Leggere tutto d’un fiato un libro di ricette è più o meno come eseguire la stessa operazione con un dizionario o con l’elenco degli utenti collegati a Grindr se vi trovate in un’area molto popolata: una noia mortale. Non è questo perciò il metodo che consigliamo per affrontare Pomodori sull’orlo di una crisi di nervi (Cairo editore), nuova fatica gastro-letteraria di Alessandro Fullin scritta con la collaborazione del cuoco Stefano Chiara e dell’enologa Adua Villa, con l’aggiunta delle illustrazioni di Giovanni Battistini. Questo testo che fonda di fatto nella nostra lingua il genere della cucina openly gay va piuttosto compulsato con giudizio, correndo qualche rischio di compulsività.
Un libro di cucina “fusion”, comunque, perché come specifica l’introduzione il suo fine ultimo “è di mettere intorno al tavolo le persone di qualsiasi razza e orientamento sessuale”. Eppure, solo i cultori di un certo gusto camp riusciranno a ottenere le maggiori soddisfazioni dall’uso frequente di questo manuale. Già il glossario inserito nelle prime pagine offre qualche indizio in proposito, spiegando per esempio che “acidulare” significa “immischiarsi nelle ricette altrui con i vostri commenti” e “stufare” vuol dire invece “riproporre ossessivamente lo stesso piatto all’uomo della vostra vita”. Quando poi si entra nel vivo della didattica gastronomica arriva la prova inconfutabile già dalla prima ricetta: “Coscette di pollo alle Kessler”. Il testo smaschera subito un’intenzionale irriverenza chiarendo che “vanno servite rigorosamente in coppia. La coscetta di sinistra si chiamerà Alice, quella di destra Ellen”. La scheda di preparazione consiglia inoltre, alla voce “difficoltà”, di “servire il piatto ballando il dadaumpa”. Siamo nel capitolo dedicato ai “piatti per le occasioni importanti”, dove poco più avanti troviamo la ricetta che dà il titolo al libro con il seguente commento introduttivo: “Se è proprio vero che Cupido tira le frecce ma soffre di congiuntivite è il momento di sfogare la vostra rabbia prendendo il coltello e vendicandovi su degli innocenti pomodori”. Proseguendo arriviamo alla “Mykonos Salad”, preceduta da un aforisma da scolpire nel marmo (“Quando Dio distrusse Sodoma tutti capirono che non era mai stato a Mykonos”) e seguita da un consiglio per il film del dopocena: Medea di Pierpaolo Pasolini interpretato dalla divina Maria Callas nel tragico ruolo della protagonista. “La Callas”, argomenta Fullin, “si dimostra dispiaciuta fin dal primo fotogramma ma continua imperterrita nella sua mission (far fuori i figli per vendicarsi dell’amante infedele ndr) incoraggiata da voluminosi gioielli etnici e da una lacca che non la tradisce neanche quando soffia il vento dell’Egeo”.
Superati poi lo “Stonewall di patate” (con preziose dritte sull’uso sociale della tovaglia per una cena gay ben riuscita) e la “Torta Germanotta”, approdiamo alla seconda sezione (“I piatti della mamma”), dove un classico come il “Tacchino in foulard” viene imbandito con imprescindibili note di storia del costume: “Nato nel 1937 il foulard, (…) è stato l’accessorio più usato dalla moda femminile del Novecento. Amato soprattutto da Audrey Hepburn si racconta che l’attrice avesse centinaia di foulard ma solo due camicette e due gonne”. La “Dieta Garbo” è invece una ricetta estiva per chi è alle prese con una bilancia che “non riesce più a mentire”. Dietro l’apparente semplicità richiede abilità eccezionali, come “assumere il pasto con l’espressione della Divina in La Carne e il diavolo (quando la poveretta, delusa dai suoi amanti, probabilmente gay, corre verso una lastra di ghiaccio che naturalmente si rompe al suo passaggio)”.
Ci immergiamo successivamente nel capitolo dedicato a “piatti e gay regionali”. Qui la parte del leone la fanno le osservazioni antropologiche sulle specificità locali degli omosessuali disseminati nella penisola. Così vengono descritti i gay veneti: “Occhi bizantini e ciglia levantine, pettorali occidentali e gambe d’oriente. Misteriosi, poi, i polpacci forse dalmati. I gay veneti, per chi li avvicina, sono un autentico viaggio. Come Marco Polo vi faranno vedere, ma solo a pochi fortunati, anche la Cina”. Dei romani si riconoscono invece i meriti storici: “Malgrado non abbiano vinto da secoli un’altra guerra punica, si sentono ancora al centro del mondo. Da loro quindi una grande lezione filosofica: sentirsi da Tiffany anche quando si spinge il carrello alla Coop”. I calabresi, infine, “rappresentano un vero pericolo per chi non ama il peperoncino. Celebri per la loro gelosia vi offriranno un menùdi lacrime e catene: per chi ama la ferramenta un’occasione da non perdere”.
Seguono i “piatti per eterosessuali” e quelli “per sedurre lui”. Ma lo humour più estremo arriva verso la fine, quando giustamente si parla dei cocktail. Quello che conta è l’espressione consigliata per shakerare: per la “Grattachecca alla mela” è di rigore “Liz Taylor quando non trova la scala per scendere dalla Sfinge in Cleopatra (1963)”. Quanto alla preparazione dei salatini, si dovrebbe girare con il vassoio tra gli ospiti copiando “Barbara Hale quando comincia a dubitare dell’efficacia di certi insetticidi in l’invasione dei ragni giganti (1975)”. Naturalmente quelli che abbiamo elencato fin qui sono solo degli assaggi. E il bello è che dopo qualche risata tra amiche ci si può sempre mettere ai fornelli perché le ricette sono assolutamente vere e solide come i consigli sui vini da accompagnare ai cibi. Se qualcosa dovesse andare storto ve la potete prendere con gli autori al sito www.cucinagayitaliana.it