La trascrizione all’anagrafe italiana di figliolanza nata “ufficialmente” da due uomini si inserisce con forza nel dibattito sulla GPA, gestazione per altri. L’opinione della sociologa Daniela Danna.

 

Per alcuni Comuni e alcuni giudici italiani si può nascere da due padri. A Roma, Venezia, Trento, Gabicce i certificati di nascita emessi in USA e Canada che dichiarano questa cosa palesemente falsa sono stati considerati validi, benché ora penda un giudizio della Cassazione. A Milano ne è stato trascritto uno solo, obbedendo a un giudice che ha voluto così riconoscere la famiglia formata da due padri.

A questo serve un certificato di nascita? Non è importante che sia veritiero? Se ne è discusso al Consiglio comunale di Milano lo scorso mese di dicembre: inizialmente il Comune ha accettato solo quelli che riportavano due madri, ora ha deciso di trascrivere anche quelli con due padri. Altri comuni hanno accettato entrambi i tipi, spinti anche da sentenze di primo grado che considerano degne di approvazione le circostanze in cui sono stati emessi, perché le donne canadesi sono generose e regalano bambini, come ha scritto il tribunale di Trento. Ovviamente si aggiunge falsità a falsità: in Canada le donne vengono certamente retribuite, altrimenti perché si presterebbero a queste transazioni internazionali cominciate fra sconosciuti grazie all’intermediazione di agenzie a scopo di lucro?

Si dirà: esistono le adozioni e la fecondazione assistita, i cui i certificati di nascita parimenti non sono veritieri. Ma nei casi di adozione si scrive che la madre vuole restare anonima, e il suo nome deve ora essere conservato all’anagrafe. Un documento che riporti l’anonimato della madre è un documento ben diverso da uno che finge che essa non ci sia mai stata. La differenza sta nel fatto che la madre di nascita che vuole rimanere anonima lo ha stabilito dopo la nascita del bebé, mentre i contratti che le “portatrici” firmano escludono questa possibilità. In California l’esclusione è sancita dal diritto di famiglia; in Georgia, USA, dalla validità riconosciuta al contratto (nullo in Italia, dove la filiazione non è oggetto di commercio); in Canada con le “ordinanze pre-nascita”.

Quanto alla fecondazione assistita, la madre è comunque certa, è colei che ha partorito, mentre il padre si è assunto la responsabilità di crescere il bambino al pari di un figlio biologico. È una dichiarazione diciamo di “compartecipazione”, alla quale può essere assimilata quella della seconda madre che affianca la madre biologica. Anche questo delle due madri è uno strappo (minore) al diritto, ma non alle relazioni: in tutti questi casi il neonato si vede riconosciuto il suo legame primario con la donna che lo ha messo al mondo – nel caso dell’adozione certificando la volontà di non occuparsene della madre naturale, cosa che dà impulso alla ricerca dei servizi sociali di un’altra famiglia che lo possa adottare.

Invece due padri hanno ricevuto il neonato direttamente dalla donna che non ha voluto occuparsene. È legale in alcuni paesi, ma cosa dobbiamo pensarne? Abbiamo due ordini di problemi nel riflettere su come il diritto debba riconoscere i legami umani: il primo è il posto da dare alla discendenza biologica, il secondo è il riconoscimento della filiazione nella famiglia che l’ha avuta/decisa/accettata (infatti non tutti i figli nascono “programmati” – cosa che non ha alcun nesso con la capacità di prendersi cura di essi, nonostante certa retorica sulla superiorità delle famiglie “volute”).

Il padre biologico ha ricevuto il figlio dalla madre, che non compare nei certificati esibiti dalle quattro coppie milanesi e inizialmente non riconosciuti dal Comune. È importante che ci sia un padre biologico quando si riceve un neonato direttamente da una donna? Sì, e questi dovrà dimostrare di esserlo, perché portarsi dall’estero un neonato non imparentato significa non avere alcun titolo per essere in relazione con quel bambino, in altre parole fare traffico di esseri umani. Questo è un pericolo concreto per i neonati provenienti dalla California, dove si può diventare legalmente genitori senza alcuna parentela genetica, basta comprare ovuli e sperma e affittare l’utero di una donna – è l’apoteosi del capitalismo, con il denaro a sostituire tutta la parentela.

Perché non si deve approvare questo modo di diventare genitori senza legami genetici? Perché per chi desidera diventare genitore senza un legame genetico esiste un altro istituto giuridico: l’adozione. L’istituto moderno dell’adozione è fatto per dare una famiglia a bambini che non ce l’hanno e non il contrario, ed è stato configurato con controlli e divieto di pagare la madre di nascita per evitare abusi sui bambini, assai documentati nei periodi in cui vi era una libera compravendita di essi.

Ma anche in presenza di un padre biologico l’intera faccenda di ordinare bambini da separare dalla loro madre viola il diritto dei neonati, come di tutti, alla continuità della loro vita familiare, che è un diritto umano riconosciuto da molte convenzioni internazionali. In particolare sono odiosi i contratti che obbligano alla separazione prima ancora che il figlio esista, in quanto non permettono alla donna diventata madre di proseguire la sua relazione se lo vuole.

