La nostra nazione è una destinazione LGBT da sogno ma non è percepita come tale, e in definitiva non è scelta dal turismo arcobaleno internazionale. Che ci sia un problema di comunicazione?

(prima pubblicazione Pride maggio 2017)

 

Molti di voi avranno visitato o sentito parlare della BIT, la Borsa Internazionale del Turismo, che si tiene a Milano e la cui ultima edizione si è svolta lo scorso mese di aprile appena prima del Salone del Mobile. La sua formula è cambiata non solo nello spostamento di data, in città era il classico appuntamento di febbraio, ma per andare incontro a un pubblico di viaggiatori e di professionisti con esigenze sempre più diverse.

Per la prima volta l’evento ha ospitato anche Expo Turismo Gay, la manifestazione italiana dedicata al turismo LGBT organizzata dal gruppo Sonders&Beach e già presente in anni precedenti in altre fiere specializzate a Bergamo e Rimini. Oltre a uno stand espositivo, in una delle giornate riservate agli operatori professionali ha proposto due momenti di formazione dai titoli: “Il mercato LGBT del terzo millennio – scelgono chi li sceglie” e “Dimmi di sì: l’arcobaleno delle Unioni Civili – anche l’Italia potrebbe diventare una destinazione per i sì LGBT”.

In estrema sintesi oggi il turismo subisce evoluzioni velocissime ed è passato da essere indifferenziato e di massa a identitario e specifico per ogni immaginabile segmento di clientela (persone senior, donne che viaggiano in gruppo, sportivo, religioso, medico, LGBT…). Adesso è l’esperienza il vero nodo cruciale nella scelta delle proprie vacanze, al punto che per quanto riguarda i gay maschi il divertimento puro (sesso e vita notturna) non è più il fattore chiave per decidere dove andare. Il consumatore grazie al web è sempre più informato e sa ciò che vuole in modo preciso, di conseguenza nel nostro caso non si parla più di turismo arcobaleno ma di turisti arcobaleno.

Un gruppo molto eterogeneo al suo interno, e non si tratta solo delle differenze implicite nelle quattro lettere che compongono l’acronimo LGBT. Il comportamento dei viaggiatori rainbow è influenzato da età, reddito, livello di istruzione, livello di accettazione dell’omosessualità o legalizzazione del rapporto di coppia presenti nel paese di residenza ecc. Una destinazione geografica, quindi, non si può più limitare a dimostrarsi pubblicamente gay friendly ma deve saper essere anche gay interesting.

Che cosa fanno allora le nazioni appartenenti all’Unione Europea per stimolarci a fare le valigie e partire da casa? Magda Antonioli Corigliano (direttore master in Economia del turismo) e Marianna di Salle (coordinatrice master in Economia del turismo) dell’università Bocconi hanno presentato una dettagliata analisi di tutti i portali ufficiali di promozione turistica dei 28 paesi dell’UE per capire come si rivolgono ai viaggiatori LGBT, e i risultati sono sorprendenti.

Per ogni sito sono stati analizzati, dove disponibili, i contenuti presenti nelle sezioni o nelle pagine tematiche dedicate nello specifico ai turisti arcobaleno, e se nel 55% dei casi (16 nazioni tra cui il Belgio francofono) è presente proprio una parte specifica (con paesi che si fatica a immaginare aperti mentalmente come l’Ungheria e la Lettonia), e nel 28% non è presente una area ad hoc ma è possibile trovare qualche riferimento facendo una ricerca per parola chiave nel motore di ricerca interno (8 nazioni con il Belgio fiammingo), in 5 nazioni (il 17% del totale) non è presente alcuna sezione tematica né informazione LGBT: Bulgaria, Cipro, Croazia, Romania e… Italia!

Niente di nuovo sotto il sole penserete voi, in fondo nel 2015 prima che prendesse avvio Expo, l’assessore al commercio, attività produttive, turismo, marketing territoriale Franco D’Alfonso chiamava in giustificazione “le regole del Comune di Milano”, per escludere i circoli privati dove avvengono azioni sessuali da una app per smartphone (già non più operativa) chiamata Milano Gay Life, che era possibile scaricare attraverso il sito ufficiale www.turismo.milano.it. Eppure l’obiettivo era quello di “far conoscere anche in vista di Expo 2015 una città accogliente e lontana da ogni discriminazione”. L’idea si avvicinava a “mandateci i gay ma in bassa stagione così le famiglie non lo notano”.

Segnaliamo per concludere e sorprendervi che l’Italia è uno degli sponsor principali della convention 2017 di IGLTA, l’associazione internazionale del turismo LGBT, che si svolgerà all’inizio di questo mese a St. Petersburg in Florida. Pare che sia un’iniziativa dell’ufficio di New York dell’ENIT, l’agenzia nazionale del turismo, ma non abbiamo trovato alcun comunicato stampa ufficiale al riguardo, e l’azione non è nemmeno segnalata nel sito www.enit.it tra i prossimi appuntamenti internazionali, mentre la presenza istituzionale all’Arabian Travel Market di Dubai svoltosi ad aprile era garantita.

Ci si può quindi aspettare qualche cambiamento positivo in futuro? Fintanto che resteremo il paese del “si fa ma non si dice”, quella che potrebbe essere la più importante destinazione gay del mondo secondo molti operatori del settore resterà tale solo sulla carta.