Esce finalmente in Italia, con il titolo Stanze private. Epistemologia e politica della sessualità, un libro fondamentale per le teorie queer degli ultimi anni: Epistemology of the closet di Eve Kosofsky Sedgwick. Nell’edizione italiana il testo è a cura di Federico Zappino (Carocci 2011, pp. 302, euro 31,40).
L’autrice, morta nel 2009, è stata una delle più importanti filosofe e critiche letterarie del nostro tempo. Ebrea, femminista, sposata con un uomo, rifiutava la definizione di “eterosessuale”, perché il problema, a cominciare dal modo di percepirsi e di rapportarsi agli altri, è per tutti andare oltre il binarismo omo/eterosessuale su cui si fonda la nostra cultura. Interessante, a questo proposito, un episodio che lei stessa racconta. Nel 1985, nell’introdurre un corso sul lesbismo, volle chiarire agli studenti che in quanto donna non lesbica si sentiva in qualche modo svantaggiata. Dopo la lezione tre studentesse andarono nel suo studio e la pregarono, “con tono fermo ma gentile” di non ripetere più una scena come quella: “Secondo loro, per quanto avessi scelto le mie parole accuratamente, l’unico significato che produssero su di loro, in quanto donne gay, fu quello di uno stridente disconoscimento fobico”. E le studentesse avevano ragione, perché, come spiega Sedgwick nel corso del libro, la struttura binaria omo/eterosessualità non è mai neutrale e bisogna chiedersi se “viene intesa come una questione di fondamentale importanza solo per una minoranza omosessuale” (prospettiva minorizzante), oppure se “viene intesa come una questione di rilevanza determinante nello spettro delle sessualità della vita di ogni persona” (prospettiva universalizzante).
Il libro risale al 1990, quando tutto l’occidente veniva investito da una forte ondata di omofobia seguita all’emergenza dell’Aids e studiosi come Eve Sedgwick provavano a reinventare i termini delle nostre sessualità. Oggi, soprattutto in Italia, è ancora attualissimo se pensiamo a quanta omofobia è ancora presente nella nostra società. Ma perché si è aspettato più di venti anni per tradurlo? Prova a spiegarcelo Silvia Antosa, docente di letteratura angloamericana all’Università di Palermo e autrice della prefazione dell’edizione italiana: “Sicuramente la mancanza di un filone di studi specifico sule le teorie glbt e queer nel mondo accademico italiano ha determinato e determina tuttora un rallentamento dell’ingresso nel nostro paese delle ricerche più radicali condotte nel mondo angloamericano”.
Il libro si incentra in particolare sullo studio dell’omosessualità maschile alla base del binarismo etero/omosessuale che dall’Ottocento caratterizza la nostra cultura. A partire dalla decostruzione di questo binarismo, Eve Sedgwick fa una disamina attenta e puntuale di altri binarismi (maschile/femminile, pubblico/privato, naturale/innaturale, salute/malattia, segreto/rivelazione, ecc.) provando a uscire da una delle impasse in cui si erano trovati femminismo e teoria gay verso la fine degli anni ’80, intrappolati tra posizioni essenzialiste e costruzioniste.
“Nato come testo di critica letteraria, dice ancora Silvia Antosa, “Stanze private è in realtà un libro profondamente politico, che contribuisce a svelare i meccanismi di potere che agiscono nelle nostre società. Problematizzando le istanze identitarie ‘fisse’ su cui si basa una pratica politica glbt, Sedgwick – e il movimento queer che nascerà di lì a poco – non teorizza una soggettività di riferimento per una lotta politica di rivendicazione, né prevede strategie politiche in senso stretto, ma fornisce degli strumenti che permettono ai lettori e alle lettrici di ‘leggere’ le varie forme identitarie e, se necessario, di metterle in discussione”.
Una parte importante del libro, forse la più suggestiva, è dedicata all’analisi della categoria del closet (letteralmente “armadio” o “luogo chiuso” che è passato a indicare la condizione degli omosessuali non dichiarati) e agli stereotipi stigmatizzanti legati al modo di ragionare per opposizioni binarie nei testi di alcuni celebri autori della tradizione letteraria anglo-europea, tra cui Wilde, Melville, James e Proust.
“La letteratura, afferma a questo proposito Silvia Antosa, “svolge un compito fondamentale a mio avviso, e non solo nel testo sedgwickiano, poiché mette in scena dinamiche, pratiche e rappresentazioni che di fatto rispecchiano, analizzano e portano alla luce le varie sfaccettature della vita e dell’esperienza umana nei vari momenti storici; sicuramente i testi scelti da Sedgwick sono delle vere e proprie fabbriche di ruoli, caratteri, fantasmi evocati o tangibili nella quotidiana esperienza dei personaggi omosessuali che sono continuamente chiamati a negoziare la loro invisibilità o la loro visibilità all’interno di una più ampia struttura sociale caratterizzata da una forte economia del segreto e della rivelazione. Si tratta di testi esemplari che, anche se scritti nell’Ottocento o nel primo Novecento, raccontano molte delle dinamiche che ancora oggi sono vissute da tante persone gay – segno che il potere rappresentativo ed emozionale della letteratura travalica i confini spazio-temporali per parlare al cuore di ognuno delle nostre esperienze”.