È lecito considerare ancora dirompente un bacio omosex alla TV in prima serata? Ce lo raccontano Sem&Stènn, reduci da X Factor, che stanno approntando un tour promozionale del loro album, in uscita nelle prossime settimane.

(prima pubblicazione Pride marzo 2018)

 

I primi furono i Kymera, nella quarta edizione di X Factor (2010), capitanati da Enrico Ruggeri. Poi il duo si separò poco dopo il termine del talent show e Simone Giglio tentò come Malys la carriera solista con l’EP Sono Dio, uscito a fine 2013. Da allora di lui, musicalmente, si sono perse le tracce (ora ha un discreto seguito come make-up artist). A sette anni di distanza, nel settembre 2017 sul palco di X Factor appaiono Sem&Stènn (alias Salvatore Puglisi e Stefano Ramera). Su di loro sono in molti a scommettere, a cominciare da Manuel Agnelli che li vuole in apertura al concerto-evento degli Afterhours il 10 aprile al Forum di Assago.

Alle selezioni di X Factor si presentano con un loro brano, The Fair, si baceranno al termine della loro esibizione davanti a migliaia di telespettatori e, in seguito, riadatteranno nel loro stile electropop brani dei Cure (Let’s Go To Bed), Marilyn Manson (The Dope Show), MGMT (Electric Feel) e PiL (This Is Not A Love Song). Poi l’avventura televisiva termina e per i due ragazzi, uniti anche in amore oltre che professionalmente, è tempo di portare la loro musica e il loro sound in giro per il mondo.

Le loro composizioni, che mettono in luce una continua ricerca della perfezione sonora, nonché una buona dose di originalità, riecheggiano artisti come Pet Shop Boys , Beastie Boys, Depeche Mode, Robyn, MGMT, Goldfrapp, Justice, Basement Jaxx. Nelle prossime settimane, anticipato dal singolo Baby Run, uscirà il loro album che conterrà parte dei brani pubblicati sul precedente disco autoprodotto Wearing Jewels&Socks, oltre a una manciata di pezzi nuovi.

Nel frattempo lo scorso 5 gennaio Sem&Stènn hanno pubblicato The Fair, l’inedito dalle sonorità electropop/darkwave presentato ai provini di X Factor, un tributo al mondo dei club che ne celebra gli eccessi. Il videoclip, diretto dallo stesso Sem, ritrae la coppia alle prese con una baby sitter fuori dagli schemi. Tra decostruzione di stereotipi di genere e riferimenti alla cultura pop anni Novanta, il duo, con le tute rosse da meccanico, si diverte a infrangere le regole e a disturbare il vicinato con uno stereo al massimo volume.

Com’è nata l’idea di questo pazzo clip?
Stènn: Il video è ispirato al film Bill & Ted’s Excellent Adventure. Abbiamo trovato che i ragazzi interpretati da Keanu Reeves e Alex Winter ci somigliassero molto.
Sem: Abbiamo conosciuto una ragazza con un guardaroba strepitoso, la “frociara” per eccellenza. Molto teatrale. Nel video interpretiamo la parte di due bimbi che giocano sia con le Barbie, ma anche a fare i meccanici, per sottolineare come stia gradualmente cambiando il concetto di gioco “gender oriented” nei bambini nel corso degli ultimi 20 anni e, nel nostro personale modo, per dare anche un supporto a quegli adolescenti gay che ancora si sentono “obbligati” a giocare con le macchinine… mentre io da piccolo avrei voluto tutte le Sailor Moon del mondo!

Il vostro incontro ricorda in parte quello tra Neil Tennant e Chris Lowe, ossia i Pet Shop Boys, avvenuto nel 1981 in un negozio di elettronica in King’s Road a Londra. Voi come vi siete conosciuti?
Sem: Ci siamo conosciuti nel 2007, su un blog di musica. Eravamo adolescenti. Io abitavo ancora all’estremità sud dell’Italia, una zona che paradossalmente ultimamente è divenuta meta del turismo gay. Una delle nostre prime performance (la prima con mia madre tra il pubblico) è avvenuta proprio al festival LGBT Giacinto di Noto. Ricordo le prime volte che Stefano scendeva in Sicilia, l’avevo presentato come “l’amico del nord” che stranamente non parlava di calcio (ridono).
Stènn: Ok, ma la cameretta tappezzata di foto dell’Aguilera non era mia…
Sem: Il nostro primo incontro dal vivo è avvenuto quando, durante l’ultimo anno di liceo, ero finalmente riuscito a salire a Milano, che per me rappresentava il sogno americano. Ci siamo incontrati in piazza Duomo. È stato molto romantico. Poi, alcuni mesi dopo, ci siamo iscritti a un corso di Electronic Music Production aperto sia a studenti del NABA che a esterni. Da appassionati ascoltatori di musica ci siamo resi conto che entrambi avevamo un sogno nel cassetto e l’abbiamo realizzato.
Stènn: La cosa bella è che tra di noi è stata una continua scoperta, iniziata con la nostra relazione e poi il sogno di fare musica. Milano è stata piena di stimoli per noi, a partire dalla coabitazione e dall’ambiente che ci circondava.

