Torna in libreria, in una nuova edizione italiana curata da Giovanni Dall’Orto, il romanzo che per la prima volta riferì delle deportazioni delle persone omosessuali nei lager nazisti.  Un successo mondiale alla sua uscita, perché la persecuzione dei “triangoli rosa” era rimasta del tutto ignota.

 

Esistono libri che catturano un’epoca e al tempo stesso marcano una pietra miliare per chi verrà dopo. Gli uomini col triangolo rosa di Heinz Heger, riedito in questi giorni dalle Edizioni Sonda, è uno di questi libri.

Esso è infatti l’opera a cui va il merito di aver fatto conoscere al neonato movimento gay di tutto il mondo l’episodio della persecuzione nazista degli omosessuali, di cui si era fino a quel momento persa memoria. Prima di allora era apparsa giusto qualche pagina sulle riviste “omofile”, che però avevano una circolazione semiclandestina. Viceversa, le commemorazioni ufficiali della sconfitta del nazismo badavano a tenere le distanze dagli internati omosessuali, visti come criminali comuni, puniti dai nazisti forse troppo severamente, ma non certo a torto. E il cui destino era quindi passato intenzionalmente sotto silenzio.

Erano trascorsi solo tre anni dalla nascita del movimento di liberazione gay quando, nel 1972, apparve in lingua tedesca Die Männer mit dem Rosa Winkel, memoriale d’un deportato nei lager nazisti per omosessualità.

Lo pseudonimo con cui era firmato il volume, “Heinz Heger”, nascondeva due persone: il protagonista della vicenda, Josef Kohout (24 gennaio 1915 -15 marzo 1994) e il suo amico Hans Neumann, che aveva materialmente scritto il testo. Neumann, fra il 1965 e il 1967, aveva raccolto in ben quindici interviste i ricordi dell’internamento di Kohut, rielaborandole poi per scrivere il romanzo biografico, che ricalcava passo per passo la vicenda umana di Kohut.

Il fatto che nel 1972 l’omosessualità fosse ancora un reato in Germania (in Austria era stata decriminalizzata nel 1971, ma in Germania lo fu solo nel 1994) giustificò la scelta di non svelare l’identità del protagonista, che sarebbe rimasta un segreto gelosamente custodito fino alla sua morte, nel 1994. Solo dopo la sua scomparsa, in occasione d’una riedizione del testo, fu possibile sapere infine che il protagonista era appunto Josef Kohout, nato a Vienna, da una famiglia cattolica benestante (suo padre era un funzionario governativo).

Quando Kohout aveva 24 anni, nel marzo 1939, una cartolina con espressioni affettuose al suo amante, “Fred”, figlio d’un gerarca nazista, finì nelle mani sbagliate. “Fred”, grazie all’influenza del padre, riuscì a cavarsela, ma non Kohut, che fu condannato a sei mesi di carcere.

Come accadde a molti altri nello stesso periodo, alla scadenza della pena il condannato, invece d’essere liberato, nel gennaio 1940 fu mandato, per una “rieducazione attraverso il lavoro”, al campo di concentramento di Sachsenhausen, dal quale fu poi trasferito nel maggio 1940 al campo di concentramento di Flossenbürg, dove sarebbe rimasto fino alla liberazione da parte delle truppe Alleate nel 1945.

Secondo la narrazione di Kohout, egli sarebbe sopravvissuto così a lungo solo grazie alla circostanza di essere diventato amante d’un kapò (ossia un prigioniero incaricato di mantenere l’ordine nel campo), e poi kapò egli stesso. Questa posizione di privilegio gli aveva risparmiato la morte per stenti, toccata invece a migliaia di suoi compagni di sventura.

Nel 1945 Kohut tornò a Vienna, scoprendo che il padre s’era ucciso nel 1942. Nello stesso anno incontrò quello che sarebbe stato il suo compagno per il resto dei suoi giorni.

Fu questa persona che, alla sua morte, raccolse le sue carte e i suoi documenti (che includevano anche il pezzo di stoffa con il numero dell’internato e il triangolo rosa con cui era marchiato), che donò all’Holocaust Museum di New York, dove sono oggi esposti.

Purtroppo, se Kohut aveva conservato tali dolorosi cimeli nella speranza d’ottenere una risarcimento per le sofferenze patite, dovette presto disilludersi: le autorità del dopoguerra giudicarono lui e tutti gli altri omosessuali internati nei lager non come perseguitati, bensì come delinquenti comuni che avevano scontato una meritata pena detentiva.

Alla pubblicazione, la narrazione autobiografica di “Heinz Heger” ebbe un immediato successo nel mondo gay e non solo: fu tradotta in molte lingue, utilizzata nelle università e nel 1979 ispirò il dramma (e successivamente film) Bent, di Martin Sherman.

A distanza di molti anni, il racconto di Heinz Heger regge bene l’invecchiamento: la vicenda umana del protagonista si legge ancora con partecipazione e commozione. C’è un unico aspetto che denuncia un po’ gli anni in cui fu scritto: il gusto di ritrarre gli aguzzini nazisti come sadici che provavano un piacere sessuale personale nel maltrattare le loro vittime.

Dare una motivazione sessuale a una crudeltà che ai tempi sembrava, altrimenti, inspiegabile, era molto di moda negli anni Settanta (si pensi solo ai film La caduta degli dèi, Salò, Il portiere di notte, Salon Kitty, nei quali trionfa l’identificazione tra nazismo e depravazione sessuale), ed è quindi possibile che chi ha materialmente scritto il testo se ne sia lasciato influenzare, specie nella scena del nazista che si masturba di nascosto mentre la sua vittima viene bastonata.

Ciò premesso, la scelta di scrivere una narrazione biografica invece che un saggio politico di denuncia, indulgendo così a una tavolozza insolita d’emozioni di amore e odio, rende il racconto di Heger meno “obiettivo”, meno “asettico”, e quindi meno riconoscibile come documento storico, rispetto alle testimonianze apparse negli anni successivi, come per esempio quella del francese Pierre Seel.

Tuttavia, questa scelta conferisce al tempo stesso al testo quella vivezza, e quella capacità di commuovere il lettore, che ne hanno fatto il testo oggi più celebre al mondo, sulla persecuzione nazista delle persone omosessuali.

La riedizione italiana contiene un saggio finale sulla trattazione degli omosessuali durante il periodo fascista in Italia, e una bibliografia di testi in italiano o sull’Italia apparsi a partire da quel lontano 1972, pensata per chi desidera approfondire il tema con ulteriori letture.