Gli antichi conquistatori iberici, questa volta, sono venuti in pace e hanno esportato cultura democratica: c’è chi pensa che senza la legge del 2005 con la quale l’allora primo ministro spagnolo Zapatero ha consentito anche agli omosessuali di sposarsi e di adottare dei figli, la svolta glbt nel Centro e Sud America alla quale stiamo assistendo in questi ultimi anni sarebbe ancora un orizzonte lontano. “Zapatero e i socialisti spagnoli hanno demolito il mito che i paesi ispanici e cattolici abbiano una tradizione non adatta a questo tipo di norme”, ha dichiarato al quotidiano El País all’inizio di aprile il politologo messicano Lozano Genaro in un’inchiesta su quanto il machista Latino America sia pronto per il matrimonio gay. Gli fa eco il concittadino deputato del partito socialdemocratico Prd David Razú per spiegare un progresso legislativo davvero inimmaginabile qualche anno fa: quelle leggi in Spagna “sono state uno spartiacque fondamentale […]. I diritti civili sembrano sempre scandalosi in un primo momento, ma poi vengono assimilati senza problemi. Quale persona sana di mente potrebbe proibire, al giorno d’oggi, il matrimonio interrazziale?”.
Proprio David Razú è stato il principale promotore della legge che dal 21 dicembre 2009 consente il matrimonio egualitario nella capitale messicana, prima città in assoluto in America Latina. Le ha fatto seguito un’analoga riforma fortemente voluta dalla presidente Cristina Fernandez Kirchner e approvata in Argentina nel 2010. Inoltre, in nove stati su ventisei del Brasile, più il Distretto Federale che comprende la capitale Brasilia, a partire dal 2011 è possibile sposarsi tra gay e lesbiche. Infine, dallo scorso aprile, l’Uruguay è diventato il dodicesimo stato nel mondo dove è vigente il matrimonio per tutti. In Colombia, nel frattempo, la discussione parlamentare in questa direzione è così avanzata da prevedere l’approvazione di una legge simile entro il prossimo mese di luglio.
A parte quest’ultimo paese governato dal centrodestra, tutti gli altri stati latinoamericani dove è passato il matrimonio gay sono guidati da premier e coalizioni riconducibili al centrosinistra. Eppure questo non sembra sufficiente a spiegare la rivoluzione libertaria che nel centro e nel sud del continente americano sta seriamente assumendo le proporzioni dell’inevitabilità.
Secondo Alfredo Somoza, giornalista di origini argentine esperto di America Latina e presidente dell’Icei (Istituto cooperazione economica internazionale), occorre guardare alla storia recente di questi paesi: “Persino le dittature più efferate che hanno funestato il Sud America negli anni Settanta e Ottanta non avevano gli omosessuali come obiettivo specifico da colpire, tranne a Cuba; inoltre, nei momenti più bui delle crisi economiche recenti – pensiamo al default argentino del 2000 – le proteste delle popolazioni non hanno mai preso una piega xenofoba o omofoba come sembra invece stia succedendo in Europa in questi ultimi tempi. I movimenti politici che hanno appoggiato con entusiasmo l’elezione di Lula in Brasile, o dei Kirchner in Argentina, hanno capito molto bene che l’ingiustizia sociale ed economica subita negli anni del neoliberismo più sfrenato andava a braccetto con la messa in discussione dei diritti civili fondamentali. Ora quei movimenti sono cresciuti, sono diventati interlocutori ascoltati e rispettati dai governi in carica. Io credo si rendano conto che per la prima volta nella storia del loro continente possono davvero cambiare le cose attraverso leggi votate democraticamente”.
Nemmeno la chiesa cattolica è riuscita a frenare gli avanzamenti legislativi glbt, perché, continua Somoza, “a queste latitudini i cattolici non hanno più l’influenza di un tempo. Non parliamo del potere economico, che rimane considerevole, quanto del numero effettivo di seguaci e di fedeli, crollato drasticamente negli ultimi anni anche in seguito all’ascesa delle chiese evangeliche e pentecostali, comunque a loro volta note per essere nemiche acerrime dei gay”.
Insomma, in America Latina gli avversari religiosi dei diritti civili sono frammentati e la chiesa cattolica non ha più l’esclusiva: “Basti pensare a cosa succede nei dibattiti televisivi: in Italia siamo abituati a vedere invitati solo preti e cardinali a commentare amabilmente le questioni etiche o sociali più disparate. In Argentina, invece, è d’abitudine chiamare, a pari condizioni, il prete, il mullah, il rabbino… persino il rappresentante della massoneria, in quanto laico! C’è da dire che i rapporti tra il neo papa Francesco – ex vescovo di Buenos Aires – e i coniugi Kirchner erano tesi da molto prima che venisse approvata la legge nazionale sul matrimonio egualitario. Immagino che la presidente non sia per nulla contenta della salita al soglio pontificio del cardinal Bergoglio”.
Se da una parte l’elezione di un papa argentino serve alla chiesa cattolica, secondo Somoza, per recuperare terreno in Sud America e ritrovare l’identità perduta tra i veleni e i velluti dei corridoi vaticani, d’altro canto la novità di un pontefice del Cono Sud è una nemmeno tanto velata dichiarazione di ostilità verso quei paesi sudamericani che evolvono così velocemente in tema di diritti civili, considerato che in Europa la partita è data ormai per persa (tranne, ovviamente, in Italia).
