Il movimento glbt cerca di aprire un confronto con il partito di Bossi e sorprendentemente ottiene qualche timida risposta educata a livello locale e nazionale. È presto per parlare di disgelo, ma è già meglio del tradizionale repertorio di insulti omofobici.

(prima pubblicazione Pride dicembre 2010)

 

Gay e Lega, un rapporto impossibile? Forse no, almeno stando ai recenti tentativi di dialogo da parte del movimento gay con una forza politica che negli ultimi anni ha costruito il suo consenso sul populismo spicciolo contro gli omosessuali e con azioni politico-parlamentari di ferma opposizione ai diritti glbt. Eppure, tra i gay e la Lega, non è sempre stato così: l’indipendentismo padano degli albori era laico e anticlericale e ancora nel 1997 si confrontava persino con i “Los Padania”, associazione che avrebbe voluto aggiungere al sole a cinque punte un bell’arcobaleno promuovendo un movimentismo gay tutto nordista.

Con il tempo però di quell’atmosfera si è persa ogni traccia, e per tornare a respirarla tocca andare a spulciare vecchi giornali. Per esempio, in un articolo del Corriere della Sera di quegli anni abbiamo trovato un’interessante dichiarazione di Franco Fante, medico e “ministro della Padania”: “Il matrimonio fra gay? Nella Padania auspicata dalla Lega, sarà possibile per venire incontro alle esigenze di vera libertà degli individui”. Poi Bossi e suoi ci hanno ripensato, mettendo sugli scudi il “celodurismo” e allineandosi scrupolosamente al Vaticano per quanto riguarda l’etica sessuale. Il tutto si sintetizza in un’ormai celebre dichiarazione del senatùr: “No alla famiglia omosessuale. Noi tolleriamo la diversità ma non accettiamo la dittatura di un modello sessuale artificiale”. Fu così che all’ombra del Carroccio l’omofobia più becera potè tranquillamente scatenarsi, come testimoniano le esternazioni di dirigenti leghisti che si sono accumulate nel tempo (come quelle di Roberto Calderoli sui “culattoni”) e pure recenti dichiarazioni di Bossi junior, detto “il trota”: “Nella vita va provato tutto, tranne droga e culattoni”.

In tale contesto fieramente impermeabile alla civiltà stonano le aperture puramente retoriche di alcuni big. Come Matteo Salvini, europarlamentare e direttore di radio Padania, che dichiarava a Klauscondicio: “Sì ai gay nella Lega… Chiunque è benvenuto, noi non pratichiamo nessuna discriminazione”. O come l’iperxenofobo Mario Borghezio, secondo cui l’Italia è pronta per un presidente del Consiglio gay.

A sorpresa, dunque, un microscopico spiraglio per il dialogo si è aperto in ambito locale a Bergamo e Pavia, dove Pdl e Lega governano e hanno approvato all’unanimità due diversi ordini del giorno a sostegno della giornata internazionale contro l’omo-transfobia. Quale migliore occasione per aprire un confronto diretto? Detto fatto: Arcigay Bergamo e Arcigay Pavia, a fine ottobre, si sono sedute a un tavolo insieme agli esponenti leghisti (e di Pdl e Fli) perché, spiega Giuseppe Polizzi, di Arcigay Pavia, “la militanza che lavora dove il centro destra e Lega vanno fortissimo, se vuole organizzare una manifestazione o una campagna contro l’omofobia deve confrontarsi per forza con quei partiti e trovare punti sui quali le distanze non sono incolmabili”. Pride era presente all’incontro e, tra tarallucci e vino, abbiamo assistito con un certo stupore a un’inedita apertura leghista rispetto a un pride regionale lombardo e a campagne cittadine contro l’omofobia.

Matteo Mognaschi, giovanissimo coordinatore nazionale studenti padani e consigliere comunale a Pavia, e Alberto Ribolla, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Bergamo, pur tenendo a sottolineare le distanze sulla famiglia che per la Lega è solo “quella naturale uomo e donna”, si dicono convinti che la nuova generazione padana è, almeno a Pavia e Bergamo, consapevole delle difficoltà che vivono gli omosessuali e intenzionata a risolverle. Alle associazioni poi, bontà loro, va il suggerimento di “non stare schiacciati a sinistra: ci sono interlocutori anche nel centro-destra e molti gay votano Lega”.

In tutto questo buonismo progay emerge però una contraddizione lampante: nessun omosessuale leghista milita visibilmente nel partito. Come mai? Perché la base del partito è ancora intollerabilmente omofoba e anni di silenzio e insulti non si cancellano con una semplice chiacchierata intorno a un tavolo. Prova ne sia, esattamente il giorno dopo l’incontro (che sarà replicato in futuro), la comparsa su Facebook di battutine da osteria dei giovani padani sull’iniziativa, insieme ai mugugni in direzione provinciale del partito che sembrerebbe aver chiesto conto ai pavesi dell’apertura di spericolate sponde al movimento gay.

Ma le aperture sono arrivate anche a livello nazionale, dove il partito ha incaricato l’onorevole Carolina Lussana (che ha lottato per il no alla legge contro l’omofobia e che spera di non avere “un figlio omosessuale”) di partecipare a un incontro con la militanza gay promosso da Imma Battaglia. La volontà di parlare con il movimento glbt quindi c’è, ma è impossibile anticipare quello che dirà il partito: l’onorevole Lussana, contattata telefonicamente, si trincera dietro un secco “parlerò solo dopo l’incontro”. È Insomma prematuro persino parlare dell’avvio di un dialogo tra gay e Lega. Ma considerate le premesse, è già qualcosa.