Ha senso prendere in maniera continuativa dei medicinali se non si è malati? La PrEP è solo un tentativo di arricchire le case farmaceutiche con i nostri soldi? L’opinione controversa di uno dei più noti intellettuali gay italiani.

(prima pubblicazione Pride luglio/agosto 2017)

 

Da poco tempo all’estero è in corso una campagna delle multinazionali del farmaco (ma con endorsement di tutto rispetto, come quello del CDC) che suggeriscono alla popolazione omosessuale di proteggersi dal virus HIV attraverso la PrEP, ossia la “profilassi pre-espositiva”, consistente nel prendere farmaci anti-HIV prima di essere contagiati.

La PrEP si differenzia dalla PEP (la “profilassi post-espositiva”) perché quest’ultima è efficace entro 72 ore dopo che una persona sospetta d’essere entrata in contatto con l’HIV: per esempio se un preservativo s’è rotto. Gli uffici marketing delle multinazionali si sono però chiesti: ma perché non proponiamo la PEP prima ancora che il contagio abbia luogo? Hanno così finanziato studi a doppio-cieco che hanno evidenziato un’alta efficacia della PrEP: dal 99% fra chi prendeva la pillola tutti i giorni al 90% fra chi la prendeva quattro o cinque volte alla settimana.

Nel 2016 la sperimentazione è finita ed è iniziata la campagna di marketing, nel quale gli omosessuali tornano a essere un “gruppo a rischio” (e si fottano trent’anni di sforzi per parlare di “comportamenti” a rischio!).

La campagna ha puntato palesemente sulla viralità: una breve ricerca con Google vi mostrerà una quantità insana di blog “personali”, a centinaia, con ottimi dati e ottime infografiche, palesemente non prodotte dal gay della strada. Questi blog hanno innescato un culto della PrEP in quella parte della comunità gay che odiava il preservativo e ha accolto la PrEP come il Messia, producendo una quantità ugualmente insana di blog tutti rigorosamente a favore della “santa frociata”. Il tocco finale è stata una pioggia fittissima di piccoli contributi, aiuti, sostegni alle associazioni di persone sieropositive, che ne hanno acquisito l’imperitura gratitudine e un calo verticale del senso critico (nessuno sputa nel piatto in cui mangia: neppure io lo farei).

A questo punto la PrEP s’è miracolosamente sdoppiata: da un lato la PrEP del “roseo futuro”, predicata dai “frociati”, dall’altro la PrEP del mondo reale.

Nel mondo reale colpire un virus con un medicinale in modo discontinuo e con sbalzi di dosaggi, oggi sì e per una settimana no, è demenziale, perché è il modo più rapido per allevare ceppi virali resistenti alla sostanza. Ogni particella virale particolarmente “forte” sopravvissuta a un attacco incompleto genererà una progenie nella quale i più forti sopravviveranno all’attacco successivo, e così via, fino a rendere il ceppo insensibile al medicinale.

Questo esito è facilmente prevedibile (si è verificato mille volte) se la pillola si usa giusto prima d’un weekend di stravizi, come Elvira Naselli suggerisce in: “La PrEP contro l’infezione HIV”, La Repubblica, 15/2/2017). O come nel video “educativo” su YouTube prodotto “ovviamente” da “un’associazione senza scopo di lucro”, dal titolo “I like to party” (mi piace divertirmi). Una pornostar utente di Grindr si prepara alla serata di sesso, e proclama: “Mi piace divertirmi”, e op!, giù una pillola.

Ma i medicinali vanno serbati per quando, per disgrazia, dovessero servire, e non sprecati dandoli alle persone perfettamente sane, in modo che diventino del tutto inefficaci nel giro di qualche anno. Certo, per le multinazionali, disperate per il fatto che dopo vent’anni il brevetto scade, che un medicinale abbia una vita di soli vent’anni è una pacchia, non una sciagura. Ma per chi dovrà farsi curare dai nuovi, e sempre più costosi, medicinali, non lo sarà. Specie se le manovre politiche per privatizzare la sanità avranno successo, e le medicine fra quindici anni ve le dovrete pagare di tasca vostra.

Invece nel mondo del roseo futuro la resistenza è un fenomeno che si verifica solo nei batteri, nei virus no, come mi è stato “insegnato” discutendone con i frociati, tant’è che “non si è mai verificato un caso di resistenza dell’HIV a un farmaco”.

Qui siamo alle pure e semplici fake news. L’HIV ha già in passato sviluppato resistenze non a uno, ma a un’intera panoplia di farmaci. Come spiega l’opuscolo: Capire le resistenze nell’HIV, pubblicato dalla Nadir Onlus, www.nadironlus.org/download/resistenzeweb.pdf, che afferma: “Può succedere che avvengano, per diverse ragioni, mutazioni/cambiamenti della struttura standard dell’HIV. Tali situazioni possono provocare resistenze ai farmaci anti-HIV, ossia una ridotta o assente capacità dell’efficacia di uno o più farmaci. Tali mutazioni vengono favorite quando, in corso di terapia, il paziente non esegue scrupolosamente quanto prescritto dal medico in merito all’assunzione dei farmaci: se non vengono rispettati gli orari, (…) la continuità della terapia (cioè se vengono saltate dosi di farmaco)”.

Niente male, per la pillola da buttar giù prima di uscire a scopare!

