Mario Mieli è stato riconosciuto, seppur con alcune differenze, come un Harvey Milk italiano. È tra i protagonisti della nascita del movimento gay nazionale e meriterebbe di essere raccontato in un film. Il regista Mariano Lamberti ha intenzione di andare fino in fondo.

(prima pubblicazione Pride febbraio 2017)

 

Dopo anni di fatica per trovare i finanziamenti, finalmente sta andando in porto Bandiera rosa, il film su Mario Mieli, una delle figure più carismatiche della nostra cultura gay. Ne parliamo col regista Mariano Lamberti, che ha diretto, tra l’altro, Good As You tutti i colori dell’amore e il documentario Una storia d’amore in quattro capitoli e mezzo, sulla vita dello scrittore Brett Shapiro. Recentemente ha scritto il romanzo Una coppia perfetta. L’amore ai tempi di Grindr.

Quando è nata l’idea del film?
Una quindicina di anni fa. Era un’idea che mi entusiasmava, ma sulla quale mantenevo il più completo riserbo. Poi incontrai lo sceneggiatore Riccardo Pechini. Sentii che si trattava della persona giusta, con la quale condividere un’avventura così fuori dagli schemi, e con lui il progetto ha preso la forma definitiva.

Perché proprio Mario Mieli?
Perché, a più di quarant’anni di distanza, il suo pensiero è ancora estremamente moderno, tanto che Mieli viene tuttora studiato nelle università americane, come uno dei precursori dei gender studies. E poi è un personaggio iconico: il suo modo di esprimersi, la sua gestualità, il suo istrionismo lo rendono già “cinematografico” per eccellenza.

Oltre a questo, volevo anche raccontare gli anni Settanta come raramente si sono visti al cinema. Non gli anni bui del terrorismo e delle saracinesche abbassate, ma quelli colorati della Swinging London, di Bowie e delle meravigliose utopie. Non a caso il film è ambientato quasi totalmente a Londra, dove Mieli visse da giovane per molto tempo.

Trattandosi di una figura così complessa, non c’è il rischio di cadere nell’agiografia?
No, anzi, anche perché il film non sarà una biografia vera e propria, ma mescolerà elementi di fantasia a fatti realmente accaduti. Comunque il Mieli che ci interessa raccontare – più del lucido pensatore di Elementi di critica omosessuale il saggio che costituisce il suo lascito culturale maggiore – è quello de Il risveglio dei faraoni, una sorta di diario onirico e allucinato: una figura mistica, con un’aura quasi ultraterrena.

Ci sarà spazio per il sesso?
Sì, non sarà un film pudico e ci saranno scene esplicite. Ma è soprattutto il pensiero di Mieli a essere scandaloso ed è quello che abbiamo privilegiato. Tra l’altro, ci saranno accenni alla scatologia, uno dei punti portanti della sua visione, a cui abbiamo dato però una valenza più politica e meno alchemica rispetto a quella dello stesso Mieli.

È facile fare un film di questo tipo in Italia?
Molto seccamente ti rispondo che non è neanche ipotizzabile. Ho mandato il progetto a tutti i più grossi produttori italiani, ma nessuno di loro si è degnato di rispondere. Qualcuno addirittura, a distanza di anni, ha candidamente affermato di non avere neanche letto la sceneggiatura.

Allora come siete riusciti a trovare i finanziamenti?
È stata una vera e propria odissea, non priva di situazioni grottesche. Ma alla fine, con una buona dose d’inconscienza e una perserveranza titanica, siamo riusciti a mettere in piedi il progetto: dopo averle provate davvero tutte (anche un crowdfunding nostrano), abbiamo finalmente trovato un referente serio e così quest’estate dovrei iniziare le riprese a Londra.

Ultimamente poi siamo riusciti a coinvolgere nel progetto un nome di altissimo livello come Michel Marc Bouchard, il drammaturgo canadese collaboratore di Xavier Dolan. Michel è rimasto entusiasta della sceneggiatura e vuole partecipare al progetto in veste di supervisore artistico.

Domanda d’obbligo: chi interpreterà Mario Mieli?
Sei anni fa avrei rischiato di risponderti James Franco. Gli inviai il progetto, ottenendo, con grande sorpresa, una sua risposta nel giro di poche ore. Il suo agente, però, pretese subito una cifra a cinque zeri. Contattare una star di quel calibro fu una mossa un po’ ingenua, ma se non altro ci rassicurò sulla validità del progetto.

Niente star quindi…
Sarà un cast internazionale ma, per serietà, non posso ancora confermarti i nomi. L’unico che posso farti è Colin Firth, nel ruolo di un professore di letteratura italiana. Per Mieli, invece, sto cercando un esordiente di talento, che abbia coraggio e abnegazione. Farò provini a tappeto in tutt’Italia, sarà una selezione molto severa anche perché l’attore dovrà anche avere un fisico adeguato a quegli anni: un’epoca in cui il culto della forma fisica non aveva trasformato i corpi dei ragazzi (bellissimi nella loro magrezza e imperfezione) in anonimi body builder.

Insomma tante peripezie, ma storia a lieto fine…
Cito il mio caro amico Marcello Cesena, che dice di essere sicuro di fare un film solo quando questo sta per uscire in sala. Un paradosso purtroppo molto vero. Dopo tanti anni di bruschi rovesciamenti della sorte, ho quindi imparato a condire l’entusiasmo con un pizzico di sana prudenza. Detto ciò, state sicuri che il film si farà!