L’annosa diatriba intorno alla sessualità variopinta del divo Rodolfo Valentino (1895-1926) non è certo stata risolta. Il fatto che fosse il “Grande Amatore” dello schermo l’ha sempre fatto confondere con i personaggi che lui stesso, con sottile auto-ironia, incarnava sugli schermi. Muto, come nelle sue pellicole, non si è mai espresso a proposito di materia sessuale femminile, tranne in alcuni accenni galanti in un diario pubblicato, molto rimaneggiato da un ghost-writer, nel 1924. In realtà sulla sua vita omosessuale molto s’è appreso nella bellissima biografia che l’inglese David Bret pubblicò nel 1998. Agli scettici che vogliono a tutti i costi vedere il bel Rudy come esclusivo donnaiolo c’è da ribattere che se da un lato non s’è mai trovata anche una benché minima sua lettera d’amore indirizzata a un uomo, così non è mai stato ritrovato nemmeno un rigo a riprova che fosse andato effettivamente a letto con una donna. Volendo applicare lo stesso principio di ricerca, invece di voler negare l’evidenza dei suoi rapporti intimi con famosi omosessuali, potremmo anche andare a indagare chi fossero “veramente” tutte quelle donne date per scontato come sue amanti. Senza tralasciare le sue due mogli, non solo notorie opportuniste senza scrupoli ma ben note lesbiche di Hollywood e dintorni.
Valentino conobbe la sua prima moglie Jean Acker (1893–1978) durante un party, nel settembre del 1919, a casa dell’attrice Pauline Frederick (1883–1938). Quest’ultima, oggi è assodato fosse stata una delle amanti dell’attrice-regista Alla Nazimova (1879–1945). Era stata la Nazimova a “scoprire” l’aspirante attrice Jean Acker a New York, se n’era invaghita e l’aveva portata con sé in California per raccomandarla presso una casa cinematografica. La Acker appena arrivata a Hollywood ruppe con la Nazimova per buttarsi nelle braccia di un’altra attrice lesbica, allora rinomata, di nome Grace Darmond (1898–1963). Quando la Acker incontrò Valentino era nel pieno di questa love story e aveva già avuto piccoli ruoli sullo schermo. La Darmond, d’origine canadese, non farà altro che contrarre matrimoni di “copertura”. Quello con un certo Henry J. Matson, sposato nel 1926, non durerà che pochi mesi. Mentre il matrimonio tra la Acker e Valentino, celebrato dopo un mese dal loro incontro, non durò che una notte ed è sicuro che non fu “consumato”. Valentino voleva dei figli da lei e fu chiuso a chiave fuori dalla camera da letto. Tutto ciò, però, non importava affatto alla Nazimova, perché nel frattempo s’era già messa in coppia fissa con uno dei più grandi amori di tutta la sua vita, cioè con la scenografa e costumista Natacha Rambova (1897–1966), colei che sarebbe diventata la seconda signora Valentino qualche anno dopo.
L’incontro tra Rudy e la Rambova, avvenne quando la Nazimova andò a fargli visita sul set di Uncharted Seas, all’inizio del 1921. Lui non era ancora un divo. La Rambova accompagnava la Nazimova nelle vesti di sua “direttrice artistica”, perché quest’ultima stava cercando un nuovo partner per il suo film Camille. Valentino le fu raccomandato dalla sua amica June Mathis, sceneggiatrice di Camille nonché de I quattro cavalieri dell’Apocalisse in cui aveva “imposto” alla casa di produzione il suo amico Valentino. La Rambova in realtà era americanissima e di vero nome facera Winifred Shaughnessy. Nata da una famiglia molto agiata, formatasi in un collegio in Inghilterra e infine trasferitasi da una zia in Francia per farsi una cultura cosmopolita. Costei altro non era che l’arredatrice lesbica Elsie De Wolfe (1865-1950), meglio nota come Lady Mendle, all’epoca celeberrima e fulcro della Café-Society internazionale. Tornata a New York, la Rambova entrò nella scuola del ballerino russo Theodore Kosloff. Dal 1917 lei vi si dedicò completamente per scene e costumi. Quando Kosloff, nel 1919, decise di fondare una scuola a Los Angeles, lei lo seguì. Durante un ingaggio del ballerino russo per un film di Cecil B. De Mille, la Rambova iniziò a proporsi come designer e un suo incontro con la superstar Alla Nazimova ne segnò il destino.
