Se guardiamo alla quantità di eventi in programma, questo giugno 2010 sta già passando alla storia come il più indaffarato di sempre nello sfilare per i centri storici a celebrare il mito fondativo di Stonewall. Dalle Prealpi alla Sicilia è tutto un fiorire di appuntamenti e coordinamenti per portare il verbo del pride dove ha già una tradizione consolidata o dove nessuno mai aveva osato. Come a Treviglio, capitale della bassa bergamasca che ospiterà il suo primo pride il 3 luglio – e appare un filo sconvolta da questa prospettiva – o a Palermo, cui toccherà lo stesso onore il 19 giugno.
Il movimento si muove come non mai per organizzare cortei e iniziative a latere. Segno evidente di vitalità, anche se sempre sull’orlo dell’harakiri per le lotte intestine che indirizzano verso l’autolesionismo le energie vitali. Veniamo da un anno in cui niente di decisivo è cambiato ma ci sono state novità interessanti, come la battaglia legale sui matrimoni di cui abbiamo perso solo il primo round o perfino il fatto che una leggina contro l’omofobia sia arrivata per la prima volta alla discussione in un’aula parlamentare italiana, sia pure per essere subito azzoppata da una pregiudiziale di costituzionalità. Le associazioni che si apprestano ad accendere la miccia dei pride sono appena scese dal Quirinale, dove sono state ricevute con tutte le cerimonie del caso dal presidente della repubblica Napolitano, che in occasione della giornata mondiale per la lotta all’omofobia ha ribadito la necessità di riconoscere i diritti delle persone glbt. Insomma siamo sempre qui. E abbiamo una gran voglia di sfogarci un po’ nelle piazze, a quanto pare.
Dicendo per esempio che “ora ne abbiamo abbastanza” come recita lo slogan del pride “tlgb” di Milano che è in ordine cronologico l’appuntamento di apertura. Si svolge il 12 giugno e parte quest’anno da piazza Castello, dove si erano conclusi tutti i pride precedenti. Ribaltato dunque nell’acronimo, nel percorso ma soprattutto nell’umore, come spiega una nota congiunta delle associazioni che promuovono il Christopher Street Day milanese: “Viviamo considerati come cittadini di serie B. L’Italia è uno tra i pochi paesi in Europa in cui non sono riconosciuti giuridicamente le nostre unioni e i nostri amori. Con la recente sentenza sulla possibilità per due persone omosessuali di sposarsi civilmente la corte costituzionale ha demandato al parlamento il compito di legiferare, ma da nessuna istituzione è giunta una proposta concreta e credibile. Anche a livello locale prevalgono il silenzio e il disinteresse: chi e cosa impedisce a Milano, città che pretende di ospitare la prossima esposizione internazionale, di dotarsi di un registro delle unioni civili, di ordinanze e politiche di lotta all’omofobia?”. Ne abbiamo per l’appunto abbastanza. E ci prendiamo un giorno di pausa per “un grande ‘orgasmo’ di libertà, di festa e lotta, di felicità e protesta”.
Tira un’aria “scazzata” ma combattiva anche a Torino, dove il pride, in programma il 19 giugno, va quest’anno oltre la tematica glbt e assume una connotazione politica più ampia. Spiegano i promotori (Donne di Torino per l’Autodeterminazione e Coordinamento Torino Pride glbt): “Le minacce sempre più forti che si levano, nell’indifferenza quasi generale, contro i diritti di tutte e di tutti ci hanno spinto a organizzare una grande manifestazione unitaria di tutto il movimento lgbt, delle donne, degli immigrati e delle immigrate, delle laiche e dei laici e di quante/i ritengono fondamentali i diritti per la loro vita a Torino. Il titolo della manifestazione è “I diritti sono il nostro pride” e vogliamo che sia un grande momento per ritrovarci insieme intorno ad alcuni valori forti che non vogliamo siano mai messi in discussione: autodeterminazione, laicità, antirazzismo e antifascismo”. Un appuntamento anche in questo caso polemico nei confronti di una classe politica locale e nazionale che questi valori sembra condividerli sempre meno. Ma sempre e comunque anche una festa.
