Ci sono due istantanee che ci riguardano da vicino negli avvenimenti delle ultime settimane e che simboleggiano un po’ i corni del dilemma nel quale ci troviamo a bordo del nostro bizzarro paese. La prima è il celebre “meglio appassionato di belle ragazze che gay” di Silvio Berlusconi, che nella sua pavloviana semplicità è rimbalzato ovunque sollecitando ciascuno a schierarsi sul terreno del senso comune. Non è stata un’uscita estemporanea, ma un calcolato espediente per minimizzare le senili marachelle del presidente con certe signorine di facili costumi facendo appello alla pancia degli italiani e spostando l’attenzione su quel po’ di prevedibile cagnara che in effetti la boutade presidenziale ha creato.
Per uscire dall’imbarazzo in cui lo aveva messo l’ennesima fuga di notizie sulle sue abitudini private, Berlusconi ha riproposto l’eterno b movie della commedia scollacciata in cui si fanno le battute sui froci e il protagonista non è più un vecchio signore un po’ patetico in compagnia di donne che potrebbero essere sue nipoti ma un aitante giovanotto spinto da incontenibile passione. C’è tutto un mondo in questa ricontestualizzazione. E c’è la metafora di un paese che più invecchia meno vuole crescere, che si aggrappa alle gag di un consunto varietà per scacciare l’angoscia di non sapere più come affrontare il presente e il futuro. Un’Italia vecchia, frustrata, pervicacemente ignorante e sufficientemente violenta, terreno di caccia ideale per mafiosi e imbroglioni di ogni genere, come apprendiamo dalle cronache. Sembra questa, a giudicare dalla nervosa battuta sui gay ma non solo, l’ultima ridotta di un uomo che aveva prodotto sogni più attraenti.
La seconda immagine è Nichi Vendola che legge l’elenco dei 27 modi di dire omosessuale (e dei 27 modi di castigare i gay) alla trasmissione di Fabio Fazio e Roberto Saviano. Qui il film è radicalmente diverso: i sinonimi politicamente scorretti del moderno gay, nella varietà dei dialetti e delle subculture italiane, sono un dato di riflessione e un indicatore di civiltà. Qui i froci non sono caricature clownesche ma co-protagonisti, persone consapevoli di sé e portatori di un messaggio di cambiamento positivo. Una fotografia deliberatamente opposta a quella della battuta del cavaliere, per parlare a un’altra Italia che c’è, come hanno dimostrato gli ascolti record di Vieni via con me. Un paese che vuole scrollarsi di dosso la muffa maschilista della sit com berlusconiana e provare a crescere qualitativamente, cioè culturalmente, anziché inseguire il modello di Putin o di Gheddafi. Un sogno anche questo, non facciamoci troppe illusioni, e che per giunta corre sempre il rischio di morire soffocato dal peso della propria retorica. Però un’immagine alternativa netta, che nella democrazia della rappresentazione, dove si compete sul piano della potenza simbolica, ha il suo valore. Come hanno sperimentato a proprie spese i dirigenti del Pd, sconfitti di recente dal candidato di Vendola, Giuliano Pisapia, alle primarie del centrosinistra a Milano.
Due visioni alternative in cui quello che si pensa degli omosessuali non è un dettaglio ma una chiave di lettura, come chiariscono gli esempi citati sopra. Si capisce perciò quanto il nostro futuro di cittadini, glbt e non, sia legato ai modelli nei quali il paese sceglierà di riconoscersi. Che vinca Vendola pare fantascienza perché il pollaio dei pretendenti al trono è affollato, ma che perda Berlusconi non è impossibile. Ed è senza dubbio necessario nella prospettiva di riprendere il discorso dei diritti glbt sul piano politico concreto. Finché c’è lui che si fa perdonare i propri peccati sulla nostra pelle non andremo da nessuna parte, se non indietro. L’auspicabile uscita di scena del nostro piccolo monarca darebbe invece ben altro respiro al progetto di Gianfranco Fini di una destra europea e laica. Uno dei cavalli di battaglia di questo abbozzo disegnato negli ultimi mesi sono i diritti civili, inclusi quelli degli omosessuali, proprio perché rappresentano un tallone d’Achille della costruzione di Berlusconi. Fini l’ha messa così in un recente discorso: “Non esiste in nessuna parte d’Europa, e lo dico a ragion veduta, un movimento politico come il Pdl così arretrato culturalmente sui diritti civili”. Se Silvio e i suoi amici hanno fatto diventare femminista perfino la Carfagna una ragione ci sarà.
Se si cambia insomma qualche barlume di speranza c’è. Nel frattempo consoliamoci mettendo in fila i segnali di novità che riusciamo a ricordare dell’anno che si sta chiudendo, dalla mezza vittoria sulle unioni gay alla corte costituzionale al coming out di Tiziano Ferro. Senza dimenticare naturalmente la svolta del papa sul preservativo, una sorpresa inattesa alla vigilia di un primo dicembre deprimente proprio per l’apparente fuga dei gay dal sesso sicuro. Se lo consiglia Ratzinger, ammettendo finalmente che evitare il contagio è una prima forma di responsabilità, magari qualcuno ci farà un pensierino.