Abbiamo intervistato la sindaca di Torino Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle. Si è dimostrata intelligente e affabile e in città si sta lavorando attentamente sui diritti LGBT.

(prima pubblicazione Pride maggio 2017)

 

Intelligenza, empatia, semplicità. È una sindaca diversa, Chiara Appendino, la signora torinese che è la vera rivelazione politica di un movimento, quello dei Cinque Stelle, che a molti appare ancora controverso e senza una precisa identità ideologica.

Ci accoglie nel suo elegante ufficio in municipio con cordialità e un grande sorriso: ci sembra di conoscerla da sempre. Forse questi sono i suoi segreti, un’affabilità massima che la avvicina davvero sl cittadino comune, una chiarezza e un pragmatismo nell’esporre i problemi, soprattutto quelli ereditati dalla passata amministrazione (problemi di bilancio con quel taglio sofferto di 5,8 milioni alla cultura) e una disponibilità senza eguali nell’ascoltare le esigenze della comunità LGBT, al pari di altri grandi sindaci europei come il berlinese Wowereit o il parigino Delanoë.

Lei è considerata il sindaco più amato d’Italia dopo la vittoria del Governance Poll 2016. Ma possiamo certo dire che è anche la sindaca più gay friendly. Come mai è così attenta alle tematiche LGBT?
Semplicemente trovo ingiusto che nel nostro paese le persone possano vivere delle situazioni di discriminazione derivante dal loro orientamento sessuale o identità di genere. Per questo sono sempre stata vicina ai temi sollevati dalla comunità LGBT e ho partecipato, già da consigliera comunale, ai pride e alle varie manifestazioni pro gay. Da sindaca ho partecipato al pride e al TDOR (transgender day of remembrance), perché trovo sia importante che l’istituzione si schieri a supporto della richiesta di uguaglianza formale e sostanziale di tutte le persone.

Lei ha deciso di puntare sul turismo LGBT dopo la sua partecipazione al World Travel Market di Londra. Me ne parla?
La nostra città, Torino, è da anni una delle città più friendly grazie al lavoro costante delle associazioni e a un’apertura delle amministrazioni comunali che ha permesso di renderla una delle città capofila su questo tema. Pertanto questo nostro patrimonio, la valorizzazione della diversità, diventa un tema anche economico su cui possiamo puntare. Quando abbiamo scelto alcuni segmenti di turismo su cui investire questa ricchezza, oltre alla bellezza della nostra città, è diventato quel valore aggiunto su cui puntare per attrarre persone e famiglie LGBT.

Ha colpito la comunità queer il suo bel gesto di cancellare personalmente alcune svastiche comparse su manifesti gay. L’omofobia è ancora un problema per la città di Torino?
L’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia sono problemi diffusi nel nostro paese, così come la violenza di genere nei confronti delle donne. Non sono mai definibili un’emergenza: sono problemi strutturali, culturali e sociali. Nemmeno Torino ne è immune, ma la città negli anni ha sviluppato gli anticorpi che ci permettono di reagire come una voce sola di fronte a questi casi. Ho scelto in quel caso di fare un gesto forte proprio per far capire che le istituzioni sono dalla parte delle persone lgbt e non tolleriamo in questa città alcuna forma di discriminazione o violenza.

Che pensa del fatto che una coppia LGBT abbia ancora difficoltà ad affittare una casa a Torino?
Trovo che questa sia una sconfitta per tutte e tutti. Ci sono stati recenti casi nei quali, sebbene vi fosse ampia garanzia economica, coppie gay hanno fatto fatica perché, di norma, il proprietario diceva di preferire “famiglie”. Forse una coppia gay non è famiglia? Mi vengono alla mente i cartelli “non si affitta ai meridionali” che negli anni Sessanta erano esposti sotto gli annunci immobiliari, segno che vi è ancora una volontà di esclusione dell’altro, del diverso. In questo caso persone gay, ma sicuramente lo stesso problema lo vivono le persone migranti. Compito della città è riuscire a superare questa situazione.

