Apparizioni LGBT al Festival di Sanremo da Nunzio Filogamo a Mika: una lezione corale sulla principale manifestazione della canzone italiana all’Università Statale di Milano.

Testo di Eddy Anselmi, Luca Locati Luciani, Enrico Salvatori, Andrea Meroni

(prima pubblicazione Pride febbraio 2018)

 

Pasolini lo detestava, per Arbasino era il “simulacro kitsch”, Visconti organizzava le “serate in pantofole”, dove amici e colleghi erano chiamati a votare la canzone vincitrice. È amore-odio quello della comunità LGBT per l’evento emblema della canzone italiana.

Quest’anno il Festival giunge alla 68a edizione, visto che si tiene ininterrottamente dal 1951. Sanremo è ormai un rituale della radiotelevisione pubblica, evento su cui poggiano interessi e attese per tutto il mondo dello spettacolo. Proviamo allora a ricordare quegli episodi e personaggi che hanno raccontato il lato gay-lesbo-transgender di Sanremo, oggetto del convegno Car* amic* vicin* e lontan* organizzato dal collettivo GayStatale il 2 febbraio scorso, alla vigilia della nuova edizione, con Eddy Anselmi, autore di un poderoso Almanacco illustrato della canzone italiana, Luca Locati Luciani, collezionista di reperti LGBT, e Enrico Salvatori, autore e regista televisivo. Ce n’è per tutti i tempi e per tutti i gusti, ma cominciamo dall’inizio.

Le prime quattro edizioni del Festival (1951-54), esclusivamente radiofoniche, sono condotte da Nunzio Filogamo (1902-2002), presentatore garbato e dai modi felpati, il cui motto è “Cari amici vicini e lontani, buonasera, ovunque voi siate”. Così scriverà alla sua morte Tullio Kezich sul Corriere della Sera: “Come Oscar Wilde, Nunzio si atteggiava a omosessuale. Non so come visse la sua diversità: ma certo si divertiva a recitarla un po’ alla maniera di Memo Benassi, altra grande ‘velata’ in realtà senza veli”.

Tenete ben presenti queste parole. È il 1955 e la Rai predispone la prima ripresa in diretta del Festival, addirittura in Eurovisione. Da pochi mesi è amministratore delegato Rai Filiberto Guala, che si presenta come “un moderno crociato chiamato a lottare per il sepolcro della pubblica coscienza. Sono venuto per cacciare pederasti e comunisti”, e che attua un “codice di autodisciplina”.

In questo contesto, Filogamo viene estromesso dalla conduzione del Festival per “scarsa telegenia”. Negli anni si è attribuito questo alle movenze effeminate, riprese peraltro da Alighiero Noschese per imitare garbatamente Filogamo, che però torna a presentare il Festival nel ‘57, dopo che Guala si è dimesso nel giugno ‘56. Pura coincidenza? Non lo sapremo mai. Quello che è certo è che, sul palco del Festival 2006, in un suo sketch Carlo Verdone nei panni di Assunta De Senis, fantasiosa cantante anni ‘50, ricorda la sua amica “Filogama”, che era “un po’ isterica”.
Nell’edizione del ‘61, che si apre a una nuova leva di cantautori e divi della canzone, appare anche Umberto Bindi, compositore di formazione classica, già celebre per la sua immagine “sofferta”. Partecipa con Non mi dire chi sei, in coppia con Miranda Martino, una “struggle song” niente male. Durante l’esibizione avviene il “fattaccio”: canta con le mani all’altezza del viso e, indossando un vistoso anello con brillanti, disturba la ripresa. In un’intervista del 2000, rilasciata a Michele Bovi, per un TG2 Dossier, rivelerà che sulla mano aveva scritto una frase del testo che non gli entrava in testa. Dopo l’esibizione – confessa nella stessa intervista – un funzionario della TV lo redarguisce: “Lei è chiacchierato, deve stare attento”. Per Bindi è uno choc, si presenterà al Festival negli anni successivi solo come autore. Durante una puntata del Maurizio Costanzo Show dell’ottobre 1988 ammette la sua omosessualità; è pronto per una nuova avventura sanremese, ma viene escluso.

