Un graphic novel italiano affronta il tema di come superare la fine di un amore gay. Incontriamo gli autori per un confronto a tutto tondo che interessa anche lo stato del fumetto LGBT in Italia.

(prima pubblicazione Pride novembre 2017)

 

Dieci anni dopo aver raccontato da queste pagine la genesi di Aleagio Vaccarezza, il suo personaggio gay più conosciuto, ritroviamo Luca Vanzella come sceneggiatore di uno splendido romanzo a fumetti uscito la scorsa primavera, Un anno senza te (BAO Publishing, 221 pagg. a colori; 20 euro), affidato stavolta ai suggestivi disegni e colori di una giovane promessa delle nuvole parlanti, Giopota. Non è eccessivo definire il libro di Vanzella e Giovanni Pota un piccolo capolavoro, nato senza troppi calcoli e proprio per questo ancora più prezioso di molti prodotti militanti freddi e boriosi.

Abbiamo incontrato entrambi gli autori durante il secondo appuntamento di FumettiFuori!, rassegna di fumetto queer organizzata da chi scrive insieme alla libreria Antigone di Milano all’inizio di ottobre.

Come sopravvivere alla fine di un amore? Tancredi lascia Antonio e lui ci mette un anno a guarire dal solo ricordo di ciò che è stato. In una Bologna reinventata, magica e surreale, dove nevicano conigli e il cielo è solcato da dirigibili e mongolfiere, il romanzo racconta mese per mese il percorso accidentato di un giovane studente gay che cerca di lasciarsi alle spalle il passato, pronto a gettarsi anima e corpo in una nuova relazione, soprattutto con l’amor proprio.

Concepito come il divertissement di una storia breve online dedicata al mese di gennaio, il fumetto è stato poi sviluppato andando avanti e indietro nelle stagioni della nuova vita di Antonio. Un insolito metodo che ha inaugurato al meglio la collaborazione tra i due autori, entrambi bolognesi d’adozione, ma ha complicato il lavoro del disegnatore, che ha dovuto rimediare alle modifiche del proprio stile nell’arco dei due anni necessari al completamento dell’opera.

“Nel frattempo si erano fatti avanti i responsabili della casa editrice, ai quali interessava soprattutto il segno di Giovanni, molto adatto all’atmosfera malinconica della storia. Inoltre, la tematica gay era già stata sdoganata da altri suoi autori”, ci spiega Vanzella. A dirla tutta, però, Un anno senza te non viene esattamente pubblicizzato da BAO come libro di argomento omosessuale, tanto che la parola “gay” nemmeno compare sul sito dell’editore. “Una volta decisi a fare il libro, siamo stati d’accordo che l’aspetto gay non fosse quello principale. È vero però che ogni tanto se ne sono dimenticati del tutto”, ammette Vanzella. “Per fortuna le persone interessate alle storie gay hanno trovato comunque il libro e gli hanno dato visibilità”.

Il romanzo, secondo lo sceneggiatore, ha poco di autobiografico: “In realtà ero partito con un’idea molto letteraria: raccontare il momento in cui si viene lasciati e si rimane da soli, con la sensazione di cercare se stessi. C’è la nostalgia dell’amore passato, dei momenti felici vissuti insieme. Per renderlo vivo, del tuo ce lo metti per forza, però volevo farne episodi slegati, costellazioni di piccole cose che ci ho buttato dentro, tanto che mi hanno anche accusato di averne messe troppe. Però a ogni fine capitolo del mese puoi fermarti e metabolizzare quel che hai letto, oppure fare binge reading e berti il libro tutto d’un fiato”.
Giopota precisa invece che il libro “è farina del sacco di Luca. Io più che altro ho assorbito la sua esperienza, anche se in realtà ci sono state delle similitudini con un’esperienza mia del passato. Sono riuscito a essere più empatico, favorendo così l’entusiasmo che ho messo nel disegnarlo”.

