Laddove i matrimoni egualitari sono consolidati, può accadere di poter ascoltare un uomo dedicare una canzone al proprio marito. È il caso di Harrison Blythe, che lo scorso anno ha pubblicato Fatal Highway, una manciata di canzoni malinconiche e satiriche al tempo stesso, che ritraggono vite altrui lambite quotidianamente dalla violenza (American Hero è incentrata sui frequenti massacri compiuti all’interno delle scuole americane) e avvolte perennemente da un brusio di fondo, un rumore bianco difficilmente sopprimibile (Gateway descrive il bisogno di fuggire da una società dominata dai media e dalla tecnologia). Influenzato dallo studio del violino e da artiste quali Tori Amos, Björk e Lana Del Rey, Blythe ha saputo creare un intreccio sonoro originale, in cui elettro-pop e armonie classiche si fondono inusitatamente, grazie all’utilizzo di sample catturati che conferiscono un che di ironico al ritmo e al risultato finale.
Sull’autostrada “fatale” ha incontrato l’uomo della sua vita che ha sposato a 21 anni. Al marito il cantante ha dedicato Quiet, tributo alla loro vita insieme e sicuro riparo dal caos esterno. Lo attendiamo al varco con il secondo album già in lavorazione e previsto in primavera.
Non è necessario essere seriosi per trattare temi seri; spesso la leggerezza risulta più coinvolgente e incisiva rispetto a canzoni intense, ma poco trascinanti: a trattare con ironia sull’universo gay in Italia ci hanno pensato più volte anche Elio e le storie tese, in Canada Les Trois Accords hanno addirittura dedicato il loro sesto album alla “gioia di essere gay”. Famosi in terra patria per il loro rock d’impatto e i loro testi spesso oltraggiosi, Les Trois Accords hanno pubblicato di recente Joie d’être gai.
“Quello dell’omosessualità – spiegano – è un tema ricco di sensibilità, ma anche pericoloso, che sarebbe stato difficile affrontare con i nostri primi lavori. Ora abbiamo l’impressione che la gente possa trattare questi argomenti con rispetto ed esplorare al contempo un mondo artisticamente interessante”.
Non è la prima volta che Les Trois Accords trattano temi legati all’identità sessuale; lo avevano già fatto nel 2009 con il disco Dans mon corps, in cui compariva Elle s’appelait Serge, storia di un travestito di nome Serge.
Questo nuovo album, a detta della stessa band, mette l’accento sull’amore in tutte le sue forme, siglando peraltro il ritorno per il gruppo canadese a sonorità grunge che hanno caratterizzato gli anni Novanta.