Sanremo negli anni ‘60 è una macchina gigantesca: 18-20 milioni di telespettatori, 5-6 milioni di vendite dei 45 giri. Neppure il suicidio del cantautore Luigi Tenco nel 1967 ferma lo spettacolo. Il rallentamento e la crisi arrivano negli anni della contestazione studentesca e operaia. Per anni il Festival viene relegato in seconda serata, è il TG della notte a comunicare i vincitori: è l’austerity. Nel 1977 cambia sede, dal piccolo Salone delle Feste del Casinò si sposta nel capiente teatro Ariston; arriva il colore, e la cantautrice Donatella Rettore, gettando caramelle dal palco, canta Carmela, che contiene un passaggio ambiguo: “soldati con i fucili in mano”, che si “incontravano di notte per non farsi vedere, cantavano e facevano l’amore”.
Nel ‘78 la diciassettenne Anna Oxa si presenta in abiti maschili, valigetta e trucco punk per cantare Un’emozione da poco. Dietro l’operazione c’è Ivan Cattaneo, cantautore, pittore e militante del Fuori!

Con il colore e le dimensioni dell’Ariston gli scenografi del Festival si scatenano: il palco diventa una discoteca piena di laser e luci intermittenti. Ed è proprio durante la fase disco del Festival, precisamente nel 1980, che viene invitato Sylvester, superstar delle discoteche che non ha mai fatto mistero della propria omosessualità. Nel 1984 Pippo Baudo presenta i Culture Club in una memorabile esibizione di Victims, come memorabili furono i Queen in Radio Ga-Ga; l’anno dopo è il turno dei Frankie Goes to Hollywood, con Relax e The Power of Love, i Village People e i Bronski Beat. Nel 1987 sul secondo palco del Palarock passano Jimmy Sommerville, The Smiths, Pet Shop Boys, Erasure e Tom Robinson.

Al di là della vistosa presenza di questi ospiti “gay”, non va dimenticato che nel 1980 i Decibel dedicano a Renato Zero Contessa (“tu non sei più la stessa”) e nel 1984 Per una bambola di Patty Pravo ha vaghi riferimenti lesbici. Per chiudere con gli anni ‘80, non si può non citare Uno sull’altro, presentato nell’86 da Marco Armani nella sezione big: la stampa evidenziò come titolo e testo interamente declinati al maschile sembrassero alludere a un amore fra uomini.

Arriviamo rapidamente al 1990: la canzone dei Pooh che si aggiudica la 40a edizione di Sanremo, Uomini soli, ha qui e lì riferimenti all’omosessualità repressa. Nel ‘91 Dario Gai (poi Gay) nella sezione novità desta scandalo con Sorelle d’Italia, che parla di prostitute, camionisti, viados. Da segnalare nel ‘94 le ospitate di Elton John e RuPaul, con un Baudo imbarazzato e divertito, e della cantante k.d. lang. Sono gli anni del “baudismo”: in cinque edizioni consecutive (dal ‘92 al ’96) s’instaura un modello “classico” del Festival. Nel ‘96 si assiste a uno sdoganamento – non del tutto riuscito – del tema dell’omosessualità: il cantautore Federico Salvatore presenta Sulla porta, storia drammatica della confessione di un figlio gay alla vecchia madre. Il verso “Sono un diverso, mamma, un omosessuale” diventa “Sono un diverso, mamma e questo ti fa male”. È anche l’anno del ritorno da interprete di Umberto Bindi, dopo 35 anni: la canzone Letti, scritta con Renato Zero, non va molto avanti, e lui sente ancora l’imbarazzo di parlare in conferenza stampa del suo orientamento.

