Le prospettive per una soddisfacente legge sulle unioni civili risultano alquanto buie e suona quindi di buon auspicio dare a una pièce il titolo Il marito di mio figlio (edita da Titivillus). È una moderna commedia degli equivoci che ruota intorno al tabù, per la nostra realtà, del matrimonio gay: Giorgino e Michele hanno deciso di sposarsi ma non l’hanno ancora rivelato ai rispettivi genitori. Presi da scrupolo, li convocano nel loro appartamento per metterli al corrente della loro decisione, non immaginando le reazioni a catena che questa notizia provocherà: rivelazioni sorprendenti da parte di entrambe le coppie sulla propria sessualità, retroscena imbarazzanti e agnizioni tanto inaspettate da far saltare le nozze. L’autore e regista Daniele Falleri vuole sottolineare che prima di essere gay i protagonisti sono semplicemente due ragazzi che si amano, ma la sua analisi si sposta anche sull’istituzione familiare, smascherandone ipocrisie e compromessi che, posti davanti a un fatto straordinario come il matrimonio, deflagrano. Cast brillante che comprende Andrea Roncato, Eva Grimaldi, Pietro De Silva, Pia Englebert, Ludovico Fremont, Andrea Standardi e Roberta Garzia: al teatro San Babila di Milano dal 12 al 21 febbraio.
Juan Carlos Rubio, già attore sui palcoscenici madrileni, da oltre due decenni è diventato un affermato drammaturgo del quale la scorsa stagione abbiamo visto Tres che esplorava in chiave leggera il tema della maternità di donne single non più giovani. In Le ferite del vento racconta la vicenda di David che alla morte del padre scopre tra le sue carte lettere d’amore indirizzate a un altro uomo: più che stupito, decide di andare a conoscere il maturo signore. Il lungo e talvolta brusco confronto con lui gli darà modo di scoprire verità mai immaginate costringendolo a mettere in discussione molte sue certezze. In prima italiana Francesco Brandi lo mette in scena per il Teatro di Sardegna, interpreti Corrado Giannetti e Luigi Tontonarelli: al Massimo di Cagliari dal 10 al 14/2.
Un ritorno ai classici, in particolare i miti greci dopo il loro folgorante Troia’s discount, è quello che ricci/forte compiono con Darling: qui lo spunto è la trilogia dell’Orestea di Eschilo, contaminata con Artaud (con cui hanno in comune l’impatto visivo che rasenta la violenza), il bisogno di etica testimoniato da Hannah Arendt, la pittura di Edward Hopper, le immagini di Gregory Crewdson e l’hard rock dei Led Zeppelin. Oggetto d’osservazione è il tempo della crisi che stiamo attraversando, tra pulsioni autodistruttive, falsa morale e impossibili speranze. Al Piccolo Studio di Milano dal 2 al 7/2, al Diego Fabbri di Forlì il 20/2 e al Rossetti di Trieste il 14/4.