Ne è convinto anche Paul Caballero, leader dell’associazione gay Comunidad Homosexual Argentina (Cha), quando ammette che papa Francesco è a tutti gli effetti “un messaggio per tutti i cristiani: continuate a condannare e a stigmatizzare l’omosessualità. Qui da noi la chiesa ha manifestato in ogni modo la propria contrarietà alla legge sul matrimonio gay, con comizi, proteste rumorose, pressioni politiche. Ma la gran parte della società argentina ha capito che non si tratta di un affare religioso, ma solo dell’allargamento dei diritti civili”.
Caballero è d’accordo con Somoza nel constatare che queste leggi innovative non piovono dall’alto, non sono il frutto della benevolenza di qualche governante illuminato, ma sono più verosimilmente il faticoso traguardo di anni e anni di acceso confronto tra le parti sociali. Somoza osserva poi che il trattamento legislativo degli affetti e dei progetti di vita è proprio il tipo di argomento che appassiona la gente sudamericana e che tiene banco senza sosta, con appassionati dibattiti, su giornali e televisioni; i temi economici, invece, ultimamente ricevono reazioni popolari molto più fredde e distaccate.
“In Argentina l’approvazione del matrimonio gay è arrivata dopo che le associazioni glbt come la nostra hanno trovato il sostegno politico di una maggioranza parlamentare che ha capito l’importanza dei diritti delle nostre famiglie”, ricorda inoltre Caballero. “Non c’entra affatto l’influenza degli Stati Uniti o dell’Europa, come ha insinuato qualcuno, ma solo l’aspirazione dei cittadini che vogliono sentirsi uguali davanti alla legge. Tieni presente che la stessa presidente Fernandez, all’inizio, era favorevole al matrimonio egualitario ma nettamente contraria all’adozione. Col tempo ha compreso che questo diritto non si poteva negare ipocritamente, visto che in Argentina era già consentito adottare per i single e molte coppie gay e lesbiche avevano optato per questa possibilità”.
Col raggiungimento di questi ambiziosi obiettivi, però, il lavoro delle associazioni glbt come Cha non è certo terminato, e sarebbe ingenuo pensare che le leggi da sole possano bastare ad arginare i gravi flagelli dell’omofobia e della transfobia che ancora investono il continente, anche nella forma di violente aggressioni fisiche. Basterebbe ricordare come solo in seguito alla tortura e all’omicidio da parte di un gruppo di neonazisti del ventiquattrenne gay Daniel Zamudio, nell’aprile 2012, il parlamento cileno abbia finalmente approvato una legge anti discriminazione intitolata poi al ragazzo ucciso. In Cile e Perù, ricorda Somoza, “l’isolamento geografico tra le Ande e l’oceano è diventato anche isolamento storico e le innovazioni arrivate da altre parti in quei due paesi faticano ad attecchire”, cosicché i progetti di legge sul matrimonio egualitario sono ancora di là da venire.
Ma le condizioni peggiori, da questo punto di vista, si trovano in Brasile e in Messico, entrambi ai primi posti nelle classifiche mondiali su aggressioni e omicidi di gay, lesbiche e trans. “I brasiliani sono molto rilassati a proposito dell’omosessualità”, rileva Somoza: “la cultura carioca esalta l’ambiguità sessuale tanto che il grande cantautore Caetano Veloso non ha mai nascosto di essere gay”. Proprio di recente la neo ministra alle politiche femminili Eleonora Menicucci ha fatto coming out rivelando di essere bisessuale e di essere, parole sue, “nonna di una bambina avuta da inseminazione artificiale da una madre lesbica”.
Tutta questa disinvoltura si ferma però alle porte delle favelas e delle zone più povere e violente del Brasile, dove spesso le transessuali che si prostituiscono sono invischiate col narcotraffico armato: “Questi sono gironi infernali di marginalità estrema, e a rimetterci con la vita sono spesso le frange più deboli della società come gay e trans”, ammette Somoza. “Le prostitute trans che vengono in Italia non lo fanno certo per questioni economiche, ma perché qui da noi possono lavorare in tranquillità”.
Il caso del Messico rientra appieno, invece, nella “pesante cappa di oppressione e di violenza derivata dal culto del “maschio forte” che si respira in tutto il Centro America e nei paesi caraibici”.
È ancora più sorprendente allora pensare a quanto coraggio politico ci sia voluto per approdare alla legge sul matrimonio egualitario a Città del Messico, fermo restando che “la situazione nelle grandi città è certamente migliore rispetto alla campagna profonda, dove le consuetudini culturali che portano al femminicidio – causa di centinaia di vittime ogni anno – e allo stupro in famiglia socialmente accettato sono più difficili da sradicare”.
Tra le nuove luci e le molte ombre che ancora resistono, il cammino dei diritti glbt nell’America Latina sembra comunque tracciato, smentendo clamorosamente il motto di uno striscione visto appeso alle finestre dell’ufficio di un mito latino macho come Ernesto Che Guevara: “La Revolución no pasa por el hojo del culo” (La rivoluzione non passa per il buco del culo).