In California a Melissa Cook dopo il cesareo hanno portato via i tre neonati senza nemmeno farglieli vedere per darli al committente, che lei ricusava. Non ha potuto nemmeno fare ricorso alla Corte suprema per difendere il suo innegabile diritto umano alla prosecuzione della vita familiare già iniziata con la gravidanza, perché il suo contratto è stato dichiarato valido: un pezzo di carta ha stabilito la filiazione cancellando la sua maternità.

Sfatiamo quindi il mito che le donne californiane e canadesi siano libere di autodeterminarsi: in entrambi questi paesi firmano contratti dai quali è impossibile uscire. Anche nelle province del Canada dove vanno gli italiani si fanno “ordinanze pre-nascita” che stabiliscono durante la gravidanza che la filiazione è quella dei committenti, e arrivano notizie sul reclutamento di donne native: il mercato si espande e si cercano “volontarie” tra le donne più povere.

Questo non è stato per nulla chiarito nella discussione al Consiglio comunale milanese cui ho assistito (senza diritto di parola) il 14 dicembre: i consiglieri e consigliere di centro sinistra che erano favorevoli alla trascrizione sottolineavano la libertà delle donne americane – ma la libertà che hanno esercitato è stata solo quella di entrare in un contratto che stabiliva che si sarebbero separate dai loro neonati, senza alcuna possibilità di cambiare idea dopo nove mesi di gravidanza e una relazione assai concreta con il futuro bambino. Chiamiamo oggi “libertà” la decisione (per denaro) di non autodeterminarsi?

Dalla parte della destra invece l’ostilità alla surrogazione di maternità veniva espressa con il “bisogno del bambino di avere un padre e una madre”. E qui arriviamo alla seconda questione: non tutti i bambini nascono con un padre – non abbiamo dovuto attendere la fecondazione assistita per vedere famiglie di madri sole. Questi bambini probabilmente troveranno un padre sociale nell’uomo che la madre sceglie e da cui è scelta; magari invece la madre è lesbica, sta con una donna; magari i bambini (con o senza fecondazione assistita) hanno un padre biologico diverso dal marito o compagno della madre.

I tribunali dei diritti umani hanno già soppesato il diritto a conoscere le proprie origini in confronto al diritto alla privacy della madre, e hanno stabilito che non c’è un diritto assoluto a sapere chi è il padre biologico, perché questo è in contrasto con la serena continuità della vita familiare. È possibile che questa posizione cambi con il crescente attivismo politico di coloro che sono nati con l’uso di gameti anonimi e vogliono bloccare queste pratiche, o per lo meno costringere le cliniche a tenere traccia delle persone che hanno donato (ma normalmente venduto) i propri gameti.

Ritengo che questo anonimato sia una grossa responsabilità che le donne che vogliono diventare madri si assumono a discapito dei propri figli (come tante loro possibili decisioni) – particolarmente nella nostra società patriarcale che dà ai padri biologici importanza e diritti che vanno ben oltre quello di essere semplicemente conosciuti come tali. Ritengo anche che sia una situazione del tutto analoga a quella in cui sono i padri biologici a non volersi assumere la responsabilità del concepito, che per millenni ha lasciato le “ragazze madri”, come si diceva una volta, a dover fare da madre e da padre.

Nulla di nuovo quindi: quello che accadeva per volontà degli uomini ora accade per volontà delle donne.

Ma tra la Scilla dei discorsi a favore di un mercato di neonati (compresi quelli dei consiglieri che in astratto deplorano i contratti per far nascere figli “altrui”, ma poi in pratica accettano la legittimazione come genitori della coppia in base al contratto, senza nemmeno voler controllare che un padre biologico ci sia) e la Cariddi di quelli a favore della famiglia tradizionale con i suoi “ruoli non intercambiabili” (compresa di “tutela della vita del concepito” – cioè la costrizione all’aborto clandestino), in Consiglio comunale abbiamo anche sentito parole sensate e condivisibili.

In particolare la consigliera Osculati ha raccontato lo smarrimento di un adolescente adottato che cerca le sue origini, le gravi ferite che l’origine nell’abbandono produce. E si trattava di necessità, non di programmazione del distacco. Ha chiesto: “Perché dobbiamo approvare questi certificati per automatismo?” Il vantaggio di un bambino particolare significa uno svantaggio per l’intera categoria dei minori, privata del diritto di rimanere con la madre biologica (tranne casi di forza maggiore).

Per fondare una famiglia ci deve essere un legame biologico, e se non c’è una vita condivisa con la madre, la situazione di fatto in cui si è agito come secondo padre può essere poi convalidata con l’adozione in casi speciali, come già i tribunali hanno fatto. Ma la richiesta di approvare la “filiazione alla nascita” per i figli di due uomini e di due donne (era stata lanciata al convegno “Unioni civili un anno dopo” a Roma nel 2017) è il travestimento della richiesta di approvare la surrogazione di maternità, inaugurando un mercato di bambini commissionati, per il momento solo dall’estero e non alle donne povere, italiane o migranti.

Dietro ai padri migliori del mondo stanno potenziali acquirenti che hanno i motivi più vari per usare questo istituto giuridico. E in fondo, non dimentichiamo che la prima qualità di un buon padre è quella di riconoscere la madre.