Joseph Hansen (1923-2004), tra i pionieri del movimento di liberazione omosessuale americano, aveva cominciato a scrivere fin dagli anni Cinquanta poesie e racconti a tematica omosessuale, che aveva pubblicato con piccole case editrici utilizzando degli pseudonimi. In quegli anni aveva anche lavorato alla radio e aveva fatto parte di un gruppo musicale. Nel 1970, subito dopo Stonewall, approda a una grande casa editrice con la serie di romanzi che hanno come protagonista il detective gay Dave Brandstetter e diventa uno dei pochi scrittori americani popolari dichiaratamente gay del dopoguerra. Nel 1943 aveva sposato un’artista lesbica, Jane Bancroft, da cui aveva avuto una figlia che poi cambierà sesso per diventare un uomo.
Scomparso, il primo romanzo della serie di Dave Brandstetter, che lo scrittore firma finalmente con il suo vero nome, esce in questi giorni in Italia. Se i successivi, che la casa editrice Elliot ha in programma di tradurre e di pubblicare, sono all’altezza di questo, il detective gay Dave Brandstetter è destinato a diventare anche da noi un personaggio molto popolare, tra i lettori gay e non solo (Joseph Hansen Scomparso, traduzione di Manuela Francescon, Elliot, Roma 2012, pp.190, euro 14,00).
La vicenda inizia con un banale incidente automobilistico. Siamo a Pima, una piccola città della California, dove in una notte di pioggia un’auto è precipitata da un ponte. Dopo tre giorni, quando la tempesta si è placata, la polizia ritrova la macchina, di proprietà di Foc Olson, noto speaker di una radio locale, ma non c’è traccia del conducente della vettura che viene dato per morto. Cosa è accaduto veramente? Di scoprirlo si occuperà Dave Brandestetter, inviato sul posto dalla società di assicurazioni che una volta accertato l’incidente e ritenuta certa la morte del proprietario dell’auto dovrà pagare una cospicua somma ai suoi eredi. Procedendo a ritroso, il detective accumula informazioni e formula deduzioni che lo porteranno alla soluzione del caso.
Brandestetter è un tipico esponente della tradizione del romanzo giallo, che di indizio in indizio e di sospetto in sospetto, arriverà a smascherare il colpevole. Molte sue caratteristiche sono però lontane dallo stereotipo dell’investigatore classico. Esplicitamente gay, gentile e garbato, ma anche virile e deciso e, se necessario, brusco e duro, ha da poco perso il suo compagno stroncato da un tumore e riprende il lavoro proprio con questo “caso” con la consapevolezza che non ci sia altro da fare che “vivere e dimenticare”, almeno finché non riuscirà a ripensare senza soffrire ai venti anni passati insieme al compagno.
Il mistero si presenta subito intricatissimo. La figura dell’uomo scomparso è molto più complessa di come poteva apparire all’inizio della storia e la facciata del conduttore radiofonico di successo che nelle prime pagine sembra predominante si sfalda man mano che aumentano le informazioni che l’investigatore raccoglie. Veniamo così a sapere che egli era in realtà uno scrittore frustrato. Per anni aveva scritto romanzi che nessuno aveva voluto pubblicare. Qualcuno dice che era un bravo scrittore, ma “gli mancava qualcosa”, che “sembrava sempre che parlasse della cosa sbagliata”, “non di quello che gli stava a cuore davvero”. Cosa “gli stava a cuore davvero”? Perché ha accettato di condurre programmi televisivi che detestava? Chi è il vecchio amico che egli pensava fosse morto in guerra e che è stato visto a Pima pochi giorni prima della sua scomparsa? I due si sono incontrati? Perché tanta reticenza su questo legame? Quali possibilità di successo poteva avere la sua candidatura a sindaco della città? La sua scomparsa può essere un suicidio? E se fosse una volontaria fuga dalla famiglia e dalla piccola città per vivere finalmente un grande amore gay che ha sempre nascosto? O è stato assassinato?
L’indagine diventa sempre più coinvolgente per il detective che non può non vedere nella vita di Fox Olson, gay costretto a vivere la sua condizione nella clandestinità, aspetti della sua stessa vita. E il lettore che conosce un po’ la vita di Hansen non può non pensare a una sorta di rispecchiamento autobiografico. Perché Olson che amava tanto la letteratura e che aspirava a essere scrittore non parlava “di quello che gli stava a cuore davvero?”. Qualcuno darà all’investigatore questa risposta: “La veda in questo modo. Provi a immaginare un Dostoevskij che non accenna alla sua epilessia o alla sua dipendenza dal gioco. Sarebbe arrivato lontano?”. E a questo punto il pensiero va ai tanti scrittori che la cultura ostile in cui sono vissuti ha costretto al silenzio, alla reticenza, a strategie di mascheramento o al differimento a dopo la loro morte delle opere in cui hanno avuto il coraggio di esprimersi. Lo stesso Hansen, che in tutte le sue opere ha sempre messo l’omosessualità al centro della sua scrittura, fino al 1970 aveva utilizzato pseudonimi, alcuni femminili, per veicolare i suoi veri interessi.
L’indagine poliziesca che è al centro della narrazione è condotta con sapienza ed equilibrio in un coinvolgente crescendo di suspense, ma tutta la storia diventa per Hansen anche un pretesto per rappresentare le difficoltà di quegli anni di vivere l’omosessualità e di rappresentarla.