Il logo potrebbe trarre in inganno e in molti abbiamo pensato si trattasse di un coniglio. Forse a causa della grande capacità riproduttiva di questo animale, che fa subito pensare a una vita sessuale molto attiva. In realtà hornet vuol dire calabrone, e il marchio ritrae proprio questo: un bell’insettone con ali e pungiglione. Perchè e che cosa si nasconde dietro una app di incontri? Lo abbiamo chiesto al suo ideatore Sean Howell.

Quando e perché hai creato Hornet?
Nel 2008 è stato lanciato Grindr e io e tutti i miei amici lo usavamo. Vivevo a San Francisco, mi occupo di tecnologia, così come molti di loro. Ci siamo seduti attorno a un tavolo e ci siamo detti: possiamo fare qualcosa di meglio! La prima cosa che abbiamo pensato è stata di comprare Grindr. Poi abbiamo realizzato che era più conveniente fare una nuova app per conto nostro.

Come mai questo nome?
In quegli anni eravamo agli inizi, le app erano poche e c’erano molti nomi ancora disponibili da poter utilizzare. Adesso sarebbe molto più difficile. Hornet era utilizzabile e l’ho trovato subito divertente e irriverente, suona erotico e aggressivo (horny sta per arrapato, N.d.R.). Siamo stati fortunati.
Ha anche un significato pericoloso, perché il calabrone potrebbe pungerti. Alcune persone, talvolta, sviluppano dipendenza da queste applicazioni che portano a estraniarle dalla vita reale.
C’è un altro importante motivo per il quale abbiamo creato Hornet. Un po’ di anni fa, quando eravamo dei giovani gay c’era Gay.com, che abbiamo amato molto. Io, per esempio, ero al college e chattare ha significato molto per me, grazie a internet ho conosciuto molte persone in tutto il mondo. Così volevo creare una cosa simile a portata di telefonino, oggetto oggi molto diffuso e popolare. Gay.com non esiste più e ho voluto studiare qualcosa che potesse rimpiazzare quell’esperienza.

Dopo sei anni di attività quante persone lavorano per Hornet e dov’è la vostra base?
Siamo in quattordici. La sede è a Cape Town, ma abbiamo uffici anche in altre città come Valencia, Hong Kong e, ovviamente, San Francisco. In Sud Africa c’è il nostro CTO (Chief Technology Officer, N.d.R.) e la parte tecnica è seguita da là. La parte legale invece è a Hong Kong, perché è un paese dove le leggi sulla privacy sono molto rigorose e volevamo che Hornet fosse il più indipendente possibile, sotto tutti i punti di vista.

Quali sono i paesi in cui Hornet va più forte e quelli in cui invece è poco popolare?
In Francia, Russia, Taiwan, Turchia, Thailandia, Filippine e Brasile siamo la gay app più importante, in molte altre siamo al secondo posto. Non andiamo molto bene in Germania, ma stiamo lavorando alla traduzione della app in altre lingue, affinché si possa crescere ancora.

E in Italia?
Abbiamo da poco tradotto la app anche in italiano e ci stiamo promuovendo nel vostro paese.

Con che base economica siete partiti e quali sono le prospettive di guadagno?
Da una partenza di cinquecentomila dollari e quattordici persone, che non sono un piccolo investimento, siamo cresciuti a due milioni di dollari. Con una gay dating app è più facile avere successo. Molti, anche una volta fidanzati, la continuano a usare per conoscere nuove persone, sopratutto all’estero, per fare amicizie locali. Lo stesso non accade con gli etero, che tendono a lasciare le app di dating una volta trovata la persona giusta. La maggior parte degli introiti arriva dagli abbonamenti, un po’ meno dalla pubblicità.

Noi gay siamo più birichini, diciamo così!
Sì! (ride).

Parliamo invece dei paesi in cui l’omosessualità è illegale. Può essere pericoloso usare questo tipo di app?
Siamo stati molto scrupolosi con la sicurezza, sin dagli inizi, i messaggi sono criptati e la geolocalizzazione è protetta.
La polizia può sempre scaricarsi l’applicazione su uno smartphone e tendere delle trappole. Per questo lavoriamo a fianco delle associazioni che si occupano di diritti umani e con le organizzazioni LGBT internazionali e locali nei paesi più pericolosi. In Turchia, per esempio, sponsorizziamo una rivista gay in distribuzione gratuita. Inoltre, interagiamo con gli utenti ogni giorno, abbiamo quotidianamente migliaia di messaggi di feedback e monitoriamo la cosa molto seriamente. Sappiamo che certe trappole possono accadere, per adesso non è mai successo. In caso dovesse accadere siamo preparati per avvisare scrupolosamente gli utenti. Per questo tipo di problemi lavoriamo molto anche con le Nazioni Unite, con il Dipartimento di Stato americano e con un team di avvocati.

Quanto siete invece attenti all’informazione per quanto riguarda la salute e la prevenzione?
Ogni anno regaliamo milioni di dollari in pubblicità alle varie associazioni no profit, per campagne di prevenzione e per poter accedere al test HIV, in particolare nei paesi dove non è possibile.