Pride intervista Alessandro Genovesi (il regista di Soap Opera e della commedia teatrale Happy Family) sul suo nuovo film Puoi baciare lo sposo, in questi giorni nelle sale.

(prima pubblicazione Pride marzo 2018)

 

Antonio (Cristiano Caccamo) e Paolo (Salvatore Esposito) vivono a Berlino. Si amano e dunque decidono di sposarsi in Italia, a Bagnoregio, presso i genitori di Antonio che sono aperti (mentre la mamma napoletana di Paolo non gli parla da quando ha saputo che è gay). Quando i due – in compagnia degli amici Benedetta e Donato (cacciato fuori di casa perché la moglie l’ha trovato travestito da donna) – vanno a casa di Antonio, le cose non vanno però come si pensava. Il padre Roberto, che pure è un sindaco in gamba, è del tutto contrario, ma per fortuna la madre Anna (Monica Guerritore) prende a cuore la faccenda. Dopo aver cacciato di casa il marito, ingaggia il wedding planner Enzo Miccio e organizza un fastoso matrimonio, consacrato da un frate, a patto però che venga anche la madre di Paolo. Roberto però non molla e ostacola il matrimonio, proprio come l’ex fidanzata di Antonio. Nel frattempo, Donato pensa di travestirsi, impersonando la mamma di Paolo. Le cose si complicano, fino al gran finale…

Il film si rifà a un’opera teatrale, My Big Italian Gay Wedding. In cosa si differenzia?
Questo film è diverso. Quello è in realtà un musical, che vidi nella off Broadway. La storia è la stessa, due ragazzi che si vogliono sposare, ma è molto legata al contesto, Little Italy (uno dei due ragazzi è polacco) e ci sono problematiche differenti. Avrei voluto girare un musical, ma sembra che al pubblico italiano non piacciano molto e così l’idea è stata scartata.

Il finale, che è cantato, sembra un po’ affrettato. Perché?
Non volevo che ci fosse un finale naturalistico, dopotutto è cinema. È forte che si mettano a cantare, anche perché il musical è presente in molti spunti del film. Comunque, ormai la storia era raccontata, la cosa importante era la svolta del personaggio di Abatantuono, che capisce che ha fatto delle brutte cose e si assume le sue responsabilità.

Abantantuono rappresenta l’italiano medio, aperto solo a parole?
Ma no, è un sindaco progressista, fa venire i profughi. Il discorso è un altro: capita a tutti di professare un’idea ma poi quando la cosa capita a te è diverso, è il principio di Indovina chi viene a cena? In lui, a contatto con la diversità, si ribalta dentro qualcosa, è incontrollabile, viscerale.

Monica Guerritore è il vero deus ex machina della vicenda.
In Italia c’è ancora una struttura matriarcale. Ho voluto un po’ esagerare, è una commedia: è autoritaria, pone condizioni, la condisce di assurdità. Insomma, fa una piccola rivoluzione, obbligando il marito a riflettere sulle scelte sbagliate che sta facendo.

E i personaggi del frate e di Donato?
Il frate applica la religione nel significato più puro, mettendo l’amore al centro. Mi piaceva ripercorrere le vicende di Don Camillo e Peppone, con una tensione fra il sindaco e la religione, sottolineando così quanto ci sia ancora da lavorare sulla legge, come fu per il divorzio e l’aborto. Donato ha una funzione comica, in tutte le scene; per lui il matrimonio è normale, anche se lui non è gay, ama travestirsi ma la cosa non è legata alla sessualità.
Salvatore Esposito lavora molto dentro le righe. Tutti recitano senza strafare, non è una farsa. Credo che una recitazione naturalistica sia essenziale per rendere credibile la storia. D’altra parte, mentre in Gomorra la parte di Genny Savastano è così grossa che si mangia l’attore, qui invece può recitare come sa fare.

Il film non è volgare e non ci sono stereotipi, a differenza di quasi tutte le commedie italiane.
Mah, soprattutto negli ultimi venti anni c’è stato il costante tentativo di istupidire la popolazione, a partire dalla politica, che dà esempio, e alla fine ce l’hanno fatta: in Italia ci sono più persone stupide che intelligenti. Quel tipo di comicità è elementare, becera, non prevede che tu debba fare sforzo intellettuale per capire ed è collegato con questo imbarbarimento.

Pensi che la legge sulle unioni civili rispecchi la mentalità italiana?
Secondo me no, bisogna ancora normalizzare il fatto che, col buon senso e il vivere civile, tutti devono essere liberi di fare ciò che vogliono. Per questo è importante il film, perché tanta gente si convincerà che una storia d’amore è tale anche quando ci sono due gay.

IL PD ha tolto il matrimonio egualitario dal suo programma elettorale, Berlusconi ha detto che, se vince la destra, tornerà indietro con la legge. Secondo te è vero?
Rientra nell’istupidimento generale di cui parlavo prima. Comunque, la vedo dura cambiare la legge. Per fortuna, c’è l’Europa e tanta parte del mondo che vanno in quella direzione e ci coprono.