Nonostante la storia del virus HIV abbia superato i tre decenni sono pochi i romanzi italiani che hanno trattato l’argomento. Due recenti esordi letterari rimescolano le carte in tavola per far crollare i tabù e i luoghi comuni legati a questa malattia.

 

In questo articolo si parla di HIV e AIDS nella nostra letteratura, e sarebbe anche ora perché nel nostro paese l’argomento è stato raramente trattato nei libri. Non mi vengono in mente testi importanti, o comunque di un certo peso, che si siano occupati dell’epidemia degli anni ’80. Non è stato fatto né allora “a caldo”, quando ce ne sarebbe stato più bisogno e si moriva come mosche per mancanza di cure adeguate, né nei decenni successivi come testimonianza* di ciò che accadde, né tantomeno oggi che le aspettative e la qualità di vita sono sensibilmente migliorate per coloro che hanno contratto il virus.

HIV e AIDS e tutti i macro-temi che si portano dietro come il contagio, le “categorie a rischio”, i pregiudizi, la prevenzione, lo stigma sociale, la disinformazione, le cure sempre più mirate che hanno cronicizzato la malattia senza però debellare il virus, il miraggio per ora di un vaccino, l’illusione mendace prima del “tanto di AIDS ci muoiono solo i tossici e i froci”, e dopo quella altrettanto mendace del “tanto adesso di AIDS non muore più nessuno”, sono stati spesso ignorati da un punto di vista sia sociale che narrativo.

Come per ogni buona regola che si rispetti vi parlerò di due eccezioni, almeno a livello di narrativa che comincia a trattare questo tema. Lo fanno due romanzi alquanto diversi tra loro stampati negli ultimi mesi: Febbre di Jonathan Bazzi (ed. Fandango Libri) e Seguimi con gli occhi di Nadia Galliano (ed. Bookabook). Entrambi gli autori sono al loro esordio come romanzieri ma, come due punti di vista complementari, Jonathan è gay e Nadia è eterosessuale.

Jonathan Bazzi ci racconta la propria esperienza di sieropositivo. L’ha scoperto tre anni fa dopo una febbre persistente, quella del titolo, che sembrava non volerlo abbandonare più. Pochi mesi dopo ha “metabolizzato” la cosa tanto da aver voluto scrivere l’articolo dal titolo assai emblematico “Ho l’HIV e per proteggermi vi racconterò tutto” pubblicato nella giornata mondiale della lotta all’HIV e AIDS del 1 dicembre 2016 su Gay.it .

Il libro è ovviamente personale, ma per nostra fortuna evita le trappole come patetismo e/o auto-incensazione fini a se stessi tipici dell’autobiografismo tout court. Procede su due piani temporali alternati: un Oggi (che inizia tre anni fa) con la febbre, la diagnosi, l’accettazione; uno Ieri con la seconda metà degli anni ’80, l’infanzia di Bazzi a Rozzano (cittadina alla periferia sud di Milano), il suo sentirsi diverso non solo per l’orientamento sessuale ma anche per la sua sensibilità in un ambiente sociale e familiare che non facevano per lui.

Un pregio di questo romanzo è la capacità dell’autore di condurci in un mondo, soprattutto quello della sua fanciullezza e adolescenza, tra episodi e aneddoti nei quali molti di noi possono facilmente riconoscersi. Mi riferisco alle sue concrete difficoltà quando da bambino s’innamorava non ricambiato di un compagno dell’asilo, o quando il suo desiderio di vestirsi a carnevale come Jessica Rabbit rimaneva sempre, ovviamente (ovviamente?) frustrato.

In Febbre le capacità narrative dell’autore si riconoscono anche in altri momenti, come quello in cui fa un excursus dal sapore quasi alla Alessandro Baricco sul colore rosa, creando (mi si perdoni il bisticcio cromatico) un filo rosso che unisce il rosa del costume della Pink Power Ranger Kimberly, altro personaggio caro a Bazzi, al colore rosa confetto della pastiglia salvavita che deve assumere ogni sera alle 22, al rosa come probabile primo colore apparso sul pianeta Terra (il perché lo capirete leggendo il libro), al rosa come sinonimo di debolezza e fragilità.

