Si sta discutendo in Parlamento la proposta di legge 245 che disciplina (introducendo le fattispecie di reato) quelli che gli americani chiamano hate crimes, crimini legati all’odio, insomma di una legge contro l’omofobia. I primi due firmatari sono i deputati con alle spalle una militanza gay diretta Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Partito democratico, e Alessandro Zan di Sinistra Ecologia e Libertà.
La discussione è al calor bianco. Da una parte Scalfarotto e Zan che si battono (anche) per i nostri diritti e dall’altra parte i cattolici di tutti gli schieramenti (quindi anche quelli del partito di Scalfarotto) a fare muro ideologico. Del resto, per le anime pie che popolano il parlamento di tutto si può, e si deve, parlare ma non di finocchi. E si oppongono con argomentazioni vacue e bislacche, ma tanto basta in questo strano paese affinché ogni discorso s’impaludi.
Non si trova una proposta definitiva, ecco però spuntare dal nulla l’emendamento di un deputato di Scelta Civica, Tarcisio Gitti che mette tutti d’accordo. Scalfarotto e Zan compresi: “Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente, ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”.
Immediatamente le associazioni glbt in un sol urlo gridano alla vergogna, perché un testo del genere annulla il senso della legge di fronte a una così vasta pluralità di soggetti da renderla sostanzialmente inefficace. Dice in sostanza: se t’insulto da solo sono perseguibile, mentre se lo faccio in gruppo perché sto esprimendo la pluralità delle idee, no! Vattelappesca!
Annalisa Cuzzocrea su Repubblica chiedeva a Scalfarotto le motivazioni che l’hanno portato comunque a votare l’emendamento Gitti, e in particolare perché il PD sull’omofobia abbia cercato l’accordo con il PdL al posto della ricerca di una maggioranza diversa a quella che sostiene il governo (M5S e Sel). La domanda è pertinente, a ben vedere.
Ivan le ha risposto così: “Ma non aveva senso fare una legge di una sola parte contro un’altra! Non sarebbe stato il passo avanti culturale che volevamo. In più, non so se questa maggioranza ci fosse, non so – in un Parlamento spaccato – come si sarebbero comportati i cattolici del Pd”.
L’emendamento Gitti ha avuto un seguito di reazioni polemiche e anche sgradevoli, che hanno portato a strascichi giudiziari con Scalfarotto stesso contro gli attivisti del movimento che lo hanno attaccato sui social network.
Solo alcune riflessioni:
Quando Scalfarotto dice: “Non era il passo in avanti che volevamo”, “noi” chi è? I deputati del PD? Gli attivisti del movimento per i diritti civili (parla forse come fondatore della sua associazione Parks per la diffusione delle politiche di diversità e inclusione in azienda)? No, perché moltissimi esponenti del movimento per i diritti civili sono arrabbiati come delle furie e volevano ben altri passi in avanti rispetto a questi. Desumo che Scalfarotto parli come esponente politico, per propria natura è tenuto alla mediazione parlamentare. Se così fosse, meglio sarebbe se si spogliasse degli abiti dell’attivista per i diritti civili perché i risultati non rendono onore a tanto sforzo pervicace. È palese a tutti (meno ai deputati del PD) che una legge così congegnata rappresenta un drammatico spreco di fogli di carta e stenografici parlamentari perché è del tutto inutile e inefficace. Nella seconda parte del proprio intervento, Scalfarotto accenna alla tenuta del (suo) gruppo parlamentare. Ora, se il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale di un partito strutturato come il PD non può contare nemmeno sulla disciplina interna del proprio gruppo parlamentare, perché si avventura su questi percorsi legittimando nei fatti il fenomeno dei franchi tiratori interni? Non guasterebbe al PD un po’ di disciplina di partito, e di gruppo parlamentare?
Se il motivo del mancato accordo con M5S e Sel su un testo forte è la tenuta della maggioranza che sostiene il governo, perché si approva un emendamento di Scelta Civica che è un partito di opposizione anch’esso?
Il secondo firmatario della legge è Alessandro Zan, di Sel. Perché non è stato favorito l’accordo con il partito che ha firmato la proposta di legge, invece di rincorrere a tutti i costi i cattolici?
Ah, saperlo.