Lui palermitano, lei toscana definiscono il loro lavoro artistico queer music, perché se non è più il tempo delle definizioni la musica, per definizione, ammette la possibilità di cambiare, di trasformarsi, di contaminarsi, di ricercarsi.

 

Il corpo sa tutto è il titolo uno dei tantissimi romanzetti manga-new age di Banana Yoshimoto, nemmeno tra i migliori. Eppure se dovessimo riassumere i temi del nuovo, bellissimo disco del duo siculo-toscano La Rappresentante di Lista, non potremmo davvero trovare parole più adatte. Go Go Diva, terzo lavoro per Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, è una sorta di concept album sul corpo, che vi gioca non solo il ruolo di filo rosso tematico ma anche quello di motore dell’ispirazione. Ne nasce una musica complessa ma incisiva, modernissima e pop.

Questo insieme così particolare e carismatico si preannuncia come il colpo di coda del 2018 in materia di rock italiano, e anche come uno dei dischi importanti dell’anno a venire per l’originalità del progetto e per la sincerità della scrittura. Go Go Diva, infatti, ha il pregio di riuscire a parlare del corpo e con il corpo, di cogliere l’essenzialità dell’espressione, dei sentimenti e del mondo circostante in modo universale e mai banale.

Dicono gli autori: “La scrittura nasce da un desiderio, da un impulso che ha coinvolto tutti gli organi di questo corpo. In ogni canzone, lungo il racconto di questa storia, abbiamo sentito la necessità di gridare i nostri momenti di crisi, di vivere la nostra solitudine, di manifestare il nostro amore. Una protagonista femminile fa da guida attraverso questa foresta di parole e di musica. L’abbiamo chiamata GOGO DIVA: è un invito a perdersi, a battersi, a spogliarsi e a cantare con tutta la voce che si ha in corpo.”

A questa prova coraggiosa, matura, poetica, che racchiude in sé il meglio del nuovo rock italiano, senza per questo adeguarsi ai cliché dell’it-pop, La Rappresentante di Lista giunge dopo un percorso importante, fatto di centinaia di concerti, dischi di ottimo livello come il finalista Premio Tenco Bu Bu Sad, una finale di Sanremo Giovani con il singolo Apriti Cielo, una cover clamorosa di E la luna bussò di Loredana Berté e i giorni eroici della riapertura del Teatro Garibaldi di Palermo, durante i quali è maturata una prima idea del progetto.

Dario e Veronica hanno chiamato queer music la loro musica, cogliendo forse il lato più alto e intrigante del termine, come ci raccontano con grande sensibilità ed entusiasmo: “È un concetto che abbiamo preso a prestito dall’immaginario gay perché è il termine che più di ogni altro racconta il nostro desiderio di sfuggire ai criteri estetici codificati, di mettere sempre tutto in gioco, di trovare soluzioni complesse, nel senso di non prevedibili. Ci piace mettere insieme la spontaneità e la ricerca, non ci fidiamo delle soluzioni facili e preferiamo attendere che l’ispirazione trovi il suo centro, cercando di plasmare intorno ad ogni canzone il microclima adatto. Queer music dice anche del fatto che il progetto si è sviluppato attraverso contatti con la scena teatrale, con culture diverse tra loro. E infine “queer music” è anche un desiderio di emozioni “fluide”, sfuggenti alle classificazioni, che il dialetto siciliano per esempio mette a fuoco benissimo, come “ringere”, che è ridere e piangere assieme, o “raggia” che è uno stato d’animo che attraversa la rabbia, la necessità e l’istinto”.

Questa urgenza espressiva si traduce in un suono pieno e nervoso, molto accattivante, ma continuamente destabilizzato da elementi volutamente disturbanti (“le canzoni vivono di dettagli che le trasformano, per esempio in Panico gli archi sono un modo per portare scompiglio in un cammino che invece sarebbe abbastanza lineare”). In Go Go Diva i due si divertono e divertono l’ascoltatore, confondendo le acque tra funky, elettronica, canzone italiana d’autore, progressive, MGMT e Carmen Consoli, synth anni ’90 e cristalline chitarre ritmiche di gusto quasi Smiths (Dario è un ottimo musicista, efficace e sempre “sul pezzo”), richiami ancestrali, velluti soul, pop italiano d’autore.

E su tutto c’è il cantato di Veronica che, attraverso un profondo lavoro sull’espressività, trova una strada assolutamente personale, ponendo ulteriore distanza fra il proprio strumento voce e i modelli che le sono stati talora accostati: “Amo moltissimo Loredana Berté, sono una sua fan, ma ritengo che, soprattutto oggi, le nostre vocalità siano molto diverse. Ho cercato ispirazione nella Sicilia del canto tradizionale e delle tragedie greche, ma anche nel suono delle metropoli e soprattutto ho cercato di cantare con il corpo”.

L’uscita dell’album è stata anticipata dal video ironic & erotic di Questo Corpo, in cui Veronica è uterina sexy-Diva e donna-puffo, una sorta di nevrotica urban sciamana in formato Instagram. Il disco è stato presentato in uno show-case a Berlino (“che esperienza entusiasmante! Non c’erano tedeschi, come era prevedibile, ma tanti italiani, residenti a Berlino o appena arrivati in aereo, tutti pronti a recepire il nuovo materiale”) e sarà suonato in un tour che esordirà ai Candelai di Palermo il giorno di Natale e toccherà varie città di Italia da Torino (l’1 febbraio all’Hiroshima) e Milano (al Serraglio il giorno dopo), a Roma (il 22 febbraio al Monk), da Brescia ad Arezzo. La Rappresentante è stata eletta.