“Siamo così, è difficile spiegare”, cantava la Mannoia. E in effetti non è mai semplice trovare un filo logico nel guazzabuglio di contraddizioni della vita. Alcune contraddizioni sono però più evidenti di altre e proprio questo è il caso della condizione omosessuale nel nostro assurdo paese. Per un motivo o per l’altro se ne parla sempre più spesso, anche se l’accresciuto pubblico interesse per la questione non produce il salto di qualità culturale che altrove è già avvenuto, se non addirittura archiviato. Non sono pochi gli eventi delle ultime settimane che stanno lì a dimostrarci che ci troviamo sempre in mezzo al guado e che questa agitata immobilità è una metafora di più generali problemi evolutivi che mettono a repentaglio le speranze di un futuro migliore per la società italiana.
Prendiamo ad esempio il caso nazionale creato dalla morte improvvisa di Lucio Dalla. Gay non dichiarato, anche se non esattamente nascosto, di cui tutti in vita avevano rispettato il diritto alla privacy. l funerali nella cattedrale di Bologna, tra i mugugni e le meschine sgarberie della curia e la presenza ufficiale del giovane compagno che ha preso la parola durante la cerimonia, hanno fatto saltare il tappo della discrezione. Così per diversi giorni il “caso Dalla” ha tenuto banco sui media. Gossip e polemiche hanno messo al centro l’omosessualità e il suo incongruo rapporto con un cattolicesimo che in definitiva, per assolverti e concederti un lasciapassare per presentarti degnamente a San Pietro, non ti chiede di negare la realtà o di nasconderla ma “solo” di non nominarla per salvare non si capisce quali apparenze. Perciò il compianto Dalla, da alcuni accusato di esser stato ingeneroso da vivo per non essersi fatto carico della battaglia civile per il diritto alla piena dignità dei gay, ha reso un servizio alla comunità glbt e all’abbacchiata coscienza laica facendo risaltare la comica ipocrisia della chiesa di fronte a un ostacolo con il quale proprio non riesce a venire a patti, per ragioni che accenderebbero l’immaginazione di qualunque psicanalista.
Tra i commentatori che hanno sottolineato con maggiore schiettezza questa ipocrisia c’è la giornalista Lucia Annunziata, che lo ha fatto nel corso della sua trasmissione televisiva del pomeriggio domenicale. Ma anche qui chi è senza peccato scagli la prima pietra, perché ha fatto le pulci ai preti senza riuscire a farle a se stessa. La trasmissione durante la quale ha notato la doppiezza della morale cattolica in merito alla vicenda Dalla era infatti interamente dedicata al tema dell’omosessualità in seguito a uno spiacevole incidente da lei personalmente provocato. Nella foga del dibattito seguito alle scandalose affermazioni di Adriano Celentano al festival di Sanremo, che aveva attaccato all’arma bianca due corazzate dell’informazione cattolica come Avvenire e Famiglia Cristiana (e qui si imporrebbe un minuto di silenzio sulla serietà del dibattito culturale nel nostro paese), ha detto testualmente: “Non sono d’accordo con tutto quello che ha detto Celentano, anche perché Famiglia cristiana e Avvenire mi piacciono. Ma lui ha il diritto di dire quello che vuole e lo avrei difeso anche se avesse detto che i gay devono andare al campo di sterminio”. Davvero?
Ovvie e doverose sono state le rimostranze delle associazioni glbt, accolte dalla signora Annunziata con la disponibilità a invitare nel suo spazio televisivo su Rai3 alcuni militanti glbt. A patto però di non dover riconoscere l’errore di essersi espressa in termini così evidentemente orrendi. “Non ho nulla di cui scusarmi”, ha precisato, “perché la mia era un’affermazione chiaramente paradossale”. Ci permetta di dissentire. Se è per questo poteva fare numerosi altri esempi a carico di categorie oppresse, altrettanto di pessimo gusto e non diciamo quali per rispetto della sensibilità e delle tragedie altrui, ma se ha scelto proprio di essere “paradossale” sugli omosessuali, – consciamente o no – è perché sapeva di parlare in un contesto che glielo permetteva. Negli Stati Uniti, dove in materia di politicamente corretto la buona società è un po’ più rigida, sarebbe stata costretta non solo a scusarsi ma anche a subire rilevanti ripercussioni sulla sua carriera professionale. Quindi un po’ più di umiltà e qualche segno di pentimento, da parte di una persona che peraltro si richiama ai valori del giornalismo all’americana, non sarebbe stato affatto fuori posto. E dispiace che nessuno gliel’abbia fatto debitamente notare in trasmissione.
Ma per l’appunto parlavamo del contesto. Qui da noi tutto è permesso, quando si tratta di offendere gli omosessuali. Basta fare caso alla quantità di impuniti sproloqui che gli omofobi, professionali o saltuari, si permettono senza problemi. Ma non solo. L’invettiva gratuita contro i diritti glbt è un argomento che, in assenza di qualcosa di più convincente, viene ancora considerato appetibile dal leader del partito che detiene la maggioranza relativa in parlamento. Tant’è che il segretario del Pdl Angelino Alfano non si è fatto scrupolo di entrare nel vivo della campagna elettorale dicendo che se la sinistra andrà al governo “farà il matrimonio tra uomini” come in Spagna. E che da vari esponenti del centrosinistra la risposta a questa accusa è stata di ribattere che si tratta di calunniose bugie. Come ha fatto per esempio la capogruppo dei senatori Pd Anna Finocchiaro, precisando che “fa parte del peggior repertorio berlusconiano evocare pericoli civili nel caso di vittoria degli avversari alle elezioni”. Ma qual è il pericolo civile? Noi o loro?