegne fuorvianti, che offrivano giovani ad avventori di ogni età e ceto sociale. Alcuni erano sontuosi e riccamente decorati, altri sordidi e squallidi ma tutti soggetti allo stesso destino: bastava infatti una denuncia anonima di un cittadino “devoto e rispettabile” per provocare la chiusura del locale e il carcere per i tenutari (i quali però appena liberi di norma ne aprivano un altro, magari in un’altra zona della città).
Essi erano un grande punto di riferimento per coloro che venivano chiamati con disprezzo antiphysiques (ossia “contro natura”) o anche les tantes (“zie”). All’interno di essi la polizia distingueva poi fra les rivettes o amateurs, coloro che pagavano per soddisfare i propri desideri, i persilleuses o raccrocheurs, marchette di professione, gli entretenus, mantenuti da ricchi clienti, e i jésus, giovani prostituti. Questi ultimi, il più delle volte con poca esperienza, erano generalmente vestiti vistosamente, con pantaloni dai colori forti, giacche attillate, gioielli posticci e un po’ di trucco.
In questi luoghi i clienti si esprimevano attraverso codici particolari, che servivano anche per indicare preventivamente il tipo di ragazzi preferiti. In genere, quelli più ricercati erano adolescenti (come quelli che costarono un processo e la condanna allo scrittore Adelswärd Fersen), ma l’età media attorno alla fine dell’Ottocento era di circa 27 anni. La maggior parte di loro proveniva dal mondo proletario e non pochi erano eterosessuali, alla costante ricerca di denaro per arrotondare i grami salari. Al proposito, per la cronaca, durante la Belle Époque un atto di sodomia veniva pagato 10 franchi, una cifra non banale, mentre un atto orale costava 2 o 3 franchi. Accanto agli hotel e ai bordelli, vi furono poi numerosi altri posti al chiuso – bar, locali da ballo, giardini, vespasiani e saune – nonché ovviamente il draguer per strada, dove i fazzoletti giocavano un’importanza essenziale giacché, a seconda se erano posti davanti o dietro sul vestito, definivano senza ombra di dubbio il ruolo sessuale praticato.
In seguito, a partire dagli anni Quaranta del Novecento, i posti di “battuage” parigini si moltiplicarono, estendendosi a sale cinematografiche, stazioni (come la Gare du Nord), parchi pubblici e lungosenna.
Madame Canet mette in luce i codici verbali e gestuali che regolavano quel mondo parallelo e sotterraneo, che viveva di rituali a sé, spesso differenziati: se alcuni luoghi chiusi (hotel e bordelli) contavano infatti sulla complicità dei tenutari, altri (vespasiani e hammam) permettevano di andare senza equivoci al dunque, mentre altri ancora (bar e locali da ballo) esigevano segni convenzionali differenti e ben più pregni di cautela. Comunque sia, grazie a questa gamma di opportunità degli uomini attratti da altri uomini riuscivano finalmente a consumare i propri desideri proibiti, infrangendo dei tabù puntigliosamente difesi dalla società.
Desta curiosità l’alto numero di foto che squarciano un velo su ciò che accadeva in quei luoghi. Scattate il più delle volte su desiderio del cliente per mero piacere visivo o per ricordare i momenti di piacere, alla fine costituirono un mercato vivissimo a sé stante, ovviamente clandestino.
Nonostante le sofisticate messe in scena, queste foto oggi fanno sorridere per l’ingenuità che le caratterizza. Talora soft altre hard, esse coprono tutto l’arco dei fantasmi sessuali messi in pratica in quei luoghi. Come il sadomasochismo, che richiama Marcel Proust. Il grande scrittore proprio nell’hotel dell’amico Albert Le Cuziat (tenutario dell’hotel Marigny, il più famoso assieme all’hotel du Saumin, gestito dal tunisino Saïd, altro amico dello scrittore) assisté come voyeur a una scena di flagellazione, in cui un attempato industriale viene frustato a sangue da un giovane; scena che poi Proust ripropose ne Il tempo ritrovato, con Charlus nel ruolo del cliente.
Cosa è rimasto ora di quel mondo? Molto poco, per più ragioni: la diffusione di internet che ha creato altri modi di incontri, la chiusura di tante sale cinematografiche, il servizio militare di molto ridotto, il controllo più serrato della polizia, sia in strada sia negli hotel. Nonché ovviamente l’evolversi della società, in cui tanti gay possono vivere le proprie esperienze più apertamente. Così ora la prostituzione si esprime attraverso altre modalità. Tutto ciò naturalmente accende ancor di più la curiosità verso questo libro che illustra magnificamente quel mondo, caro anche a molti artisti e intellettuali, da Jean Genet a Roland Barthes, così vicino eppure così lontano…