Il tema della fluidità sessuale si sta imponendo nel dibattito pubblico, tra star che fanno coming out da gender fluid e ricerche scientifiche. Proviamo a vederci chiaro.

(prima pubblicazione Pride gennaio 2017)

 

Il sociologo polacco Zygmunt Bauman negli anni ’90 ha cambiato le regole del gioco teorizzando le società attuali o, meglio, tardo-moderne, come liquide, composte da individui dalle caratteristiche ugualmente liquide. Così nel 2008 la pubblicazione della psicologa Lisa Diamond Sexual Fluidity (Harvard University Press) ha posto il dibattito sull’orientamento sessuale, accademico e non, in una prospettiva radicalmente diversa. La fluidità sessuale è definita come la capacità e possibilità di avere una reazione agli stimoli sessuali che cambia a seconda delle circostanze, in aperto contrasto con tutta quella parte del mondo scientifico che riteneva l’identità sessuale un tratto stabile della personalità.

A questo punto è necessaria una precisazione per i non addetti ai lavori: orientamento sessuale e identità di orientamento sessuale sono due concetti differenti. L’orientamento sessuale descrive le persone e le situazioni da cui ci sentiamo attratti: c’è a chi piacciono solo rosse e con gli occhi verdi e a chi invece piacciono solo barbuti e vestiti di cuoio. Mentre l’identità di orientamento sessuale è la definizione che noi stessi diamo del nostro orientamento sessuale. L’orientamento sessuale è quindi diverso per ciascuno di noi e il numero degli orientamenti sessuali possibili è potenzialmente infinito (se incrociamo tutte le possibili variabili di persone e situazioni da cui siamo attratti), ma sono generalmente classificati in alcuni grandi categorie, utilizzando la variabile più saliente, il sesso del partner. Queste sono le categorie di riferimento per l’identità di orientamento sessuale: gay, lesbica, etero, bisex, ma anche identità “nuove” come asessuale o pansessuale.

Torniamo ora alla Diamond. Arrivò alla sua conclusione sulla fluidità dopo aver studiato per 10 anni l’orientamento di 100 donne non eterosessuali. Attraverso gli anni aveva infatti osservato in molti casi un’alta variabilità, involontaria, nell’orientamento sessuale in cui loro stesse si riconoscevano e che, pertanto, la bisessualità non fosse adatta a descrivere un fenomeno così mutevole nel tempo. Alcuni hanno frainteso i suoi risultati, generalizzando la fluidità sessuale a tutte le donne o a tutte le persone, mentre il contributo davvero originale di questa ricerca è che l’identità sessuale di alcune persone può essere fluida e che le categorie generalmente utilizzate non sono adatte.

L’orientamento sessuale è tendenzialmente stabile nel tempo, ma è un fenomeno così vario, che presenta così tante possibilità diverse da non poter essere necessariamente descritto e “incasellato” adeguatamente in categorie così ampie e generiche. La fluidità è quindi un concetto che aiuta a descrivere meglio la realtà. In questo senso andava già la ormai celebre “Scala Kinsey”, ideata nel 1948.

La fluidità è una caratteristica solamente femminile? No, anche i maschi possono avere una sessualità fluida, anche se la esprimono in modi diversi dalle donne. La stessa Diamond nel 2014 ha prodotto un nuovo studio, durato un anno, su un campione di 159 donne e 179 uomini, ugualmente distribuiti tra lesbiche, gay ed eterosessuali, analizzandone le loro variazioni di attrazione, comportamento e identità sessuali. I risultati hanno mostrato come uomini e donne omosessuali avessero livelli di fluidità sessuale analoghi, ma bisogna notare che anche uomini e donne eterosessuali hanno pure mostrato significativi livelli di fluidità, anche se inferiori.

Al medesimo risultato sulla fluidità maschile è arrivata anche la sessuologa Jane Ward nel suo libro Not Gay: Sex Between Straight White Men (New York University Press, 2015), che riguarda in particolare il fenomeno bro-job, ossia i pompini tra uomini etero. Nella nostra società “machista” però c’è molto poco spazio per la fluidità sessuale dei maschi, a differenza di quella femminile: se una donna fa sesso con un’altra donna è semplicemente un’avventura, se un uomo fa sesso con un altro uomo sono entrambi gay, senza se e senza ma. Questo inibisce notevolmente gli uomini dallo sperimentare la propria sessualità e specialmente dal parlarne. Avete presente tutti i “discreti” che si trovano sulle chat per incontri? Ecco.

Mancano ancora studi su larga scala ma la fluidità sembrerebbe un fenomeno che riguarda una parte significativa della popolazione, gran parte di cui adolescenti. Tra gli adulti, infatti, l’identità sessuale sembrerebbe rimanere più stabile rispetto che tra i giovani, ma anche in questo caso non sarebbero evidenti differenze tra i sessi.

