Il mitico gruppo elettropop spagnolo Fangoria ha festeggiato 30 anni di attività con un doppio album composto da 13 cover e 2 inediti. Abbiamo chiesto una recensione a un amico che li conosce bene.

 

Dovevo parlare dell’ultimo disco di Fangoria e ci ho messo un po’ di tempo. Dovevo digerire il disco e stavo parlando anche dalla mia vita. Ho imparato lo spagnolo per capire cosa cantava Alaska, che è una donna che stimo e considero amica e sorella. L’ho conosciuta e vista più volte in vita mia, è parte della mia esistenza.

C’è da dire una cosa di Fangoria: non sono mai noiosi. Ogni loro disco, ogni mossa pubblica dà a vedere che sono perfettamente coscienti di essere protagonisti della Spagna che il mondo ama e non lo prendono sottogamba.

Sono passati 40 anni dalla movida, da quando si chiamavano Alaska y Dinarama. Con loro suonava Carlos Berlanga e scrissero con lui A Quién Le Importa, a tutti gli effetti un inno nazionale più puntuale, popolare e memorabile di quello ufficiale (e inno “ufficiale” di ogni gay pride iberico N.d.R.).

Sono anche passati un tot di dischi, (vinile, CD o digitali) Alaska è icona ufficiale della Spagna curiosa e reattiva (qualche anno fa fu premiata per questo al Festival del Cinema LGBT di Torino), e al suo fianco da sempre c’è Nacho Canut.

Meno appariscente di Alaska, omosessuale dichiarato (“mai stato nell’armadio” ha fatto notare in una bella intervista a El Pais), potrebbe essere il corrispondente iberico di Chris Lowe dei Pet Shop Boys… se non che a differenza di Lowe non tace ed è una delle figure intellettuali più interessanti del panorama maschile gay spagnolo.

Adesso è uscito il nuovo progetto: Extrapolaciones y dos preguntas un disco come al solito non noioso, a tutti gli effetti un concept album, con formula originale che accompagna due brani nuovi a un viaggio nelle canzoni della Spagna post franchista: artisti e canzoni che sono stati per Alaska e Nacho compagnia emozionale, risonanza, stimolo.

30 anni di canzonette di questo paese che, dimenticato per anni dal 1945 in poi, per molti anni diventava poi un referente mondiale della felicità. Fangoria è stato importante per questo in Spagna quanto Almodóvar lo è stato a livello mondiale per il cinema.

Alaska, donna colta, puntuale, ironica e affettuosa è più che portavoce e immagine per il movimento LGBT. Prima famosa a essere presente (sempre) ai pride, dichiarò semplicemente: “Soy un maricón más” (sono un frocio qualsiasi).

In fondo questo disco è la continuazione nel 2019 del percorso metodico e sentimentale del club “Fan Fatal” quando per anni Fangoria faceva conoscere al pubblico (e a me), attraverso collaborazioni sempre diverse, gruppi nuovi sconosciuti della scena indipendente.

Adesso questa scena è ricchissima, al di là e al di qua di Fangoria, e Fangoria resta un gruppo di referenza assoluta per la Spagna, chi ama questa cultura e per tutto il mondo hispanohablante (Alaska stessa per parte di madre è un po’ messicana, un po’ cubana… e passare a una major discografica aveva per loro come motivo numero uno l’accesso al mercato latinoamericano).

Ho dovuto aspettare un po’ di tempo per parlare del disco anche perché trovo Fangoria un po’ noiosi negli ultimi anni: cambiano poco gli arrangiamenti, mi sembrano ripetitivi. E se a dar aiuto prezioso da qualche tempo c’è uno tra i musicisti/produttori più capaci del paese, Guille Milkyway del gruppo La Casa Azul, che dà loro un tono e una grinta nuovi, il problema resta. E secondo me Alaska gode e soffre di una sovraesposizione mediatica che spreca la sua intelligenza…

Per ultimo c’è anche l’aspetto musicale. A chi ama la musica della Spagna nuova con le “Estrapolazioni e due domande” viene da dire “tieni giù le mani”, persino a chi come Fangoria questa scena ha aiutato a costruirla. Se il pop è la colonna sonora della vita, e ci alimentiamo della musica per diventare quel che siamo, ognuno troverà i suoi sì e i suoi no.

Ma la scelta non manca. Passiamo da totem musicali del pop commerciale come Historias de Amor di OBK – quasi i Depeche Mode spagnoli – agli elusivi e ironici Alpino oggi semi-dimenticati (la mia preferita del disco è Voilà, davvero valorizzata in questa versione). Ci sono gli Ellos di Diferentes, un vero e proprio inno all’inquietudine costruttiva, o la reinterpretazione di Gritando Amor di quella matta di Fabio McNamara che dai duetti con Almodóvar oggi è diventato fervente cattolico e sostenitore del franchismo.

C’è anche la versione di una tra le canzoni d’amore più belle mai scritte in spagnolo Dame estrellas o limones dei Family e per proseguire l’eco del Donosti (il pop basco con lo spagnolo cantato sottotono) Tormenta en la mañana de la vida de La Buena Vida

Dunque ascolti ognuno senza pregiudizi e prendiamo questa nuova scommessa di Olvido e Nacho come fosse un album originale, un nuovo capitolo che fa proprio nella carriera anche il sentimento del tempo. 
Catalogare sotto “abbiamo dato, e tanto (nel frattempo cosa abbiamo ascoltato?)” mentre con artisti come Rosalía, la Spagna conquista il mondo a partire dalle sue radici più profonde.

Per chi ama l’Alaska più dispettosa esce in contemporanea a questo disco la sua partecipazione a una canzone nel 25° anniversario della carriera di Camela, il gruppo leader nella musica “de gasolinera” (quella delle aree di servizio dell’autostrada).

Paura di contaminare l’alto e il basso della vita non ne abbiamo, e per chi capisce lo spagnolo un’intervista a Fangoria del programma Siglo 21 di Radio 3.