Con 118 tra rapporti e risoluzioni in difesa dei diritti civili e 11 documenti dedicati esclusivamente alle questioni di orientamento sessuale e identità di genere, l’Europarlamento ha dimostrato negli ultimi 5 anni attenzione e sensibilità ai temi lgbt in diverse aree.
Diritti delle vittime di reati. A settembre 2012 l’Europarlamento ha adottato una nuova direttiva che fissa uno standard minimo su diritti, sostegno e protezione per le vittime di reati: una particolare protezione è riconosciuta alle vittime vulnerabili per alcune caratteristiche personali come “identità di genere, etnia, religione, orientamento sessuale”. Per esempio le persone lgbt hanno il diritto che la loro vita privata non debba essere messa in discussione durante un processo. Gli Stati membri hanno tempo fino al 2015 per recepire la direttiva.
Successione. A marzo 2012 è stato adottato un Regolamento che armonizza la situazione in tutta la Ue e impone che la volontà espressa liberamente sia rispettata in tutti i Paesi membri. In particolare l’articolo 21 proibisce ogni forma di discriminazione. Per esempio se due donne spagnole si sono sposate e vivono in Croazia e una delle due muore le autorità croate non possono mettere in discussione il suo testamento solo perché in quel paese non esiste il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Asilo. A ottobre 2011 il parlamento europeo ha adottato una nuova direttiva sul diritto d’asilo introducendo fra gli aspetti da prendere in considerazione quelli “relativi all’identità di genere”, che per la prima volta è stata menzionata in una legge europea. La direttiva assicura speciali garanzie procedurali ad alcune categorie come i richiedenti asilo lgbt che vedono riconosciuto il diritto alla protezione della loro privacy e il rispetto della dignità e integrità fisica. Sono esclusi quindi esami corporali imbarazzanti per “dimostrare” l’omosessualità di un rifugiato.
Fondi europei. Nella programmazione finanziaria 2014-2020 sono stati preservati i finanziamenti sulle questioni di orientamento sessuale e identità di genere contenuti in tre strumenti: il “Fondo sociale europeo”, che si occupa di inclusione sociale; il “Rights, Equality and Citizenship Programme” (dotato di 378 milioni di euro); l’“Eidhr – European Instrument for Democracy and Human Rights” (1,3 miliardi per i diritti umani nel mondo).
Rapporti e risoluzioni non vincolanti. Dal 2009 al 2014 l’Europarlamento ha adottato 118 documenti che riguardano l’orientamento sessuale e l’identità di genere in tema di libertà civili, lavoro, salute, politica estera. A febbraio 2014, in particolare, è stato approvato il Rapporto su una roadmap europea contro la discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere.
Ma come si sono comportati gli europarlamentari italiani sugli stessi temi? In genere il Partito democratico con i socialisti europei ha sempre sostenuto le iniziative lgbt, mentre il Ppe ha appoggiato le proposte più moderate, votando contro quelle più innovative. Gli italiani aderenti ai Popolari europei (ex Pdl, Udc) hanno spesso votato “no” anche se il loro gruppo era favorevole. Anche tra gli europarlamentari del Pd bisogna fare qualche distinzione: alcuni cattolici ex Margherita si sono distinti per il loro voto discorde in più di un’occasione. Per esempio sulla mozione del settembre 2011 su orientamento sessuale e identità di genere all’Onu Silvia Costa e Gianluca Susta si sono astenuti e Patrizia Toia non ha votato, mentre il resto del gruppo Pd votava a favore insieme a tutti i progressisti. Contrari tutti i leghisti così come molti deputati del Pdl, in opposizione al Ppe, come Magdi Allam (poi passato con i leghisti), Carlo Casini, Lara Comi, Carlo Fidanza, Elisabetta Gardini, Clemente Mastella, Barbara Matera, Mario Mauro.
Il 24 maggio 2012 sul documento contro l’omofobia in Europa hanno votato no ancora Casini, Comi, Fidanza, Gardini, Mauro, Matera, insieme a tutti i leghisti; si sono astenuti invece ancora una volta Silvia Costa, Mario Pirillo e Vittorio Prodi, con Patrizia Toia assente.
Da questo punto di vista è stato significativo il voto sul Rapporto Estrela che riguarda i diritti legati alla salute sessuale e riproduttiva del 10 dicembre 2013. In un Parlamento spaccato tra socialisti e liberali (favorevoli) e popolari e nazionalisti (contrari) il testo passato in commissione non è stato approvato per 7 voti, ma ben 6 europarlamentari del Pd si sono astenuti. Si tratta di Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, David Sassoli e Patrizia Toia. Una piccola pattuglia di cattolici “infiltrati” all’interno della compagine progressista e pronti a far pesare i loro voti se saranno rieletti ancora.