Uno studente su cinque è omofobo, cresce la presenza della minoranza lgbt sui media, un uomo gay ogni quindici sarebbe sieropositivo. Questi dati, apparentemente slegati, sono frammenti di una fotografia che negli ultimi tempi si fa sempre più nitida. Non passa giorno infatti senza che gay o lesbiche siano sollecitati, soprattutto sul web, con inviti a rispondere a test, interviste o questionari scientifici che indagano l’esperienza di essere gay, lesbiche e persone trans in Italia.
Mai come prima d’ora le esistenze arcobaleno paiono sotto una lente d’ingrandimento, dall’approfondimento di temi già ampiamente dibattuti come il rapporto di coppia, l’identità, la discriminazione o l’omofobia fino a fenomeni meno frequentemente esplorati come il rapporto tra orientamento sessuale e utilizzo di internet o l’omosessualità nei gemelli. Si dettaglia ulteriormente con studi più o meno pionieristici sull’affettività nelle coppie con un partner trans, sull’amicizia degli adolescenti gay o sull’atteggiamento degli omosessuali rispetto al loro aspetto fisico.
L’attenzione è tale che a interessarsi ai gay è arrivato anche Istat, l’Istituto nazionale di statistica che si appresta ad avviare una ricerca complessiva sul rapporto tra la popolazione eterosessuale e quella glbt che coinvolgerà migliaia di italiani. “Ottomila cittadini verranno intervistati da un rilevatore che chiederà loro se pensano che la popolazione omosessuale o transessuale sia discriminata, se la situazione è peggiorata rispetto al passato, e così via. A questi, e a tanti altri quesiti, risponderanno tutti”, spiega Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat. Poi verrà consegnata a tutti gli intervistati una busta chiusa che contiene un questionario da riempire con crocette che andrà compilato in privato e riconsegnato, sempre in busta chiusa, all’intervistatore che non potrà leggerne il contenuto pena il licenziamento. “Nella seconda busta chiederemo anche di sapere dalle persone se chi risponde è omosessuale, transessuale, bisessuale o eterosessuale. Questo, non perché siamo curiosi o vogliamo invadere la privacy, ma perché abbiamo bisogno di chiedere alla popolazione glbt di raccontarci i problemi che ha incontrato nel corso della sua vita, con la famiglia, amici o vicini; se ha subito discriminazioni sul lavoro, a scuola, dai servizi sanitari. Siamo coscienti che alcuni di voi magari non se la sentiranno di dichiararsi, ma se non avremo le vostre testimonianze come faremo a spiegare a tutto il paese quali problemi incontrate? Noi difenderemo la vostra privacy, vi chiediamo di dichiararvi e di rispondere alle nostre domande. Fidatevi di noi”, insiste Sabbadini, “le vostre risposte non saranno mai associate al vostro nome. Non solo, ma in questo modo le vostre risposte diventeranno statistica ufficiale.”
Il consiglio, se sarete tra gli intervistati, è quello di compilare senza remore il questionario. È un’occasione che la comunità glbt non può permettersi di perdere perché l’indagine Istat, come già Omosessuali moderni dell’università di Bologna del 2001, sarà una pietra miliare sull’analisi della condizione di gay, lesbiche e transessuali in Italia e potrà influenzare, grazie anche alle attesissime percentuali sull’apprezzamento, o meno, degli italiani per unioni civili, matrimonio gay e adozioni, un dibattito non più procrastinabile nel nostro paese. Ad affiancarsi alla mole di dati che Istat diffonderà c’è anche l’impegno dell’associazionismo gay con due ricerche che si preannunciano ricche di stimoli e novità.
Dovremo attendere settembre per i risultati definitivi di Emis una ricerca internazionale sul sesso tra uomini, a cui ha collaborato Arcigay, che ha raccolto oltre 180 mila questionari. Ed è sconfortante un assaggio dei dati che ci riguardano: la visibilità dei gay italiani sarebbe all’ultimo posto nei principali paesi occidentali e la percentuale di maschi gay che si sottopongono al test dell’Hiv costantemente è inferiore al 50%. Insomma, se arranchiamo in un paese che già arranca in molti altri settori rispetto alle medie europee qualche responsabilità dovremmo pure prendercela.
Arcigay ha poi diffuso sul web un questionario, che sarà disponibile fino al 15 maggio, sulle discriminazioni glbt sul lavoro: Io sono io lavoro (www.iosonoiolavoro.it), la prima ricerca nazionale sul tema mai condotta in Italia. E, mentre scriviamo, sono oltre mille i questionari raccolti, insieme a decine di testimonianze relative a discriminazioni subìte che raccontano insulti, intolleranza machista e licenziamenti. I dati, che saranno divulgati alla fine di giugno, promettono di fare emergere un universo desolante con cui le aziende dovranno fare necessariamente i conti.