Il 2001 vede la conduzione di Raffaella Carrà, icona della TV da sempre. Le associazioni gay accorrono a Sanremo, non tanto per lei, quanto per contestare l’invito a Eminem, rapper bianco nei cui testi l’omofobia è di casa. Grillini, presidente onorario di Arcigay, nel Dopofestival del 2 marzo (quarta serata) si complimenta per la canzone Targato NA dei Principe e Socio M. (che allude a un ex tossicodipendente che entra nelle Forze Armate come carabiniere e si scopre omosessuale).

Saltando varie edizioni, soffermiamoci su quella del 2008, l’ultima delle tredici condotte da Baudo, per citare due canzoni: Il mio amico, cantata da Anna Tatangelo e scritta da Gigi D’Alessio sulla figura reale del parrucchiere e assistente personale della cantante, arriva seconda tra i big, mentre Valeria Vaglio, tra i giovani, canta Ore ed ore (“a un certo punto mi è mancata lei”).

2009: è l’anno della polemica più celebre in tema LGBT sul palco sanremese: protagonista il cantautore Giuseppe Povia, già vincitore dell’edizione 2006, e la sua canzone Luca era gay. Dopo la sua esibizione del 17 febbraio prende la parola Franco Grillini, che lo invita a “capire la felicità dei gay”; il presentatore Paolo Bonolis si schiera in difesa della libertà d’espressione del cantante, pur non condividendo i contenuti del brano. Nella stessa serata sale sul palco anche Roberto Benigni, che recita una lettera di Oscar Wilde al suo amato e riceve una standing ovation del pubblico, sostenendo che “gli omosessuali non sono fuori dal piano di Dio”. Luca era gay si classifica al secondo posto, ottenendo il premio della sala stampa radio-TV.

Durante la serata d’apertura della 63a edizione, il 12 febbraio 2013, una coppia gay di Torino, Stefano (Olivari) e Federico (Novaro), reinterpreta sul palco dell’Ariston il video che ha postato su YouTube: i due raccontano la loro storia attraverso dei cartelli, ricordando come in Italia non sia ancora possibile unirsi civilmente. Nella stessa edizione il “giovane” Renzo Rubino, con la canzone Il postino (amami uomo), porterà al festival la storia (vera) di un uomo che lascia famiglia, casa e lavoro “per inseguire il suo sogno d’amore per un altro uomo”.

Nel 2014 suscita clamore l’ospitata di Rufus Wainwright, reo di aver profetizzato in passato l’arrivo di un “gay messiah”. Durante la seconda serata (11 febbraio) dell’edizione 2015 (la prima di Carlo Conti), viene invece invitata come ospite Conchita Wurst, drag-queen vincitrice dell’Eurovision Song Contest 2014. Nella stessa edizione, tra l’altro, Mauro Coruzzi-Platinette si presenta in abiti maschili, cantando in coppia con Grazia Di Michele Io sono una finestra, una canzone a tematica transgender, mentre tra gli ospiti sono presenti anche Gianna Nannini e un ormai dichiaratissimo Tiziano Ferro.

E arriviamo all’edizione 2016: nelle giornate febbrili della discussione tra le due Camere della legge sulle Unioni Civili (approvata solo l’11 maggio successivo) vengono distribuiti ai cantanti 66 nastri rainbow che 15 cantanti su 16 decideranno di indossare durante le loro esibizioni; tra gli ospiti c’è Elton John, da poco sposatosi con il compagno David Furnish.

La scorsa edizione del Festival viene invece aperta da Tiziano Ferro, sulle note di Mi sono innamorato di te, per la celebrazione dei cinquant’anni dalla scomparsa di Luigi Tenco, mentre tra gli ospiti figurano Mika, Ricky Martin (alla sua quinta apparizione sul palco dell’Ariston) e LP (Laura Pergolizzi), lesbica dichiarata. Tutte queste ospitate fanno scatenare Adinolfi in una polemica contro “gli uteri in affitto pagati con il canone Rai”. Tra i concorrenti, il giovanissimo Michele Bravi dichiara di avere un orientamento sessuale “fluido”. E quest’anno? Chissà cosa vedremo dentro e fuori il teatro Ariston?