A giudicare dalle fattezze del protagonista che campeggia in copertina, così come di molti dei personaggi del fumetto, sembra proprio che la sottocultura bear abbia finito per colonizzare anche l’immaginario fumettistico. “Diciamo che io gli orsi li infilavo nei miei fumetti in tempi non sospetti” precisa Vanzella, alludendo alla passione del suo Aleagio per gli uomini grossi e pelosi. “Forse bisogna solo aspettare che le barbe passino di moda e quello sarà inevitabilmente un momento molto triste. Però è vero, sembra che il modello bear sia un segno dei tempi, un cambiamento sostanziale della visione della mascolinità. È molto che non frequento locali, ma da quel poco che so c’è ancora gente barbuta e che si gonfia in palestra che va nei locali degli orsi: a un certo punto si stuferà e andrà da un’altra parte. In questo libro c’è giusto un volantino con una festa che si chiama Orsolandia, quindi piccoli dettagli qua e là”. “Venendo da Milano sono arrivato in città che la moda era un po’ passata”, commenta Pota. “Per pigrizia non ho mai frequentato un circuito che fosse definibile come bear e ormai non c’è più tanta distinzione tra chi appartiene a cosa. Non so neppure se a Bologna esista ancora una comunità ursina. Io mi ci ritrovo non per scelta, perché sono così (cioè ascrivibile al modello fisico del cub, N.d.R.), ma la questione ursina la vivo un po’ da lontano. Luca mi ha solo suggerito di fare un personaggio che fosse morbido, curvy”.

A parte un accenno di pelo pubico nel capitolo “Gennaio”, in Un anno senza te l’erotismo è quasi assente. Come mai? “Sono molto pudico, nei miei fumetti preferisco mettere ombre tattiche e lenzuola posizionate accuratamente”, spiega Vanzella. “Lascio tutto all’immaginazione. Per esempio, le volte che in Aleagio si vedono cose sconce ci sono solo perché le ha volute Luca Genovese, disegnatore storico della serie (che Renbooks ha da poco ristampato, compresa la storia realizzata all’epoca appositamente per Pride, N.d.R.). Per questo libro, a Gio grosse possibilità non ne ho date. Anche se poi, quando doveva inquadrare un pacco, lo ha fatto senza problemi”.

“Ma non l’ho fatto per scandalizzare!”, ribatte Pota. “Anche se non ho particolari freni. Se mi commissionassero una storia erotica la farei di buon grado, anzi l’ho appena fatto in un’antologia a tema erotismo queer uscita per Attaccapanni Press (ne parleremo presto, N.d.R.). Mi piace l’erotismo, ma non amo dare sberle al lettore, è più bello dare qualche indizio senza svelare troppo. Mi hanno commissionato qualcosa di porno, ma non è particolarmente nelle mie corde”.

Nell’intervista di due lustri fa, Vanzella si dichiarava piuttosto ottimista sul fatto che il panorama depresso del fumetto LGBT italiano di allora sarebbe migliorato. La profezia si è avverata?

“Diciamo che i semi sono abbastanza germogliati. Adesso iniziano a esserci titoli mainstream perché anche il sottobosco è sviluppato, l’offerta è più variegata di prima. Nel frattempo c’è stata Renbooks che ha svolto un ruolo importante per promuovere il settore, poi ringraziamo Editoriale Cosmo perché per esempio Nine Stones è finito pure in edicola. La cara Flavia Biondi macina graphic novel uno dopo l’altro, poi c’è Giulio Macaione coi suoi libri. Insomma, è una buona primavera”.

Dei fumetti LGBT pubblicati all’estero, Vanzella ricorda di essere rimasto “colpito da Fun Home di Alison Bechdel, mentre il seguito Sei tu mia madre? mi è sembrato un po’ troppo ombelicale. È stato un grande passo avanti nel fumetto LGBT per come affrontava il tema dell’omosessualità del padre vista da fuori”, mentre Giopota – più giovane di dieci anni di Vanzella, classe 1978 – fatica a citare qualche titolo in particolare: “Magari mi vengono in mente delle storie brevi che trovo su Internet”.