Ma le ricerche non si fermano qui e fanno la loro parte anche dipartimenti universitari e studenti alle prese con le tesi di laurea che risultano impegnatissimi nell’interpellare la comunità glbt. Per fare qualche esempio, mentre il dipartimento di psicologia dell’università di Cagliari sta conducendo un’indagine sul desiderio di genitorialità dei giovani adulti omosessuali ed eterosessuali italiani e spagnoli, il dipartimento di comunicazione e ricerca sociale della Sapienza di Roma, in collaborazione con il Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, è intento a monitorare la rappresentazione delle minoranze nella radio e nella televisione italiana.
Per quanto riguarda i temi di indagine, sono molto vari anche quelli affrontati dagli studenti. Una studentessa dell’università di Padova chiede di compilare un questionario di sette domande sul web per “dare voce alle persone transessuali e lasciare a loro il compito di definire la transessualità e l’identità di genere”. Una laureanda in psicologia a Parma sta sviluppando invece un progetto di ricerca sulle relazioni tra persone dello stesso sesso e insiste, sempre in internet: “Vi prego di compilare on line un questionario sulla vostra relazione. Vi prego”. Rispondiamo ai quesiti e ci appare chiaro quanto spesso le tesi appioppate agli studenti siano davvero complesse. A Padova, un’altra tesi si concentrerà su interviste a madri lesbiche che hanno fatto ricorso alla fecondazione medicalmente assistita, mentre a Piacenza una ragazza è impegnata con un’indagine sui gay disabili. “È sicuramente un tema che sento molto vicino”, chiarisce, “perché anch’io sono omosessuale. Sono giorni che mando mail a destra e a manca, a tutte le associazioni che hanno collaborato al progetto “Abili di cuore”, ad Arcigay, Handy gay, all’associazione siciliana di gay sordi e spero solo che qualcuno voglia partecipare altrimenti dovrò rinunciare, e si continuerà a tacere, di nuovo”, ci spiega sconsolata. Con un poco di impegno qualche risultato può emergere, anche da lavori che possono sulle prime risultare difficili.
A volte comunque si finisce per scoprire un po’ l’acqua calda. Per esempio, tralasciando possibili “distorsioni semantiche nei risultati”, da quasi 300 questionari somministrati a studenti del quinto anno di scuola superiore per una tesi “sull’orientamento sessuale in adolescenza” si evince che “l’omosessualità costituisce un significativo fattore di rischio per problemi psicologici, come disturbi d’ansia, depressione, comportamento suicidario” insieme a “maggior rischio di discriminazioni, violenze, persecuzioni e abbandoni scolastici”. È giusto ribadirlo, non fa mai male. Altrettanto prevedibile appare l’esito di un’indagine sull’omofobia dei gay che sull’argomento individua significative differenze tra chi è religioso e chi no. 366 questionari distribuiti a omosessuali credenti e non per una tesi di psicologia, ci spiegano che gli omosessuali credenti sono più omofobi di quelli non credenti: “L’impatto dei condizionamenti omofobici risulta maggiore in coloro che manifestano una costante frequenza religiosa o che provengono da famiglie con un’alta aderenza alla dottrina cattolica istituzionalizzata”.
Un po’ più difficile sarà forse fare un pronostico sul lavoro di una studentessa che chiede testimonianze a gay e lesbiche italiani per “una tesi di laurea su Sailor Moon. Il tema sarebbe l’ambiguità sessuale presente nel celebre cartone animato, portata avanti soprattutto dalla censura e dalla traduzione fatta in Italia… Il tutto partirebbe da un articolo apparso su La Nuova Venezia nel 1996 in cui una giornalista racconta la storia di un bambino che, guardando il cartone animato, sarebbe diventato gay e da là sono nate un sacco di polemiche”. Chi ha avuto analoghe esperienze si faccia avanti.
Insomma, la pluralità e la disomogeneità degli oggetti di ricerca consentono perlomeno di concludere che l’interesse all’universo glbt è ormai a tutti i livelli ed è sicuramente un bene.
“L’indagine Istat è molto importante”, spiega la sociologa Chiara Bertone che ha dedicato numerosi studi all’omosessualità in tempi più difficili. “Il lavoro di questionari può essere un poco ambivalente ed è comprensibile un po’ di resistenza nel rispondere se si è continuamente sotto indagine. La prospettiva, come per Istat, dovrebbe essere quella di non avvicinare l’omosessualità come minoranza, ma come fenomeno globale e far emergere l’estrema varietà nell’esperienze della vita. Al di là di questo, ben venga la ricerca”. Detto fatto ci affrettiamo nel rispondere a un bizzarro questionario sul rapporto tra l’omofobia interiorizzata e ricerca di partner occasionali o relazione stabile. Si sa mai che non ne venga qualche dato utile a tutti.