Tutte queste donne “straordinarie”, come la Rambova, Nazimova e le altre, si possono catalogare come le “vamp”, le vampire. Rodolfo Valentino nei suo diari privati del 1924, seppure di sicuro rimaneggiati per la pubblicazione, scrive che la donna ideale è la Madonna. A un certo punto dice: “Le donne non sono affascinanti senza la componente materna. Gli manca qualcosa d’essenziale”. Valentino non si rende ben conto che, di lì a due anni, odierà la moglie Natacha Rambova proprio per queste ragioni. Poi aggiunge: “Le donne che non sanno essere affettuose sono da evitare, possono essere compiacenti quando sei sulla cresta dell’onda, o durante la fase dell’innamoramento, ma quando lo slancio emotivo è scemato ti si rivoltano contro ringhiando e in molti casi ti rinnegano… perché mancano di tenerezza… la fiamma dell’amore non è custodita in un cuore non protettivo.” E poi ci tiene anche a rimarcare: “Se la donna in quanto madre è premurosa, la donna in quanto femmina è una tigre, e si delizia di sottili crudeltà. Misura il suo potere contemplando il sesso opposto che soffre a causa sua. È infatti risaputo che quando a una donna manca l’istinto materno, sono dolori.” Praticamente, Valentino nel suo intimo odia queste donne troppo “virago”, eppure se n’è sposate due.
La Rambova lasciò Valentino una volta terminata la nuova casa-reggia di “Falcon Lair”, dove lui voleva metter su famiglia. Cioè, avere dei figli. È risaputo che la moglie non ci volle mai mettere piede. Lei fuggì improvvisamente a New York, il 13 agosto 1925, e non tornò mai più. La Rambova venne esclusa dal testamento del marito, salvo per un dollaro, lasciatole per insulto. Lei continuò a sfruttare la fama di Valentino anche dopo morto. Pubblicò anche due libri in cui sosteneva d’essere in contatto con lui attraverso le sedute spiritiche. La ribalta della morte spettacolare di Valentino, fu cavalcata dall’ultima delle sue presunte amanti. Cioè, l’attrice polacca Pola Negri (1897–1987) che poi poté vivere di rendita su tale reputazione. Naturalmente lei se ne dichiarava innamorata e inconsolabile, ma solo otto mesi dopo la morte del divo si unì col principe Serge Mdivani. Sposato per “copertura” reciproca, lo lasciò dopo il crollo della borsa nel 1929, perché in rovina. Ma il declino giunse anche per Pola Negri, perché con l’avvento del sonoro il suo accento polacco la faceva sembrare ridicola. Lei allora andò in Francia e Germania, dov’era famosissima, per girare nuovi film. In Germania però non vollero farla lavorare, in quanto figlia di madre ebrea. Ma la Negri, rientrava tra i feticci dello spettatore cinematografico Adolf Hitler, il quale alla fine concesse l’autorizzazione necessaria.
