L’espediente narrativo iniziale, trattandosi di una storia che viene dal passato, è “naturalmente, un manoscritto”, come scrive Umberto Eco ne Il nome della rosa, anche se si tratta in questo caso di una audiocassetta che presenta su un lato la scritta ingiallita Catania 1987. La cassetta contiene un’intervista in cui un uomo anziano racconta quanto succedeva a Catania alla fine degli anni Trenta, quando era un ragazzo e veniva condannato al confino perché omosessuale o, come si diceva in quegli anni in Sicilia, un arrusu, che con molta approssimazione possiamo tradurre con “omosessuale passivo”.
Si delineano da qui tre storie ambientate in epoche diverse. Una, di oggi, è quella dei due ragazzi, Giacomo e Federico, che trovano la cassetta e vengono a conoscenza di fatti del passato a loro sconosciuti. La loro storia si snoda tra difficoltà di amare, un forte senso di possessività e indecisioni sulla natura dell’amore tra due uomini che caratterizzano in particolare uno dei due ragazzi. Una seconda storia è quella di Francesco, zio di uno dei due ragazzi, giornalista gay, a Catania negli anni Ottanta per intervistare uno degli arrusi catanesi perseguitati dal fascismo. Qualche giorno prima del suo viaggio in Sicilia Francesco ha saputo della sieropositività del suo compagno Matteo e la loro storia ha a che fare con le paure legate all’Aids che proprio in quegli anni coinvolge tanti omosessuali. Una terza vicenda, che prende le mosse dall’intervista è quella di Luigi, l’arrusu catanese che vive negli anni Trenta l’umiliazione del confino alle Tremiti e poi, al ritorno, il difficile reinserimento nella città e il sogno mai realizzato di andarsene in America.
La storia più bella e coinvolgente è la più antica, quella di Luigi e del suo anno di confino, forse perché la più drammatica e più ricca di personaggi che, anche con le loro fragilità e le loro debolezze, sono la testimonianza di una forma di resistenza che gli omosessuali sono stati in grado di esprimere anche nei momenti di maggiore repressione.
Variamente intrecciate e tenute insieme con sapienza narrativa, le tre storie sono comunque portate avanti con fermezza e con una scrittura “emozionale” attenta ai dettagli di ascendenza tondelliana che appassiona e il romanzo coglie bene l’evolversi della percezione dell’omosessualità in quasi un secolo di storia, ma anche i nodi irrisolti, i colpevoli silenzi, le difficoltà a superare i pregiudizi. Così nelle ultime pagine del libro uno dei due ragazzi si chiede per quale motivo lui che ha 22 anni, che ha un diploma e una quasi laurea, che è gay, non ha mai sentito parlare del confino a cui sono stati condannati tanti omosessuali alla fine degli anni Trenta in Italia. “Perché non c’è un cazzo di libro di storia, o di documentario, o di film, o di festività nazionale che ricordi e commemori anche i poveri froci che sono stati privati della loro libertà?”.
Mettendo insieme il suo amore per la letteratura e la sua capacità di trasformare in storie che emozionano e appassionano documenti di cui oggi siamo a conoscenza grazie all’impegno di studiosi gay (da Giovanni Dall’Orto, tra i primi a studiare il confino degli omosessuali nel periodo fascista, a Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio, autori del bel libro La città e l’isola, a Lorenzo Benadusi, autore del saggio Il Nemico dell’Uomo Nuovo, tutti ricordati nei ringraziamenti alla fine del libro) l’autore scrive un romanzo gay “militante” che è insieme una bella storia sull’amore e sulle difficoltà di amare, ma che è anche un importante appello alla memoria civile e che esprime bene il bisogno degli omosessuali, come di tutti, di avere una storia che parli di loro, che rievochi i torti subiti e le strategie di resistenza che sono stati in grado di elaborare.
Sottolineando che si tratta di un libro “militante” non si vuole, ovviamente, sminuire il romanzo, ma evidenziarne piuttosto la forza, perché in Italia, dove il tema dell’eguaglianza di ogni forma d’amore è ancora una lontana aspirazione, l’omosessualità è ancora, a differenza della maggior parte dei paesi occidentali dove ormai si parla di letteratura post-gay, un tema di grande impegno civile oltre che di straordinaria forza narrativa.