A un evento importante come la Giornata Mondiale Contro l’Omofobia, il 17 maggio di ogni anno, è giusto che anche il teatro dia il suo contributo. Per celebrarla abbiamo scelto Le regole del gioco del tennis, testo di Mario Gelardi e regia di Carlo Caracciolo. La vicenda prende spunto da una partita di doppio vista come metafora per raccontare le dinamiche dei rapporti all’interno di un’amicizia tra due studenti universitari, Matteo e Guido, di diversa estrazione sociale. Le norme che disciplinano questo sport diventano un escamotage per raccontarsi cose che in una normale conversazione non avrebbero mai avuto il coraggio di dirsi: la competizione si trasforma in uno scambio serrato di battute volte a mettere l’altro alla prova per conoscerlo a fondo e poi rivelarsi e ridefinire i margini dell’amicizia. Con Carlo Geltrude e Riccardo Ciccarelli al teatro delle Spiagge di Firenze il 17 maggio e in giugno al Nuovo Teatro Sanità di Napoli (che lo produce).
Per molto tempo trascurato, Calderon, scritto da Pier Paolo Pasolini nel 1967, in questa stagione vede due importanti allestimenti: dopo quello firmato da Francesco Saponaro per Teatri Uniti, ecco quello diretto da Federico Tiezzi per il Teatro di Roma e la Fondazione Teatro della Toscana. Siamo nella Spagna franchista alla metà degli anni sessanta. Al centro del dramma tre sogni della protagonista Rosaura, ognuno in un ambiente diverso: aristocratico, proletario e medio borghese. Il tema della diversità, della irriducibilità di ogni essere umano alle logiche del potere è ricorrente in tutti e tre e viene esplicitato nelle metafore di amori incestuosi. Il regista concepisce questo lavoro come ultima parte di una trilogia che prende in esame la distruzione della famiglia. Tra gli interpreti Sandro Lombardi, Camilla Semino Favro, Graziano Piazza e Lorenza Guidone. All’Argentina di Roma sino all’8/5.
È la fiaba di Andersen che ha da sempre alimentato le fantasie registiche e pittoriche di numerosi artisti: La Sirenetta parla di un’adolescente che per un gesto d’amore rinuncia alla sua stessa essenza (la mirabile coda) nel disperato tentativo di sentirsi accettata e amata. Partendo dalle lettere di adolescenti che hanno deciso di togliersi la vita dopo esser stati respinti a causa della loro sessualità, Giacomo Ferraù, regista e responsabile della drammaturgia con Giulia Viana (entrambi anche in scena accanto a Riccardo Buffonini e Libero Stelluti), rilegge il testo come metafora dell’identità sessuale e dell’astratto concetto di “normalità” con cui molti giovani si trovano a fare i conti. A Campo Teatrale di Milano (produttore insieme a Eco di Fondo) dal 26 al 29/5.