Matrimonio, unioni civili, adozioni, omo-transfobia: sono queste le rivendicazioni principali, declinate con sfumature diverse, di almeno 14 manifestazioni dell’orgoglio lgbt che scenderanno in piazza da qui a luglio sotto il nome di Onda pride 2015.

A queste richieste, sfrondando la retorica dei documenti politici dei diversi eventi, si aggiunge come centrale il tema della laicità dello Stato, la promozione della salute, e il problema dei diritti e dell’accoglienza dei migranti.

Di certo uguaglianza, dignità, tolleranza e piena parità non suonano come richieste nuove o innovative: sono almeno due decenni che i diritti di persone omosessuali e trans non trovano riscontro positivo nell’attività legislativa del Parlamento. Milioni di persone sono scese nelle piazze arcobaleno d’Italia fin qui, ottenendo al massimo qualche titolo di giornale per poi sparire nel nulla.

Chiedersi allora perché scendere ancora in piazza, oltre che utile è opportuno, ma solo a partire da un’altra domanda e cioè “Quale manifestazione o gruppo di rivendicazione ha, negli ultimi vent’anni, ottenuto lo straccio di un misero successo?”. Non gli studenti o gli insegnanti che, dopo aver riempito le piazze, stanno assistendo allo smantellamento della scuola. Non i lavoratori che si sono visti, governo dopo governo, polverizzare i diritti. Non i laici, non gli ambientalisti, non i disabili… e nemmeno noi.
Eppure abbiamo manifestato, marciato, organizzato girotondi e flash mob, contestato e dibattuto.

Il problema evidentemente non è nelle modalità di rivendicazione ma sta da tutt’altra parte, ovvero in chi deve tradurre le rivendicazioni in legge e quindi in una classe politica che, da Renzi in giù, ignora qualsiasi richiesta che viene dal basso.

Siamo, infatti, di fronte a un quadro partitico che risponde solo a domande che vengono da altrove (“ce lo chiede l’Europa”), capace, con abilità che non ha paragoni nella nostra storia recente, di perpetrare se stesso, tra governi nominati senza passare dalle elezioni, leggi elettorali incostituzionali, ribaltoni o compravendita di deputati.

È una classe politica ignobile, in grado solo di “autoconservarsi”, che ha congelato il paese per oltre vent’anni. Se ne esce manifestando?

Un paese non può rimanere “congelato” all’infinito e, peggio, più si persevererà nell’inazione (condita solo da un sapiente uso della propaganda), più il crollo dei responsabili di questa immobilità sarà definitivo e catastrofico. Ho anche la speranza, ma non la certezza, che si trovi una via d’uscita pacifica al nulla politico di questi anni. Prima del crollo però è utile essere in piazza, ancora una volta, per ribadire che fuori dai palazzi del potere esiste un altro paese dove uguaglianza, democrazia e libertà hanno già piena cittadinanza.