Ad aprile a Torino comincerà il primo corso di storia dell’omosessualità mai organizzato in un’università italiana.

(prima pubblicazione Pride febbraio 2018)

 

“La storia è una cosa seria. L’omosessualità no”: parola di Forza Nuova di Torino, che con uno striscione ha voluto dire la sua in seguito all’annuncio, lo scorso ottobre, dell’istituzione di una serie di lezioni di Storia dell’omosessualità presso il corso di laurea in DAMS (Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo) del capoluogo piemontese.

Le lezioni del corso saranno trentasei e permetteranno ai frequentanti di acquisire sei crediti formativi, partiranno ad aprile e vedranno in cattedra la professoressa Maya De Leo, alla quale abbiamo chiesto qualche dettaglio in più su questa rimarchevole iniziativa.

“Il corso nasce dall’esigenza di assecondare gli studenti e le studentesse sempre più interessati agli studi di genere e garantire un’offerta didattica in linea con le altre università europee, in cui i corsi di storia di genere e delle sessualità sono in costante crescita. Il corso è aperto a chiunque frequenti l’ateneo: anche questo elemento potrà contribuire a diversificare l’audience e magari creare un contesto di apprendimento più interessante”.

Anche se arriviamo buoni ultimi rispetto agli altri paesi comunitari, l’iniziativa si è potuta concretizzare oggi poiché “l’omosessualità è entrata nel dibattito pubblico, le sue rappresentazioni si sono moltiplicate, suscitando curiosità e attenuando le diffidenze. Inoltre, la produzione storiografica sul tema ha raggiunto un certo consolidamento accademico e una produzione quarantennale di qualità che è giunto il momento di divulgare”.

I testi di riferimento sono stati scelti da De Leo tra “alcuni ‘classici’ che problematizzano il rapporto tra omosessualità e contemporaneità. Comunque, la bibliografia sull’omosessualità è davvero sterminata. Per ogni lezione ne sarà resa disponibile una di riferimento”. L’idea di far partire la trattazione dal Settecento proviene dalla formazione di storica contemporaneista di De Leo e da una richiesta specifica del corso di laurea. “La fine del Settecento segna l’avvio dell’età contemporanea con i suoi sconvolgimenti politici e sociali, registrando anche discontinuità nella percezione del genere e delle relazioni di genere”.

Tra i passaggi storici fondamentali che analizzerà durante le sue lezioni, De Leo annovera certamente, durante il Novecento, “la cosiddetta rivoluzione sessuale, quando il movimento femminista negli anni Settanta ha portato per la prima volta la sessualità nel dibattito pubblico, sganciandola da una visione tradizionale cattolica incentrata sulla procreazione e rivendicando il diritto al piacere sessuale”, e, tra quelli in chiave negativa, “l’offensiva omotransfobica che ha accompagnato a livello internazionale la diffusione del virus HIV, particolarmente nel decennio a cavallo tra la metà degli anni Ottanta e i Novanta. Poi, c’è un vero e proprio spartiacque nella storia recente dell’omosessualità agli inizi degli anni Novanta, con la depatologizzazione da parte dell’OMS nel 1990. Sempre a partire dagli anni Novanta citerei la rivoluzione rappresentata dalla comunicazione digitale che ha favorito relazioni e raccolta di informazioni, allontanando la sensazione, comune nei decenni precedenti a tante persone LGBT, di sentirsi ‘gli unici al mondo’. Più di recente, le campagne per il matrimonio egualitario a livello nazionale e internazionale hanno portato l’omosessualità nel dibattito pubblico anche in aree culturalmente più periferiche”.

Per quanto riguarda il movimento LGBT italiano, invece, un momento cruciale De Leo lo ravvisa “nella risposta all’epidemia dell’HIV e all’offensiva sessuofobica e omotransfobica che a partire da essa si è scatenata: la comunità, colpita e attaccata con violenza in un momento luttuoso reagisce con forza e orgoglio, l’associazionismo si riorganizza, mettendo in campo una rete di assistenza per la comunità e facendo informazione capillare”. Poi ovviamente ci sono stati i passaggi fondamentali dei pride: “in Italia citerei il primo a Pisa nel 1979 e il World pride del 2000 a Roma, in concomitanza con l’anno giubilare.

Più in generale direi che è stata importante ogni occasione di visibilità della comunità LGBT: dalle manifestazioni culturali e artistiche alle attività dell’associazionismo sul territorio, dai (purtroppo ancora pochi) coming out di personaggi noti, a quelli, più numerosi, di tante persone comuni, giovani e meno giovani, di minor impatto ma certamente non meno rilevanti”.
De Leo non si stupisce del disappunto suscitato dal suo corso tra i fascisti e i cattolici integralisti: “È la riprova di quanto sia importante aprire sempre nuovi spazi per gli studi e i saperi di genere, agevolando la loro circolazione non solo all’interno dell’accademia, ma anche nelle scuole primarie e secondarie e nel dibattito pubblico, per contrastare l’oscurantismo con gli strumenti che a mio avviso sono i più efficaci, ossia la diffusione della cultura e della conoscenza”.