Lei ha sposato la prima coppia gay torinese, Franco e Gianni. Grazie alla legge sulle unioni civili, Gianni potrà godere della reversibilità della pensione di Franco che purtroppo è venuto a mancare. Che esperienza è stata?
Bellissima e terribile. Bellissima, perché ho potuto vedere l’amore negli occhi di Franco e Gianni che in quel giorno raggiungevano un traguardo insperato, e non nego di essermi commossa durante la cerimonia. Terribile, perché dopo qualche mese Franco è venuto a mancare. In questi mesi sono stata vicina per quanto potevo alla loro famiglia, chiamandoli dopo che Sgarbi li aveva insultati in una trasmissione televisiva e telefonando a Gianni dopo la scomparsa di suo marito. Compagno, non marito. Insomma, per me era il marito. Sono comunque contenta che Gianni abbia la possibilità di avere la pensione di reversibilità che gli consente di continuare a vivere nella casa che condivideva con Franco e che la comunità si sia stretta intorno a loro, grazie anche a chi li ha sostenuti in questi anni.

La sua scelta di nominare Marco Giusta al nuovo Assessorato alle Famiglie è stata particolarmente apprezzata dalla comunità gay.
Ho apprezzato il suo lavoro come presidente di Arcigay e nell’approccio avuto nell’avvio di CasArcobaleno. Abbiamo avuto modo di conoscerci negli anni, e la stima è stata costruita anche negli incontri di stesura di programma con tutte le associazioni lgbt che come movimento abbiamo voluto fare. Per queste ragioni sono stata felice che abbia mandato la sua candidatura come assessore e io abbia potuto sceglierlo. Il suo nome è stato annunciato durante il ballottaggio: è stato lui stesso a chiedermi di non annunciarlo prima anche perché in altri partiti erano candidate figure LGBT a cui non voleva in alcun modo “rubare voti”. È stata una scelta coraggiosa e un po’ in controtendenza, visto che nel momento del ballottaggio tutti dicevano che avrei dovuto raccogliere i voti della destra. E invece i voti non sono né della destra né della sinistra ma delle persone, che evidentemente hanno apprezzato anche la nostra scelta di presentare in anticipo la giunta.

Come sono i rapporti con la chiesa – penso a Monsignor Nosiglia, in primis – dopo questo suo avvicinamento alla comunità LGBT?
I nostri rapporti sono ottimi, e credo che la collaborazione tra le due cariche che attualmente rivestiamo sia molto importante per ricreare quel senso di comunità che negli anni è mancato sempre di più e per risollevarci come città, non lasciando indietro nessuno. Come detto, la mia vicinanza alla comunità LGBT non è certo una novità, ma non credo abbia mai rappresentato un problema né un fattore rilevante per quel che riguarda il rapporto tra me e monsignor Nosiglia.

La rivoluzione al festival del cinema gay di Torino non è stata ben vista da alcuni: una giovane regista etero, Irene Dionisio, come direttrice, il cambio totale del team di organizzatori, Minerba relegato al ruolo onorario di presidente. E pure il cambio del nome nell’ambiguo “Lovers Film Festival”. Che ne pensa?
Minerba è una colonna della comunità torinese, lui e Ottavio Mai diedero vita a un festival che è un vanto della città a livello nazionale e internazionale. Ritengo che il ruolo di presidente del festival dimostri la gratitudine della città. Sono convinta che Irene farà un lavoro eccezionale preservando l’unicità e le tematiche del festival. Dalle iniziative già annunciate in conferenza stampa ho visto la volontà di impegnarsi a far il bene del festival. Questo ovviamente senza rinunciare, come ho già detto, alla specificità del festival che è resterà un festival della comunità LGBT.

All’inizio della sua carriera politica si diceva che non nascondesse i suoi apprezzamenti per Nichi Vendola. Me ne parla?
Questa è una notizia falsa che continua a girare, ma non corrisponde alla verità. Prima di incontrare il Movimento 5 Stelle non avevo un forte impegno politico, e non ho mai fatto apprezzamenti particolari su Nichi Vendola né su altri politici.

Riesce ancora a giocare a calcetto, una sua passione giovanile?
Molto meno di quanto vorrei. L’ultima partita l’ho giocata in campagna elettorale, quando abbiamo organizzato un derby: io capitanavo la Juve, l’assessore Finardi (granata doc) il Toro. È stato divertente, se avessimo il tempo dovremmo farlo di nuovo. In generale ho dovuto abbandonare quasi del tutto l’allenamento fisico, ma tra un lavoro molto impegnativo e una bimba di neanche un anno e mezzo è normale che sia così.