Anche se Un anno senza te non ha nulla della storia barricadera e “impegnata”, il suo peso politico è indubbio per come i personaggi gay lo sono in maniera naturale, senza patemi dovuti all’orientamento sessuale. Eppure, la storia sarebbe stata la medesima se al posto di Antonio ci fosse stata Annalisa? “Proprio per il fatto che siamo un gradino più su dei pionieri in questo campo, possiamo fare le nostre storie senza doverci preoccupare di quale figura facciamo fare ai gay”, commenta Vanzella. “Ormai ci sono così tanti racconti che parlano di noi che io posso dare il mio punto di vista, un altro può dare il proprio e così via. Il ruolo politico che posso avere è quello di scrivere sempre più storie con personaggi gay, per far sì che effettivamente ci sia un panorama il più variegato possibile. In Italia il mondo della cultura mi sembra orientato alla ricerca del ‘caso’, una situazione molto più fragile di altri paesi che hanno un pubblico più solido e di conseguenza una base più compatta dentro l’industria culturale. Il portare avanti certi temi verso un pubblico ampio, da noi è inevitabilmente a singhiozzo: una Julie Maroh che crea Il blu è un colore caldo, un graphic novel bestseller a tematica lesbica che viene visto non come l’indicazione del desiderio di storie di un certo tipo, ma come una coincidenza. Non vedo malizia o inettitudine dietro a questo modello, ma dei limiti storici e strutturali”.

Della responsabilità del suo ruolo come operatore culturale, Vanzella ha avuto un’esperienza diretta quando, due anni fa, prima dell’approvazione della legge sulle unioni civili, il marito sposato in Argentina rischiava di venire espulso dall’Italia. “Anche se il pericolo era remoto, abbiamo deciso di combattere una battaglia di principio, senza approfittare dei tempi lunghi della burocrazia e far finta di niente come ho scoperto che fanno in molti nella stessa situazione. Abbiamo preferito far valere i nostri diritti e sollevare pubblicamente la questione, ricevendo tra l’altro molta solidarietà dai colleghi del fumetto che per la prima volta si sono accorti dei problemi reali delle coppie gay, al di là delle dichiarazioni astratte, di principio. Alla fine mio marito ha avuto il suo permesso di soggiorno definitivo per motivi famigliari non meglio specificati, in attesa di poter trascrivere il nostro matrimonio come unione civile”.

Giopota, dal canto suo, non si sente “responsabile di rappresentare chicchessia, anche perché sarebbe un po’ pretenzioso. Mi piacerebbe ‘normalizzare’ la questione gay, prenderla con più naturalezza, in quanto ci sono autori che sanno raccontare molto meglio di me i drammi del vissuto omosessuale. In un certo senso io impongo al lettore questa cosa e lui non può obiettare, è una forma di affermazione di sé, non c’è bisogno di sindacare”.

Per concludere, chiediamo ai due autori dei loro prossimi lavori a tema gay.

Accanto alla sua carriera nel fumetto da libreria, Vanzella ha avviato da qualche anno anche una collaborazione con gli editori di fumetti popolari da edicola e conferma di voler insistere a proporre personaggi gay in quel contesto: “Se i lettori di graphic novel un minimo di mente aperta ce l’hanno a prescindere, perché non sono libri nei quali ti imbatti casualmente, il fumetto da edicola invece può davvero capitare nelle mani di chiunque, ignaro di cose LGBT: trovare qualche comprimario gay può essere un’esperienza inaspettata e istruttiva, quindi è utile pensarci. Per esempio aspetto che un soggetto di Dylan Dog dove ho inserito un cliente maschio omosessuale per Dylan mi venga approvato, e sarebbe il primo cliente gay in assoluto”. Poi annuncia nuove storie brevi di Aleagio, dopo quella inedita pubblicata in rete su Tumblr.

Giopota invece anticipa di aver partecipato alla versione italiana curata da Renbooks di Love is Love, antologia di fumetti e illustrazioni realizzata per raccogliere fondi a favore dei famigliari della strage di Orlando. “Continuerò a fare cose relative al tema gay, perché fa parte di me. Storie lunghe per ora è difficile che ne faccia, perché nel prossimo libro che sto preparando per BAO ci saranno sicuramente dei riferimenti all’argomento, ma da tutt’altra parte, in ambito fantastico. Mi piacerebbe in futuro confrontarmi col tema dell’omogenitorialità, magari in una storia di genere: mi piace la fiction e mi piacciono le storie fantastiche dove inserire argomenti che di solito non gli appartengono, come fanno spesso all’estero”.