I presupposti politici sono piuttosto simili anche a Palermo, dove si sfila sempre il 19, ma con quel tocco di spolvero in più dovuto al fatto che qui la festa è doppia, perché fino a oggi non era mai stato organizzato un pride in questa città. Provvede a colmare questa lacuna il coordinamento Stop Omofobia, che raggruppa decine di associazioni locali, gay e non, e si è offerto di ospitare il pride regionale siciliano di quest’anno. A trent’anni esatti da quel 1980 in cui a Palermo nacque il primo gruppo dell’Arcigay, destinata a diventare cinque anni dopo una rete nazionale. E dato che si tratta di una prima volta i promotori non si lasciano sfuggire l’occasione di trasformare l’evento in un “confronto con l’intera società”. “Il percorso da noi strutturato”, affermano, “ricco di seminari, convegni, dibattiti pubblici, spettacoli musicali, teatrali, di danza, cinematografici, feste, non solo a Palermo ma anche a Giarre, Termini Imerese e altri comuni siciliani, ha trasformato il pride glbt in una casa aperta a tutte le differenze e a tutte le istanze sociali. Tutto ciò lo rende un evento assolutamente storico, non solo per Palermo ma anche per tutta la regione”. Non poteva naturalmente mancare un pride village, allestito al Giardino Inglese, che esordisce con una performance teatrale intitolata “Sei Bellissima” e ideata da Emma Dante espressamente per l’occasione.
E veniamo al piatto forte, ovvero il pride nazionale che torna a Napoli dopo quattordici anni e riceve ancora una volta in omaggio la più caratteristica specialità napoletana, che non è la pizza ma “’o sole”. Lo slogan dietro in cui si invitano a marciare le masse glbt partenopee e non è infatti “Alla luce del sole” (nel ’96 era “Jesce sole”). L’evidente riferimento al tema della visibilità, oltre che al folklore locale, “vuole simboleggiare”, secondo il presidente nazionale di Arcigay Paolo Patanè, “un percorso identitario ancora difficile per chi vive nel sud del paese, dove il silenzio, l’invisibilità, la discriminazione e la sofferenza di gay, lesbiche e trans sono ancora orribile norma. Ed è la luce del sole l’unico ‘luogo’ nel quale gli omosessuali possono dignitosamente e serenamente vivere la loro condizione di naturale diversità”. Nella scenografia non manca comunque nemmeno il Vesuvio, che nel logo del Napoli pride 2010 spunta dalla coda della sirena Partenope (mitica protettrice della città), incurvata a forma di Golfo di Napoli. E per terminare con le curiosità, questo pride ha ben cinque portavoce, uno per ciascuna delle associazioni che lo promuovono (Arcigay, Arcilesbica, Associazione Transessuali Napoletani, i-Ken, Famiglie Arcobaleno). Per la serie: quanto ci piace chiacchierare.
In questa abbondanza c’è posto per Maria Luisa Mazzarella, vicepresidente di Arcigay Napoli, la famosa ragazza che esattamente un anno fa fu aggredita in piazza Bellini per avere difeso un amico gay. Il che ci riporta a un altro lato serio di questo pride: il risveglio di violenza omofobica nelle giovani generazioni che proprio qui tocca una delle sue punte più calde. I preparativi fervono ed è già partito il fitto calendario degli appuntamenti collaterali (politici, ludici e culturali). Gran finale il 26 giugno con la sfilata. E lì vedremo come Napoli risponde all’appello.
Infine Roma, nota dolente. La manifestazione era stata annunciata per il 12 giugno, ma poi il circolo Mario Mieli, storico gestore dei cortei glbt romani, si è ritirato dall’organizzazione per dissensi con altre associazioni. Queste (Arcigay, Arcilesbica, DiGay project, Certi Diritti, Gay Lib) sono rimaste come si suol dire con il cerino in mano e per poter far fronte alla situazione hanno deciso di spostare la data del corteo al 3 luglio. Il Roma pride 2010 nasce insomma all’insegna del conflitto interno e certamente ridimensionato nel proprio rivendicato carattere di pride nazionale permanente. Caso vuole che questo appannamento si verifichi in un momento in cui la politica “romana”, in preda alle proprie crisi d’identità, è più sorda del solito alle nostre istanze. Come che sia il coordinamento Roma Pride ha deciso di non invitare al corteo i partiti politici, per segnalare che “il popolo gay è stufo di questa politica incapace di interpretare i nostri diritti”. La sfiducia e la distanza dalla politica istituzionale è grande, ma ancora si esprime nella forma della protesta, che è sempre un modo di interloquire.
Siamo invece all’incomunicabilità totale a Treviglio, che proprio il 3 luglio debutta come sede di un pride. I partecipanti alla marcia sono infatti invitati dalle associazioni promotrici (Agedo, Arcilesbica Bergamo, Bergamo contro l’omofobia, Milk Milano) a “sventolare le bandiere delle associazioni cui appartengono, la bandiera rainbow, quella europea o italiana, ma non quelle di partito. Il Treviglio pride è di tutti i cittadini, a prescindere dal colore politico di appartenenza”. Se una volta erano le bandiere gay a creare imbarazzo nelle manifestazioni politiche, oggi sono quelle politiche a risultare sconvenienti nella manifestazioni gay. Se non è nemesi questa…