La Negri era una donna disposta a tutto. Tanto che a Hollywood si prestò a fare la “fidanzata” di professione. Dal 1922 al 1924, diventò per motivi pubblicitari la “copertura” per Charles Chaplin. Lui aveva sempre il debole per le amanti bambine. Al giorno d’oggi si chiamerebbe pedofilia. Chaplin, mentre si faceva vedere in pubblico con la Negri, aveva una tresca con la dodicenne Lita Grey. Che poi fu costretto a sposare quando rimase incinta all’età di sedici anni. La Negri allora passò a un nuovo diversivo, facendo finta d’essere la fidanzata dell’attore Billy Haines con cui annunciò l’imminente matrimonio. Anche se in realtà lui era totalmente gay. Haines, con l’avvento del sonoro rinunciò al cinema e divenne un celebe arredatore. Finendo travolto in uno scandalo gay nel 1936. Dalla fine del 1925, dopo la fuga della Rambova, la Negri viene fatta passare come “l’amica” di Valentino. Non si sa cosa accadde tra i due. Lei voleva farsi sposare per interesse, lui non era più disposto a ricadere per la terza volta in un lavender marriage, un “matrimonio lilla” com’era definito a Hollywood queste genere di unioni tra gay e lesbiche. Uno dei più famosi fu quello di Alla Nazimova con l’attore inglese Charles Bryant, dal 1912 al 1925. Addirittura un matrimonio finto, mai celebrato. Lui fu anche il regista del film all gay Salomè (1923) con la Nazimova. La Negri, da gran furba, riuscì sempre a farla franca, almeno fino a tempi recenti.
Il primo a scoprirle gli altarini fu l’americano Boze Hadleigh nel suo libro del 1994 Hollywood Lesbians. Ove incluse un’intervista del 1980 all’allora anziana costumista Edith Head (1897–1981). Naturalmente costei fu disposta a sparlare un po’ di tutte le attrici a lei antipatiche, ma non certo a dire che lei stessa, benché sposata, fosse lesbica. La Head accenna al fatto d’aver letto l’autobiografia pubblicata da Pola Negri nel 1970 e d’averla trovata, dalla prima all’ultima pagina, totalmente falsa. Addirittura dichiarò che la Negri non era bisessuale ma totalmente saffica. La Negri preferì spargere voci d’una sua presunta love story con Hitler, piuttosto che ammettere d’avere amato le donne. Per puro caso ho trovato un riscontro sulla vita privata della Negri nei diari della marchesa Hortense de la Gandara (1871-1960), pubblicati solo nel 2007. Nel capitolo dedicato al 1935, lei racconta d’essere andata a Parigi a trovare la sua amica Francesca d’Orsay (1873-1938) e forse, con falsa innocenza, racconta un piccante pettegolezzo. Scrive: “La mia ultima serata parigina si concluse bizzarramente da Francesca d’Orsay, che in questo momento ospita una celebrità: la famosa attrice Pola Negri (…). A cena siamo quattro (…) La conversazione è allegra, si parla di sorprese: “Per me, è una bella sorpresa questa sera, trovare qui riunite due dame come Madame Negri e Francesca!”. Tutti ridono, ma il mio commento non ha nulla d’impertinente; è semplicemente una constatazione. Dopo cena (…) Madame Negri si ritira nella stanza di Francesca per sbrigare della corrispondenza urgente, e noi restiamo sole, Francesca e io (…) Presto è l’ora di andare: il divano su cui siamo sedute dovrà essere coperto con le lenzuola di Madame Negri.” Cioè, la Negri nel 1935 è talmente povera e non ha i soldi per andare in un hotel? Mi sembra assolutamente improbabile. Oppure fa finta di dormire sul divano mentre fa altro con la contessa d’Orsay. I sospetti sono fondati.
La contessa era in realtà italiana, nata dai principi siciliani Notarbartolo. Rimasta vedova si maritò col francese conte Grimaud d’Orsay. Un altro matrimonio di copertura, perché la contessa è una delle lesbiche più famose della Belle Epoque. Amica di D’Annunzio, era però l’amante della baronessa Ilse de Deslandes (1866-1929), della quale il tout-Paris tramandava le gesta. Intima di Oscar Wilde, musa pre-raffaellita e poetessa sotto pseudonimo maschile, Ilse aveva intrecciato love stories con donne ricche e potenti. Tra cui la scrittrice Natalie Clifford Barney e la principessa Winnaretta Singer de Polignac (erede del Singer delle macchine da cucire). Tutte donne d’un gran mondo lesbico del quale noi, oggi, non possiamo immaginare neppure l’esistenza. E invece…