Dagli anni Ottanta del secolo scorso, esplorati con una attenzione penetrante e impietosa nel precedente romanzo La linea della bellezza, Alan Hollinghurst, tra i maggiori scrittori inglesi contemporanei, volge ora lo sguardo a tutto il Novecento con una storia di grande suggestione che attraverso cinque nuclei narrativi rappresenta i profondi mutamenti dell’Inghilterra dell’ultimo secolo.
La storia ha inizio nel 1913: il giovane George Sawle torna a casa da Cambridge con il suo amico del cuore Cecil Valance, un ragazzo che suscita immediata simpatia: è un mediocre poeta, ma sprizza lussuria da ogni poro, è bello, audace e seduttivo. La sorella sedicenne di George, Daphne, cade letteralmente ai suoi piedi, e quando il ragazzo, gratificato da tanta attenzione, scrive sul suo quaderno una poesia dedicata a casa Sawle, I due acri, lei la legge come una dichiarazione d’amore. In realtà Cecil è attratto più da George che da Daphne e i tre giorni vissuti ai “Due acri” sono caratterizzati da una forte attrazione erotica che i due ragazzi vivono in maniera clandestina, ma con tutta l’esuberanza della loro giovinezza.
Cecil Valance, personaggio di fantasia ispirato alla figura del poeta Rupert Brooke, muore giovane durante la prima guerra mondiale ma rimane il protagonista del romanzo e la sua vita sarà ancora lunga non solo nel ricordo di chi lo ha conosciuto, ma anche nell’immaginario collettivo dell’intera Inghilterra: quei modesti versi scritti sul quaderno di Daphne diventeranno infatti famosi fino a simboleggiare l’eroismo di tutti i soldati inglesi della grande guerra, entreranno nelle antologie scolastiche e saranno perfino citati da Winston Churchill sul Times.
Nella seconda sezione del romanzo siamo nel 1926: Cecil, passato nella vita come un ciclone per diventare presto oggetto di culto, è presente ora “in una forma marmorea altamente idealizzata”: una scultura di marmo bianco lo raffigura infatti nella cappella di famiglia e intorno alla sua effigie ci sono entrambe le famiglie, i Sawle e i Valance diventati parenti perché Daphne ha sposato il fratello del poeta eroe morto in guerra, e ci sono biografi e critici che scrivono libri su di lui, accumulando sul suo nome montagne di retorica e di mistificazioni. Intanto la signora Freda Sawle ha provveduto a distruggere le lettere di Cecil a George (lettere che “facevano rizzare i capelli sopra la testa, alcune!”) e il giovane Sawle, “divorato dalla vergogna e dall’orrore per il fatto che la madre sapesse cos’era successo”, si consacrerà a una “virtuosa infelicità” sposando una donna che non ama. Il rimpianto di non aver vissuto, soffocato dall’ipocrisia e dalla vergogna, accompagneranno tutta la sua esistenza e verranno meno solo quando la vecchiaia allenterà un po’ i freni inibitori. Nel frattempo la sorella che ha sposato il fratello più giovane di Cecil passerà da un marito all’altro e da un amante all’altro per vivere anche lei una vita fondamentalmente infelice.
Nelle altre tre sezioni del romanzo (ambientate rispettivamente nel 1967, negli anni 1979-1980 e nel 2008) Cecil sarà ancora al centro della narrazione, ma a parlare di lui sono ora studiosi gay che intendono dare una versione più aderente alla verità della sua biografia, che provano a ripulire la sua immagine degli strati di menzogna e di ipocrisia che ancora la coprono. Il romanzo si arricchisce così di altre atmosfere e di altri personaggi che lavorano a una rilettura del passato e la vicenda di Cecil Valance è lo spunto per un grande affresco della storia inglese, delle sue ipocrisie ma anche dei mutamenti culturali che l’hanno caratterizzata. A cominciare dal modo di vivere l’omosessualità, dalla condanna e dalla clandestinità dell’inizio del secolo alla legittimazione delle coppie dello stesso sesso degli ultimi anni. Un romanzo magnifico, ricco di tante suggestioni e riflessioni ma soprattutto scritto benissimo. Con una prosa raffinata che riesce a descrivere ambiguità e sfumature psicologiche come solo la grande letteratura sa fare.