Ancora: nel mondo del Roseo Futuro la PrEP consente di rottamare il preservativo: questa è la ragione che spiega al 99,99% il desiderio di ricorrere a essa. Invece nel mondo reale è sì vero che il CDC ha approvato la PrEP, ma rigorosamente accompagnata dall’uso del preservativo: “No, non bisogna smettere di usare i preservativi perché si è in PrEP. La PrEP non offre nessuna protezione contro altre malattie a trasmissione sessuale, come la gonorrea o la clamidia”.

Nel mondo del roseo futuro la PrEP ha diminuito il tasso di sieroconversione all’HIV, e questo dato viene sempre citato. Però nel mondo reale sono anche esplose fra i gay le altre infezioni sessualmente trasmissibili come la sifilide, o l’epatite A www.gay.it/attualita/news/gran-bretagna-malattie-sessualmente-trasmissibili (nonostante esista un vaccino! www.prideonline.it/2017/05/26/allarme-epidemia-di-epatite-a/) e C, che può degenerare in tumore al fegato. Questo dato invece non viene citato mai. Che strano…

Nel mondo del roseo futuro la PrEP è cost-effective, ossia costa meno del dover curare le persone che altrimenti s’infetterebbero con l’HIV. Invece nel mondo reale (quello in cui Trump ha appena silurato l’Obamacare, privando decine di milioni d’americani dell’assistenza sanitaria,, perché “costava troppo”) un flacone del medicinale più usato nel Roseo Futuro costa 1.050 euro a settimana, oltre 50.000 euro all’anno. Ipotizzando 250.000 gay sessualmente sconsiderati in Italia (negli Usa, che hanno 4 volte la nostra popolazione, il CDC calcola che “oltre un milione di gay” abbia bisogno della PrEP www.towleroad.com/2015/11/cdc-says-1-in-4-gay-men-should-be-on-prep/) a 50.000 euro all’anno a cranio abbiamo 12 miliardi, e questo solo per i gay, escludendo eterosessuali promiscui e promiscue, tossicodipendenti, 75.000 prostitute… (nota: il bilancio 2017 della Lombardia, la regione italiana che spende di più per la sanità, ammonta a 18,3 miliardi di euro). Vi rendete conto, vero, che stiamo parlando di una manovra straordinaria di bilancio? E tutto questo perché qualcuno trova “scomodo” il preservativo?

Oltre a ciò, gli uffici marketing delle multinazionali calcolano sì i risparmi per l’HIV, mai però i costi aggiuntivi per le altre malattie sessualmente trasmissibili che il preservativo previene, e la PrEP no. Una sola terapia per l’eradicazione del virus dell’epatite C, che è sessualmente trasmissibile e contro cui non esiste un vaccino, costa circa 200.000 euro. Che risparmio!

Nel mondo del roseo futuro, PrEP e preservativo non sono in contraddizione. Nel mondo reale i frociati della PrEP hanno scatenato una campagna contro il preservativo, come ha fatto Alexander Cheves (“Why an AIDS foundation’s crusade against PrEP is on the wrong side of history”, Vice, 5 ottobre 2016) che ha affermato: “È importante ricordare che i preservativi sono ben lontano dall’essere sicuri al 100%: uno studio ha scoperto che il 51% delle nuove infezioni HIV fra i MSM dell’Ontario avveniva tramite sesso anale col preservativo. Uno studio del CDC del 2013 afferma che gli uomini gay che usano sempre il preservativo hanno una riduzione del rischio d’infezione da HIV del 70% rispetto a quelli che fanno sesso anale senza”.

E qui delle due l’una. O aveva ragione il ministro Donat Cattin che nel 1987 combatteva i preservativi perché “non sono sicuri, perché sbordano e si rompono”, e i medici che hanno affermato il contrario ci hanno ingannato per decenni… oppure chi ha raffazzonato questo atto d’accusa contro il preservativo ci sta ingannando ora.

Nel mondo del Roseo Futuro la PrEP non ha effetti collaterali, “come dimostrano tutti gli studi”. Uno dei diecimila blog pubblicitari pro-PrEP elenca tra gli effetti collaterali dei soggetti che hanno partecipato ai trial clinici qualche nausea, qualche mal di testa e qualche perdita di peso, ma nulla di grave, mai.

Nel mondo reale invece il “bugiardino” di uno dei medicinali usati nello studio sopra citato denuncia fra i possibili effetti indesiderati, sia pure in casi “rari”: danni al fegato, danni ai reni, danni alla densità delle ossa (osteoporosi), mentre mal di testa, diarrea e vomito sono classificati come effetti “comuni”.

Nel mondo reale è poi ovvio che certi sintomi non avranno materialmente il tempo per manifestarsi se la “terapia sperimentale” dura un anno o due; il problema è sapere cosa accadrà tra dieci anni. Se l’alternativa è o rischiare un trapianto di reni o sviluppare l’AIDS, la scelta è chiara, ma se l’alternativa fosse o usare oggi un preservativo o trovarsi fra vent’anni a dover fare un trapianto di reni? Nessuno dei frociati della PrEP ha saputo rispondermi, semplicemente perché questi medicinali esistono da troppo pochi anni per conoscerli. E nel dubbio, è saggio astenersi.

Conclusione: i farmaci non sono caramelle. Vanno usati, e venduti, quando ce n’è bisogno. Mettere i gay in cura per una malattia che non hanno, è come fare la chemioterapia a tutti i fumatori per prevenire il tumore ai polmoni. Una pessima idea.