L’abbiamo vista sugli schermi nel ruolo di Francesca, una lesbica con desiderio di maternità, in Good As You, il film di Mariano Lamberti tratto dall’omonima pièce di Roberto Biondi. Ma è stata anche la protagonista femminile di Un altro pianeta di Stefano Tummolini. E poi una trans in Gloss. Cambiare si può, opera prima di Valeria Brandolini, e nel cast di Diverso da chi? di Valerio Riccioni. Sembra che in una pellicola a tematica gay/lesbica Lucia Mascino non possa mancare. La sua solida formazione viene però dal teatro: dal 1995 studia a Pontedera con registi e pedagoghi russi, francesi e cecoslovacchi, per poi iniziare la carriera sotto l’egida di registi come Valerio Binasco e Giorgio Barberio Corsetti, con il quale si lega in un sodalizio artistico durato 5 anni. Lavora anche con Giancarlo Cobelli, Antonio Calenda, Monica Conti, prima dell’incontro che le ha cambiato la vita: quello con Filippo Timi, attore, drammaturgo e regista che la vuole accanto in Il popolo non ha pane, diamogli le brioche, originale rivisitazione dell’Amleto, e in Favola, surreale parabola con cambi di sesso a volontà, in tournée per il secondo anno. Le due pièce (insieme a Giuliett’e Romeo m’engolfi l’core, amore, riscrittura in volgare perugino della tragedia scespiriana) torneranno in scena in luglio al teatro Franco Parenti di Milano in occasione delle riprese video. Altro auspicato ritorno a breve è quello di Piccoli pezzi poco complessi, ispirato al romanzo Le particelle elementari di Michel Houellebecq, mentre per la prossima stagione ha in serbo uno spettacolo diretto da Andrée Ruth Shammah.
Al cinema ci sono ben tre film in uscita, il più atteso è Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni, in predicato per i festival internazionali. Reduce da un’anteprima di Good As You, incontriamo Lucia.
Come hai affrontato il personaggio di Francesca?
Mi sono preparata con Mariano che mi dava indicazioni anche sulla base del carattere e della personalità di alcune sue amiche, ma soprattutto, più che riferirmi a persone conosciute, cercavo di concretizzare l’immagine che del personaggio aveva lui. Amando il comico e le cifre esasperate – diciamo però che nella vita non mancano persone più sopra le righe rispetto a quelle che abbiamo mostrato noi – forse ne ho fatto un cliché, una caricatura, ma credo di averle donato una dolcezza che, a volte, nella realtà è difficile trovare. All’inizio le ho dato una tonalità più ritmata e comica, non naturalistica, quasi da Crudelia Demon, poi nello sviluppo della vicenda l’ho fatta cambiare: da dura e manipolatrice che era, si mette in gioco e va in crisi. Il suo essere esigente nei confronti degli altri si ribalta verso se stessa e si rende conto di quello che la vita non le sta offrendo nella sfera sentimentale. Il momento in cui è più vera è quando, dopo la festa in costume, cammina nel bosco con il trucco sbavato: dice le battute in modo nuovo, più toccante, senza caricare. Mi ha fatto pensare a un’atmosfera felliniana.
Alcune critiche al film hanno parlato di eccesso di stereotipi, soprattutto riguardo al rapporto di coppia: è davvero più accidentata e sempre in salita quella gay o lesbica?
Sinceramente non so se la coppia omosessuale abbia più difficoltà. Forse sì, perché oltre alle complicazioni dovute al carattere, ci sono quelle dovute alle pressioni sociali. Tornando ai personaggi del film, Francesca, forte e manipolatrice, cerca un opposto da sé, la ragazza ossessionata da un certo ideale di bellezza e dalla chirurgia estetica. È un rapporto in cui le due non si mettono in discussione e finiscono per non trovarsi più: i limiti personali di ognuna, più della gelosia, sono poi quelli che fanno affondare la barca. Succede anche nella vita quando cerchi qualcuno opposto a te: finalmente lo incontri e poi ti stressi a causa delle troppe disparità. L’amore necessita di una trasformazione reciproca. La trama racconta sia storie d’amore che di attrazione e potrebbe parlare anche di otto personaggi non omosessuali: le dinamiche sono le stesse. Ai critici rispondo che il film privilegia più il lato comico di quello riflessivo, utilizzando dei cliché – riconosciuti e voluti, la butch, la femme, il bear – come maschere consapevoli.
Hai un contatto con la realtà del mondo lesbico e ci ritrovi qualcosa del film?
Non ne ho una grandissima conoscenza perché ho più amici gay e penso che le donne si mettano meno in evidenza. Sono andata in un locale di Roma per prendere ispirazione e sono stata sorpresa dal trovarne tantissime. Era bello vedere alcune coppie baciarsi al bancone, con quella libertà che nella strada non possono permettersi (è terribile non avere il diritto di amarsi in maniera libera e penso sia una forma di fascismo impedire che gli omosessuali siano rispettati e non preda di violenze da parte di gruppi come Forza Nuova), e ho provato un insieme di sensazioni: curiosità per un mondo poco conosciuto, grande tenerezza ma anche dispiacere, perché erano “nascoste” in un posto dove si va a bere, ballare e ascoltare musica, anche se a volte il gusto del clandestino può diventare eccitante. È stato uno shock molto piacevole.