Seguimi con gli occhi, invece, è nato dalla collaborazione dell’autrice, dottoressa e giornalista scientifica, con Anlaids e vanta anche una prefazione del conduttore di Radio Deejay Diego Passoni. La storia s’ispira a esperienze realmente accadute a persone realmente affette dal virus, che si sono “fidate e affidate” a lei esternandole il loro vissuto. Lei si è poi sentita responsabile di una grande missione: restituire con delicatezza questi racconti tramite le pagine di un libro avendo come cornice la prevenzione e la sensibilizzazione sul tema dell’HIV.

Emma è una giovane YouTuber sconvolta dalla morte improvvisa del fratello maggiore Nicola, appena ventenne, per complicazioni da AIDS. Il trauma ha avuto un forte impatto sia sulla sua vita personale, tanto da andare in terapia da uno psichiatra, che su quella professionale. Alcuni commenti dei suoi hater come “i fratelli delle persone per bene non muoiono di quello” riferite a Nicola ma scritte al solo fine di colpire lei, l’hanno fortemente turbata tanto da farle decidere di oscurare il proprio canale di video-blog sulla celebre piattaforma web.

Da sola non è in grado di reagire, anzi si ostina a tenere in piedi un muro di negazioni che inizierà a sgretolarsi, permettendole di recuperare la propria autostima, quando inizierà a partecipare a un gruppo di autoaiuto all’interno di un’associazione di lotta all’AIDS. Qui la ragazza incontra Met, Camilla, Teresa, Federico, Andrea, Adele e soprattutto Carlo.

Ognuno di loro, come lei, si è trovato a dover fare i conti con la malattia, e grazie a loro scoprirà un mondo a lei estraneo ma non impermeabile né refrattario, quello di persone nella stessa condizione sierologica del fratello deceduto, ognuna diversa dall’altra, ognuna pronta a tutto pur di riuscire ad andare avanti. Questo percorso la condurrà a capire quelle dinamiche e quelle realtà di un fratello che solo apparentemente lei pensava di conoscere, e anche a capire meglio se stessa.

Ogni anno in Italia si contano circa 4000 nuovi casi di contagio da HIV, in una fascia di età che si abbassa precipitosamente sotto ai 25 anni. Scarsa informazione sul tema e rapporti sessuali non protetti fanno in modo che il contagio aumenti e dilaghi. Ancor più preoccupanti sono i dati che riguardano il sommerso, vale a dire le persone che hanno contratto il virus, ma non sanno di essere sieropositive.

A parte qualche clamorosa (nel senso che ce la ricordiamo ancora oggi a trent’anni di distanza) e mirata campagna pubblicitaria come quella nella quale le persone che man mano che si infettavano venivano rappresentate simbolicamente circondate da un alone viola, vi viene in mente qualche spot televisivo recente che tratti l’argomento e che sensibilizzi le persone a usare il preservativo e a tenere sempre alta la guardia?

È necessario finanziare la ricerca scientifica per trovare una cura; è necessario informare e far passare il messaggio che è essenziale fare il test e che, sotto regolare terapia, U = U, undetectable = untrasmissable (non rilevabile equivale a non trasmissibile); è necessario combattere insieme lo stigma sociale che ancora accompagna le persone sieropositive. Tutto questo si fa anche attraverso i libri belli e utili come questi.

 

* (su suggerimento di ASA Associazione Solidarietà AIDS segnaliamo il libro di Ursula Barzaghi Senza vergona – Una storia di coraggio contro l’AIDS (ed. E/O) del 1996, la storia di una madre che scopre la sieropositività del figlio e con lui affronta la paura, la sofferenza, la lotta contro la malattia conclamata e la fine. Il resoconto commovente di una battaglia durissima, combattuta con coraggio e ottimismo. Una famiglia felice sconvolta da un giorno all’altro dall’AIDS e dall’indifferenza, dalla vergogna, dall’isolamento, dalla certezza dell’esito tragico. Madre e figlio, tuttavia, riescono, con il loro amore e la forza, a vincere la paura dei familiari, l’ostilità dei vicini, l’indifferenza del mondo, trasformando una tragedia in una storia di solidarietà e di amore, N.d.R.).