Cosa vi ha insegnato l’esperienza di X Factor?
Stènn: Ci siamo arrivati dopo averne parlato tra di noi e volendo dare una svolta a quello che noi facevamo come artisti indipendenti. Abbiamo dato vita a questo progetto come duo circa tre anni fa. Volevamo che avesse più risonanza, volevamo far conoscere la nostra musica a un pubblico più ampio rispetto a quello che riuscivamo a raggiungere. Abbiamo deciso di partecipare…
Sem: …con delle aspettative diverse (ride): molto più basse. Per noi era importante che ci garantissero un passaggio televisivo, e l’opportunità di portare a X Factor un nostro inedito era già di per sé una super promozione. Avere una eco mediatica di questo tipo per noi significava una grande svolta. Non ci attendavamo di superare la prima selezione e invece siamo arrivati ai live. Siamo soddisfatti del percorso che Manuel (Agnelli) e tutto lo staff ha costruito su di noi. La vera sorpresa è stata quella di non averci snaturato in qualche modo. La prima paura era quella, quando pensi ai format televisivi. Soprattutto, considerando che sei una coppia omosessuale dichiarata, hai sempre paura o che ci marcino troppo sopra oppure… invece è stata la nostra naturalezza nell’essere una coppia anche a livello musicale, professionale, che ci ha fatto rispettare. Ne siamo rimasti sorpresi e soddisfatti.

Quando vi siete stabiliti a Milano avete approcciato l’ambiente gay o ne siete stati a debita distanza?
Sem&Stènn: Il primo approccio è stato attraverso il clubbing, quindi con la musica, iniziando a frequentare dei locali e a esibirci in DJ set. Poi con il cinema, fra l’altro siamo ancora reduci, affranti dalla tenera storia raccontata in Chiamami con il tuo nome.

A proposito di cinema: a quale film o a quale artista, non necessariamente cinematografico, vi sentite particolarmente legati?
Stènn: Il mio film è Una casa alla fine del mondo, di cui ho precedentemente interiorizzato il romanzo. Mi è piaciuta l’idea di un amore senza limiti, flessibile, senza troppi ricami.
Sem: Io invece più che a un film, ricordo un episodio di quando da piccolo, avrò avuto 5 anni, rimasi folgorato da una foto di Jim Morrison incollata su una Vespa vicino casa in riva al mare. Per questo motivo i Doors sono tra i miei riferimenti musicali e non solo, anche se siamo legati più agli anni Ottanta.
Stènn: Non lo sapevo…
Stem: Ma come no? (segue breve diverbio)

Ok, ragazzi, non vorremmo fossimo causa di un divorzio prematuro. Potete darci qualche anticipazione sul disco di imminente uscita?
Stènn: Noi avevamo già pubblicato un EP nel 2016 (Wearing Jewels&Socks), che è stato ritirato dal mercato prima del nostro ingresso a X Factor. Questi format richiedono delle esclusive, tuttavia X Factor ha mantenuto dell’interesse in ciò che avevamo fatto prima; in accordo con la produzione abbiamo deciso di ritirare il disco per poi ottenere un nuovo rilancio a seguito dell’esposizione mediatica che poteva darci il programma.
Sem: Il primo singolo, Baby Run, uscirà il 3 marzo. È il primo brano che abbiamo scritto insieme ed è molto esemplificativo del nostro sound (molto Depeche Mode, N.d.R.). Quando l’abbiamo pensato e registrato in poche ore ci siamo detti: questi siamo noi. Alcuni brani dell’album risalgono ad appena pochi mesi dopo l’uscita del primo disco, mentre altri sono relativi al periodo pre-durante-post X Factor. Il disco racconta quindi il nostro percorso negli ultimi anni. Ci sono suoni molto anni ’90, ispirati all’elettronica francese, Justice soprattutto.

Fino a poco tempo fa in Italia, fare coming out nel mondo dello spettacolo veniva visto come un passo sconveniente. Voi vi siete baciati sul palco di X Factor in maniera naturale ed è stato comunque dirompente. Significa che qualcosa è cambiato…
Sem: In realtà ciò che “ci sta in culo” del sistema discografico italiano è il fatto di giocarsi in un secondo momento la carta del coming out a seconda che sia vantaggiosa o svantaggiosa. Invece il nostro bacio è stato dirompente perché la nostra omosessualità è naturale.
Stènn: Paradossalmente fa meno impressione un uomo con il tacco, che restituisce una visione stereotipata dell’uomo gay che si traveste, piuttosto che un bacio come il nostro, che risulta più oltraggioso. La TV tollera i gay se sono rappresentati come macchiette, come fenomeni da baraccone. Il nostro gesto era cercare di dare un’idea differente, il che non significa poi non esibirsi con tanto di costumi durante la nostra performance, per rappresentare l’omosessualità in maniera naturale.

La vostra freschezza, ma anche vivere dopo la legge Cirinnà vi difende. Contemporaneamente essere etichettati come artisti gay rischia di mettere in secondo piano il vostro lato artistico. Premesso che il pubblico gay è comunque un segmento di mercato, voi vorreste essere trasversali o di nicchia?
Sem: Il nostro obiettivo è essere trasversali. Abbiamo un pubblico trasversale che abbiamo scoperto grazie all’esperienza con X Factor. Ai nostri primi fan meeting abbiamo visto arrivare genitori di 35/40 anni che accompagnavano la bimba di 4 che cantava con noi Marilyn Manson. Così come abbiamo ricevuto attraverso i social tantissimi messaggi di ragazzini e ragazzine tredicenni che ci hanno confessato di aver fatto coming out grazie a noi. Per noi è un obiettivo raggiunto perché quando sei un artista, indipendentemente dal tipo di messaggio, trasmetti e smuovi qualcosa.
I nostri testi non sono espliciti, o meglio, lo sono nel momento in cui parliamo molto di noi e del nostro rapporto con il mondo esterno, anche se nell’album ci sarà un brano che fungerà da inno al coming out.
E comunque, nel caso tornasse comodo, potremmo sempre fare “coming in”, non saremmo certo i primi!