Pensi che le dinamiche tra gay e lesbiche rispecchino quelle del film o nella vita siano più complesse e talvolta conflittuali?
Tra le belle persone che frequento io, non ho mai avvertito problemi: mi sembrerebbe assurdo che tra gay e lesbiche ci fossero conflitti. Come non ce ne dovrebbero essere tra omo e eterosessuali, fermo restando che è solo attraverso la reale e profonda conoscenza reciproca che ci si può mettere in relazione.
C’è qualcosa in comune tra il personaggio di Francesca e quello di Daniela in Un altro pianeta?
No, penso non abbiano niente in comune, tranne una certa chiusura. È diversa la cifra del film – quello di Tummolini è naturalistico – come diversa è la mia recitazione. Daniela è una donna ferita, schiva, vulnerabile e disarmata, mentre Francesca è una fortezza, più adulta e esperta. Alla prima sono legata da una somiglianza maggiore ma magari sono anch’io una manipolatrice come la seconda…
Poi c’è Alex, la trans del film Gloss. Cambiare si può.
Ho la caratteristica di avere un viso dolce e un fisico molto forte, dovuto allo sport: con una battuta, la faccia di Barbie innestata sul corpo di Big Jim. Questo contrasto mi porta qualche volta a essere scelta per interpretare personaggi particolari, ad esempio Alex, un ragazzo che attraverso l’analisi e l’ipnosi riscopre la parte femminile di sé, fa riemergere ricordi di quando, ancora ragazzino, amava già travestirsi e alla fine decide di farsi operare. È un piccolo film dell’epoca di Transamerica: la sceneggiatura poteva essere migliore, infatti non sono stata soddisfatta da come poi è risultato il personaggio. Credo anche di non aver dato il massimo, ma era un po’ complicato: dovevo diventare un uomo che vuole diventare donna.
Complesso anche il personaggio in Il rosso e il blu di Piccioni?
Prima lasciami dire che Giuseppe è il regista più bravo che io abbia mai conosciuto nel dirigere gli attori. Il ruolo che mi ha dato l’ho amato subito: una giovane donna innamorata del suo ex professore di liceo (Roberto Herlitzka) che, nonostante l’età avanzata, lei va a trovare, abbraccia, gli riempie la segreteria di messaggi un po’ esaltati. Una valanga umana delicatissima che lo rianima, una ventata di luce nella vita dell’anziano. Vorrei anche segnalare gli altri due film in uscita: La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli in cui lavoro con Margherita Buy, e il secondo di Stefano Tummolini, L’estate sta finendo, quasi un noir con al centro un gruppo di studenti universitari.
Adesso parliamo di teatro. Come ci si trova a lavorare accanto a Filippo Timi, noto per il suo carattere… esuberante?
Penso che Filippo sia la persona che artisticamente mi ha dato di più nella vita, pur con tutte le difficoltà del rapporto che abbiamo, dovute anche ai nostri limiti (si è visto anche in modo autoironico nel programma tv Tatami). Quando nel 2005 ci siamo incontrati in Metafisico cabaret di Barberio Corsetti, ho subito deciso che volevo restargli vicina, artisticamente parlando. La sua poetica teatrale è unica ed è l’unica in cui mi trovi così bene. Ha un talento incredibile non solo come attore ma per la filosofia del teatro che persegue: ama l’improvvisazione, ti fa stare sempre sul filo, ti costringe a mettere in discussione ogni giorno quello che hai costruito.
Quindi arriviamo a Favola e al personaggio di Mrs. Emerald, prima decisamente etero, poi convertita all’amore saffico dall’amica del cuore Mrs. Fairytale.
Emerald è una donna tradizionalista, rigida, bigotta, elegante, attaccata a schemi mentali molto strutturati, ma per altri versi anche comica. Prima crolla, poi rinasce attraverso l’innamoramento e la follia di seguire l’amica in un’avventura surreale. Mi sento benissimo nei suoi abiti firmati, col bustino che stringe la vita e il tacco dodici, mi costringe a una compostezza fisica che mi manca e nella realtà non riesco mai ad assumere. Poi la riconosco in una mia zia: una tipologia che un po’ mi appartiene. Quand’ero piccola mi immaginavo a 25 anni in tailleur e sigaretta: non lo sono mai stata nella vita ma l’ho ritrovata in lei.
Come ti appare la condizione delle persone glbt nel nostro paese?
La vedo messa male. Se avessi un figlio gay che volesse andare a convivere con il suo compagno, gli consiglierei di lasciare l’Italia: per una madre sarebbe una rinuncia dolorosa ma per lui un bene.
Il tuo desiderio segreto?
Lavorare a teatro con Mariangela Melato: è venuta a salutarmi durante la tournée di Favola e credevo di sognare.