Dopo una lunga ricerca è stato pubblicato un libro che racconta la storia del nostro movimento nella città di Sandro Penna: Rivoluzione arcobaleno. Il movimento LGBT a Perugia dalle origini a Omphalos. Abbiamo intervistato uno dei curatori, Riccardo Strappaghetti.

(prima pubblicazione Pride novembre 2017)

 

Puoi raccontarci come nasce questo lavoro?

Il progetto è nato da un’idea che ho avuto all’inizio del 2015 in occasione della giornata della Memoria. Volevo tentare un approccio di ricerca che potesse indagare cosa fosse successo a Perugia sotto il Fascismo. Nell’archivio di Stato ho trovato del materiale in parte ancora inedito sulla persecuzione fascista degli omosessuali. In realtà mi aspettavo di poter scrivere un articolo ma successivamente, riordinando l’archivio dell’associazione Omphalos, mi sono accorto che il materiale rinvenuto cresceva e si allargava anche al dopoguerra e il coautore del libro, Antonio Fabrizio, stava raccogliendo interviste di attiviste e attivisti dell’associazione…

Oltre al materiale cartaceo hai utilizzato i racconti diretti per la ricostruzione della storia della comunità LGBT perugina?
Ho utilizzato interviste di militanti e protagonisti degli anni passati. Ho cercato di scandagliare anche fonti considerate “meno ortodosse” come per esempio le riviste seguendo il percorso intrapreso da Luca Locati Luciani nei suoi lavori. Mi sono avvalso anche di fonti letterarie per ricostruire il clima che gli omosessuali potevano vivere nella Perugia degli anni ‘50 e ‘60. Tra le fonti più interessanti che ho consultato, il diario del pittore e cantante Nito Vicini, ricordato come il primo perugino ad aver fatto coming out. Ho intervistato Straccivarius, un militante del FUORI perugino che scrisse un’opera teatrale per denunciare la condizione di emarginazione della comunità LGBT a Perugia negli anni ‘70. Un’altra intervista divertente è stata quella con Giulio, che nel 1978 aprì il primo locale gay friendly della città, o quella a Fabio Saini, il cui caso ai tempi finì in parlamento.

Possiamo dire che uno dei protagonisti del libro è la conquista della visibilità nello spazio pubblico e politico della vostra comunità (e non solo)?
Il “Solidarietà totale” è stato il primo vero luogo in città in cui gay e lesbiche poterono unirsi all’inizio degli anni ‘90 per fare una lotta comune. Un tentativo fu fatto già dal gruppo “Misticanza gay e non” all’inizio degli anni ‘80 che aveva come obiettivo una lotta trasversale che oggi definiremmo intersezionale. Proprio come ci ha raccontato il film Pride, anche a Perugia quel gruppo decise di raccogliere fondi per i minatori inglesi in sciopero e donarli alla delegazione che a metà degli anni ‘80 visitò la città. Il segnale era chiaro: i diritti civili sostengono quelli sociali e viceversa. La visibilità in una città di provincia come Perugia fu una conquista molto lenta e complessa. Erano i tempi in cui gli attivisti dell’associazione si presentavano con soprannomi. Lo stesso Tersigni, a cui è dedicato il centro di documentazione di Arcigay Perugia, si presentava come Roberto. Quando lui morì il circolo per alcuni anni rischiò la chiusura. Poi, nel 1996, arrivò Patrizia Stefani che risollevò le sorti dell’associazione; fu lei a metterci la faccia, ma lei stessa racconta come i primi tempi fosse stato un passo davvero complesso da compiere.

Quale rivoluzione rainbow si racconta nel libro? È un processo concluso?
La rivoluzione arcobaleno che raccontiamo parte dal basso, dai territori, dal tessuto sociale della città e da piccoli gruppi. Del resto importanti politiche antidiscriminatorie sono state avviate dal comune, dall’ente territoriale più vicino ai cittadini. Perugia nel 2003 divenne il secondo comune capoluogo ad avere il registro delle coppie di fatto. Fu un fatto di una risonanza enorme. Poi dallo stesso consiglio comunale di Perugia partì la proposta di legge regionale contro l’omotransfobia. La regione ci ha messo dieci anni ad approvarla, ed è diventata legge nell’aprile di quest’anno. Progressi nel corso di decenni se ne sono fatti, ma non si può mai abbassare la guardia in fatto di diritti; la lotta per quella rivoluzione arcobaleno è di certo ancora in corso, e ben lontana dall’essere conclusa.

Questo libro può essere uno strumento utile per comprendere lo stato attuale della frammentazione del movimento LGBT?
È fondamentale guardare al futuro ma per comprendere appieno i processi che viviamo è imprescindibile uno sguardo al nostro passato. Di strada se ne è fatta molta. La frammentazione del movimento non è di per sé un male, ma anzi uno stimolo a non appiattirsi su posizioni e valutazioni.

Penso alla lotta per le unioni civili: la legge Cirinnà è stata un punto di non ritorno, una vittoria storica, ma ha ragione chi all’interno del movimento ricorda che non può essere l’unico traguardo da raggiungere e ripropone all’attenzione le tematiche della liberazione sessuale o della genitorialità. Una base comune per un movimento più saldo è senz’altro una consapevolezza della sua storia. Ancora c’è molto lavoro da fare in Italia a partire dalla valorizzazione degli archivi. Con questo libro abbiamo voluto dare un piccolo contributo, è il frutto di un duro lavoro durato anni, ma crediamo ne sia valsa la pena.