Negli anni ’80 Pier Vittorio Tondelli è stato una delle indiscusse voci fuori dal coro. Il suo romanzo Altri Libertini è un caposaldo della cultura di quel tempo. Il linguaggio utilizzato nel testo è una commistione tra slang giovanile e dialetto emiliano, sovente influenzato da riferimenti musicali e cinematografici. Lo stesso linguaggio è utilizzato nei brani degli Emily Sporting Club, che debuttano con un omaggio all’indimenticato scrittore di Correggio. Il nome della band che dà anche il titolo all’album è già un biglietto da visita; in questo disco ritroviamo i luoghi e i personaggi descritti da Pier, a partire da quel Postoristoro dove si incrociano le vite di Giusy, di Bibo, della Molly, di Johnny: Dice Nicola Pulvirenti, cantante del gruppo: “Per questioni anagrafiche, non abbiamo avuto modo di conoscere e frequentare direttamente Pier Vittorio; ma pur a fronte di un leggero sfasamento cronologico, non è stato difficile prendere a prestito un Giusy, un’Annacarla qualsiasi della provincia reggiana e ‘portarli’ al bar della stazione Centrale o in una serata tra amici” (“E lì ci stanno pure un paio di busone… una si chiama Miro, l’altra sono io”). Tutti i brani sono ispirati ad Altri Libertini, da cui sono stati tratti anche l’introduzione di Del lavoro e Più di così non se ne può (forse uno dei passaggi più sensuali dell’intero libro dall’episodio Senso contrario) affidati alla voce narrante di Gabriele Tesauri. “Laddove sono proposte situazioni personali”, dice Nicola, “si è cercato di giocare con lo stile dello scrittore e di ricondurle a situazioni e temi del romanzo”. Accade per esempio in Hangover, che romanzando situazioni vissute su un interrail, fa eco ai frequenti viaggi in nord Europa di Tondelli; mentre Boy rivela il trinomio ricerca-necessità-paura di liberarsi dai segreti (dolorosi perché nascosti), che rimanda sicuramente a quello stato d’animo che coinvolgeva spesso Tondelli, una sorta di malcelata malinconia e insoddisfazione, che ritroviamo anche in Piedi inversi.
L’ispirazione musicale non può che attingere da quel fervido periodo, dai nostrani CCCP e Area, alle sonorità post punk dei Joy Division, passando per la new wave anni ’80, i primi U2 o Cure, ma anche Peter Gabriel e Lou Reed. Generi all’epoca radicalmente distanti che trovano un punto di incontro in questo album, ideale colonna sonora del racconto. E conclude Nicola: “Il desiderio di comunicare la forza e la dolcezza di quelle pagine per noi si è fatto musica; da queste hanno preso una forma poetica le strade, le musiche e le relazioni che abbiamo vissuto”.