In media, tanto più una persona è religiosa tanto più è omofoba, come attestano oramai diversi studi di psicologia e sociologia. Ma è difficile dire se i religiosi sono (in media) omofobi perché sono educati da preti, rabbini o imam; o se lo sono per altre e più teologiche ragioni. In tema di omosessualità, lo conferma la European Social Survey una ricerca sociologica sui comportamenti e le credenze degli europei, “i paesi con popolazione principalmente cattolica o ortodossa tendono a essere meno permissivi”. E i paesi nei quali gli atei sono più diffusi lo sono anche i diritti gay.
E non è un caso, infatti, che tutte le principali associazioni di non credenti italiane e straniere siano impegnate nella lotta per i diritti sessuali. Tra queste l’UAAR, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, nel congresso del 2013 ha formalizzato il suo impegno. Tra i suoi obiettivi oggi figurano, oltre al matrimonio per le coppie omosessuali e a una legge contro l’omofobia, l’abolizione della legge 40, con la possibilità di accesso ai single e alle coppie non sposate, sia etero che omosessuali, alla fecondazione artificiale e l’adozione per tutti.
L’associazione è impegnata in ambito culturale e collabora attivamente con associazioni glbt. La rivista, l’Ateo, ha pubblicato diversi numeri monografici su sessualità in generale e omosessualità in particolare e organizzato numerose conferenze.
La battaglia più riconoscibile dell’associazione è lo “sbattezzo” e cioè l’uscita formale dalla Chiesa Cattolica (con tanto di annotazione sull’atto di battesimo): un diritto finalmente riconosciuto grazie a un ricorso al Garante della Privacy. Considerato il punto di vista cattolico su gay e lesbiche, non stupisce che molti approfittino di questa possibilità, con gran sollievo, e esprimano vivacemente il loro ringraziamento.
La procedura è fai da te e su www.sbattezzati.it quasi 3000 persone hanno condiviso il loro sbattezzo – e sono una piccola parte di chi ha inviato la semplice raccomandata necessaria a non essere più formalmente cattolico.
L’associazione lavora anche per importare le cerimonie laiche, una realtà diffusissima nei paesi più avanzati del Nord Europa, ma da noi ancora quasi sconosciute. Ad esempio in Gran Bretagna si celebrano tantissimi matrimoni umanisti, e in Norvegia una fetta considerevole di adolescenti, invece di fare la cresima, si rivolge all’associazione umanista locale per seguire un percorso formativo che termina con la festa dell’essere diventati adulti. L’UAAR cerca anche di aiutare a rispettare le ultime volontà dei non credenti, che non vogliono un funerale religioso, ad esempio chiedendo che ogni città metta a disposizione una sala del commiato dignitosa e senza simboli cattolici.
Anche l’associazionismo estero ateo e arcobaleno è vivace.
L’EHF, la fondazione umanista europea, ha recentemente denunciato la situazione degli omosessuali in Russia e ha lavorato affinché il Parlamento Europeo approvasse il report Estrela sui diritti sessuali e riproduttivi, assai liberale.
Nel corso dell’ultima conferenza internazionale della British Humanist Association in Romania poi, Andrew Copson, chief executive dell’associazione, omosessuale e già chairman della Gay and Lesbian Humanist Association, è finito su tutti i telegiornali per aver “osato” mostrare, al termine di una sequenza di diapositive di persone vestite in maniera aggressivamente stravagante, la fotografia di alcuni pittoreschi vescovi ortodossi.
Il caso di Copson non è affatto unico: il numero di omosessuali, lesbiche e bisessuali nelle associazioni di non credenti, anche in posizioni dirigenziali, è significativamente più alto della media.
Resta però un dubbio da scogliere. Perché chi non crede in dio ama occuparsi di diritti glbt?
In effetti l’associazionismo ateo negli ultimi anni ha spostato l’attenzione da un’atteggiamento meramente anticlericale ateo agnostico a un punto di vista umanista. Nella definizione dell’IHEU, l’International Humanist and Ethical Union, “l’umanismo è una visione democratica ed etica della vita, che propugna la costruzione di una società più umana attraverso un’etica basata su valori umani e su altri valori immanenti, nell’ottica della ragione e della libera ricerca attraverso le abilità umane. Non è teistica, e non accetta visioni soprannaturali della realtà”.
In Italia è difficile far passare l’idea che si può essere buoni e morali senza credere in dio. L’umanista si sforza di usare gli strumenti migliori a disposizione (la ragione, quindi; il che non vuol dire essere degli androidi senza cuore) per scegliere, a ragion veduta, la strada migliore.