“Sì ai matrimoni? Europa, Cameron, Hollande, Obama… mia nonna!”, è il riuscito cartello artigianale esposto all’obbiettivo di un fotografo da alcuni militanti glbt al Bologna pride di quest’anno. Un altro click. A scattare, questa volta, è un professionista che immortala qualche politico gay sorridente seduto a un tavolo di autorità in una sala pesantemente affrescata e intento nel lancio di una proposta di legge di iniziativa popolare per le unioni civili. Solo apparentemente le due fotografie riguardano lo stesso tema e cioè la rivendicazione della piena parità di diritti per gli omosessuali e le loro famiglie. I due scatti, al contrario, raccontano due universi ormai distanti, nei valori, nelle prassi e nelle scelte strategiche. Da una parte c’è qualche politico gay orientato, probabilmente per non urtare le sensibilità di partito, irrimediabilmente alle unioni civili, dall’altra ci sono i militanti e la comunità glbt che pretendono il matrimonio gay e considerano quella delle unioni una battaglia di retroguardia. Le due cerchie, vicini fino a ieri, hanno imboccato sostanzialmente strade diverse.
A provocare lo strappo a Milano, esattamente alla vigilia del pride di Bologna, Alessandro Zan assessore gay visibile a Padova del partito di Nichi Vendola Sinistra ecologia e libertà.
È lui che in impeccabile completo scuro presenta sorridente in una sala prestigiosa del Comune di Milano “una volta per tutti”: una iniziativa politico-mediatica di sostegno alle unioni civili che porterà una proposta di legge di iniziativa popolare “avanzata e in linea con la costituzione” in parlamento. Ci saranno sei mesi di tempo per raccogliere 50 mila firme, e l’iniziativa estiva Padova Pride Village sarà d’aiuto, per poi depositare la legge che andrà ad affiancarsi alle dodici altre proposte sul medesimo problema aperto, tante infatti ne abbiamo contate tra Camera e Senato, che giacciono in perenne attesa di una discussione parlamentare.
“Abbiamo deciso di partire dal basso, dare la parola al popolo e far nascere una risposta popolare a questo vuoto giuridico”, spiega Zan, “l’ultima sentenza della corte costituzionale, che giudico arretrata, ha detto chiaramente che il matrimonio riguarda le coppie eterosessuali… per questo una proposta di legge sulle unioni civili per etero e omosessuali… diamo la parola al popolo”.
I presenti in sala, affollata nonostante l’orario mattutino, applaudono e sembrano davvero apprezzare la chiusura al matrimonio gay del politico gay Zan, opposta a quelle di innumerevoli esperti di diritto, e identica nella sostanza alle dichiarazioni di Giovanardi come “la famiglia della costituzione è quella in cui c’è un uomo e c’è una donna” o D’Alema (“il matrimonio tra un uomo e una donna è il fondamento della famiglia, per la costituzione”), e altri. Ma gli applausi e i flash dei fotografi aumentano di intensità per la comparsa del sindaco di Milano Giuliano Pisapia che fa il suo dovere. Dopo un intenso abbraccio con Zan promette che farà il registro per le unioni civili entro dicembre costi-quel–che-costi e si augura che il parlamento legiferi in tutta fretta sulle unioni. Pisapia si tiene però a debita distanza dalla proposta di legge, che né cita né firma a differenza di quanto annunciato dalla stampa alla vigilia dell’iniziativa.
Intanto sfilano al microfono Paola Concia, del Partito democratico, che, oltre al suo prezioso sostegno all’iniziativa, rivolge complimenti al ribasso a Pisapia: “Il sindaco non sta facendo nulla di rivoluzionario. Sta registrando la realtà e non è buona politica la politica che non registra le realtà e soprattutto che non la governa. Il sindaco sta solo facendo una cosa di buon senso”. Franco Grillini, responsabile diritti civili dell’Italia dei valori di Di Pietro e consigliere regionale in Emilia, presidia lo spazio politico forte del “sì” ottenuto dal suo partito al matrimonio: “Abbiamo bisogno comunque di una pluralità di istituti giuridici. Questa è una iniziativa che riapre finalmente il dibattito nel paese”. C’è spazio poi, come quasi a ogni occasione pubblica, per Aurelio Mancuso che si presenta con la sigla Equality Italia, una rete per i diritti civili collaterale al Pd che sta cercando di animare da ex presidente di Arcigay. A Mancuso, che si dice “un grande estimatore del gelato”, la proposta di legge popolare piace, ma ha anche un messaggio ecumenico per i cattolici del Pd di Milano che si misureranno con il registro di Pisapia: “Sui diritti umani, da cristiano e cattolico, non esiste l’obiezione di coscienza o si è favore o contro”.