Ulteriore rilevanza al tema della fluidità è stata data da numerose celebrità che hanno fatto il coming out da fluidi, giovani e meno giovani, come gli attori Nico Tortorella, Ezra Miller (che abbiamo visto nell’ultimo Harry Potter), l’attrice Kristen Steward, le popstar Kesha, Demi Lovato e Miley Cyrus, le rockstar Steven Tyler (Aerosmith) e Pete Townshend (The Who), la top model Cara Delevigne e, per chiudere in bellezza, Mel B e Christina Aguilera.

 

FLUIDITÀ DIBATTITO APERTO

SIAMO FLUIDI

di Nicola Nardelli, psicologo psicoterapeuta

La sessualità è da considerare come fluida perché è un insieme di componenti che costituiscono l’identità, e la nostra identità è frutto di un processo in continuo divenire. Tra queste componenti vi è l’identità sessuale, ossia l’esperienza soggettiva del nostro orientamento sessuale. Quest’ultimo, determinato da fattori biologici e ambientali, indirizza la nostra attrazione erotico-affettiva.

Mentre l’orientamento sessuale si instaura nei primi anni dello sviluppo e tende a rimanere pressoché stabile nel corso della vita, l’identità sessuale può essere più o meno fluida, più o meno corrispondente alla realtà oggettiva del nostro orientamento sessuale. Nel corso del tempo possono variare le modalità con cui lo riconosciamo, lo accettiamo, scegliamo o non scegliamo se e con chi fare coming out, e se autodefinirci lesbiche, gay, bisessuali, queer, ecc.

L’eterosessualità, norma imposta e discorso dominante, viene spesso data per scontata dagli altri ma anche da noi stessi. Il timore di disattendere le aspettative sociali e considerarsi diversi da ciò che si è sempre creduto può rendere difficile coniugare il desiderio con la sua consapevolezza e riconoscere la fluidità della nostra identità sessuale, accettando la possibilità di un cambiamento. Questi sono processi che, come ho scritto con Vittorio Lingiardi nelle Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali (Raffaello Cortina, 2014), sono possibili grazie alla capacità di rifiutare gli stereotipi invece di subirne l’influenza a danno della propria autenticità, mettersi in discussione e chiedere aiuto, poter contare su contesti sociali accoglienti e persone significative, rispettose e non giudicanti. (Testimonianza raccolta da Pietro Vinti)

NON FLUIDI MA FLESSIBILI

di Giovanni Dall’Orto, storico

La sessualità umana è flessibile. Può essere piegata per motivi sociali in tutte le direzioni: se non lo fosse, non si spiegherebbe come sia stato possibile che nella storia umana per la pressione sociale centinaia di milioni di lesbiche e gay si siano sposati e siano riusciti a fare figli. Gli esseri umani sono funzionalmente capaci di copulare con persone dell’uno e dell’altro sesso, con cadaveri, con bambini, con animali, con oggetti, con buchi nel terreno… e altro.

La sessualità umana – in qualsiasi modo la si voglia definire – non è però “fluida”. “Flessibile” indica la condizione di un corpo rigido che si lascia deformare da una forza esterna senza rompersi, ma che è resiliente, ossia riprende la propria forma iniziale quando la forza esterna cessa. La sessualità della razza umana è sì funzionalmente flessibile, ma a livello individuale è resiliente, ossia ciascuno di noi ha preferenze che una forza esterna può modificare solo in modo non permanente e puramente esteriore (“mi sposo, ma continuano a piacermi i maschi anche dopo sposato”).

La “liquidità” non parte da nessun dato di fatto, dato che tutte le osservazioni empiriche puntano nella direzione esattamente opposta, ossia quella della rigidità (elastica). Il dogma secondo cui “la sessualità umana è fluida” è quindi stato proclamato solo come rivelazione religiosa, ma mai dimostrato con esempi concreti. Quella della fluidità è infatti semplicemente una necessità logica del “pensiero queer”, a cui serve per puntellare un altro dogma altrettanto sgangherato, ossia che tutto ciò che è nella sessualità (a iniziare dal concetto stesso di “sessualità”) è socialmente costruito, arbitrario.

Siccome questo dogma viene smentito se esiste un qualsiasi elemento “innato”, anche solo a livello individuale, allora è necessario teorizzare che noi siamo tutti egualmente “fluidi”, e che solo quella che Mario Mieli definiva “educastrazione” ci abbia convinti (falsamente) dell’esistenza di cose come i sessi o gli orientamenti sessuali, incasellandoci al loro interno. (Testimonianza raccolta da Pietro Vinti)