La passione per il gelato non è declamata a sproposito: è quello della marca Ben & Jerry’s con “la coppa di fatto” omonima (e un video spot) è infatti lo sponsor ufficiale di questa iniziativa. La coppa però, come spiega il sito di Ben & Jerry’s, “non sarà un prodotto reale distribuito con questo nome, ma la testimonianza del nostro supporto alla campagna”. L’ufficio stampa, che contattiamo, non è in grado di dirci, al momento, a quanto ammonta il budget della campagna (“ci sentiamo lunedì con il settore marketing”), mentre del piano media, e cioè delle uscite pubbliche previste per “Una volta per Tutti” in tv, sui giornali e sul web ci dicono candidamente che non c’è: “È solo una iniziativa durante il Padova pride village, come comunicazione per adesso non abbiamo un piano media”. Insomma il quadro, nonostante ci dicano che Fabio Canino, Daria Bignardi, Maurizio Costanzo, Lella Costa, Marco Alemanno, Fulvio Zendrini… e tantissimi altri ancora” hanno aderito alla proposta ha un non-so-che di artigianale, almeno nella forma. Non va meglio con la sostanza.
I primi a indicare che “Zan è nudo” sono i giovani di Arcigay Padova, il feudo elettorale del politico di Sel, con una denuncia motivata dell’inconsistenza politica di “Una volta per Tutti”: “Le persone lgbt non debbono avere né meno diritti, né più diritti, né diversi diritti, ma gli stessi diritti di cui godono le persone eterosessuali”. La strigliata dei giovani inaugura il coro unanime di quel popolo a cui quei politici gay avrebbero voluto dare voce senza un confronto preventivo.
Gli avvocati di Rete Lenford, che accompagnano le coppie gay che vorrebbero sposarsi nei tribunali italiani a chiedere giustizia, in una nota dicono: “Non firmeremo questa iniziativa di legge e suggeriremo a chi ce lo chiede di non firmare”. Secondo loro, “l’intervento legislativo più semplice e rispettoso della dignità sociale delle persone consiste nel rendere il matrimonio civile accessibile a tutte e a tutti. Basterebbe un articolo in una proposta di legge. Non vi sono ostacoli in tal senso di carattere costituzionale, come ha recentemente chiarito la corte di cassazione”. Per gli avvocati infine chiedere le unioni civili “è un gioco al ribasso del tutto incomprensibile”, c’è “mancanza di coraggio e di lungimiranza dei partiti e di alcuni loro esponenti” e “si ignorano del tutto, in tal modo, la volontà e le richieste dei cittadini e delle cittadine omosessuali” .
Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Agedo, l’Associazione radicale Certi Diritti in un documento congiunto (e sottoscritto da molti) prendono le distanze dall’iniziativa partitica: “Non possiamo sostenere una proposta ‘sostitutiva’ che finirebbe solo per formalizzare la disuguaglianza” e chiedono agli organizzatori di raccogliere firme sul matrimonio gay. Il Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli sintetizza in un “vogliamo tutto” il sentimento della base. Tra le associazionii resta completamente isolata, e un po’ irriconoscibile per le vesti democristiane che indossa, solo Arcilesbica: “Siamo pronte a sostenere questa campagna, anche se non coincide con l’apertura del matrimonio civile, perché quello che ci interessa e ci preme è l’esercizio di uguali diritti, e questa legge li prevede”.
Ma non c’è solo il movimento a condannare l’iniziativa. Sui blog e sui social network è molto ampio il dibattito tra coloro che punzecchiano ferocemente i politici glbt, rinominati per l’occasione “la castina gay”. E tra un “vergogna” e un “andate a lavorare”, c’è anche un poco di analisi politica: “Paola Concia sul matrimonio gay vuol togliere le castagne dal fuoco a Bersani”, “Perché alla presentazione di Milano non c’erano leader di partito?”, “Perché chiedere qualcosa che chiediamo da 20 anni?”, “C’è dietro Vendola che non può dire sì al matrimonio gay per fare la coalizione con Bersani”, “È una operazione di make up politico di individui in cerca di una candidatura”.
Alcuni, all’opposto, fanno notare l’immobilismo del movimento gay sul matrimonio e sostengono che “non basta attaccare questa iniziativa che almeno si preoccupa di fare qualcosa”. Altri dicono che “è importante tornare a parlare alla base del paese, al popolo”. Qualcuno obietta che secondo dati Istat il 62 % è già favorevole alle unioni civili. Qualcuno è davvero molto preoccupato “se comunque non raccoglieranno le 50 mila firme ci va di mezzo tutta la nostra battaglia”.
Travolti da un insolito destino matrimonialista, altri esponenti gay di Pd e SeL, non invitati dai colleghi alla scampagnata milanese per le unioni civili, ci tengono a esprimere i loro distinguo: Saverio Aversa ci dice, via comunicato, che SeL “si è impegnata fin dal congresso fondativo a favore del matrimonio omosessuale, impegno ribadito anche nel documento conclusivo dell’ultima assemblea nazionale”. Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd, è caustico “Se una raccolta di firme si deve lanciare, insomma, può essere solo per introdurre il matrimonio: che senso ha partire già con il freno a mano tirato?”.