Non pago più le tasse. E invito i froci come me a non pagarle”, “per i diritti umani c’è gente che ha perso la vita, non si può pensare di combattere per i diritti dei cittadini senza rischiare nulla”, questa dichiarazione di Tommaso Cerno, direttore de Il Messaggero Veneto ed ex dirigente di Arcigay, piombata nel pieno del dibattito pubblico sulle unioni civili ha generato polemiche e consenso. E tra coloro che si sono espressi a favore dell’iniziativa anche l’editore di Pride. Abbiamo incontrato Cerno.

Niente diritti, niente tasse?
Ho definito la nostra una battaglia di democrazia resistente. Il mio sciopero ha lo stesso senso di quello dei No TAV. Io cittadino, quando lo Stato mi calpesta, in un duello impari, utilizzo come arma le tasse.

Ha raccolto un grande consenso.
Si sono espressi a favore dell’iniziativa intellettuali come Aldo Busi, musicisti come Saturnino e attori come Ricky Tognazzi. Mi hanno scritto etero e gay, giovani e vecchi: c’è tutto un Paese che pretende di raggiungere l’uguaglianza.

La sua proposta ha anche sollevato critiche, assomiglia a uno slogan di Salvini.
Non ce l’ho con le tasse perché sono troppo alte, per me le possono pure aumentare. Per capire la mia proposta è necessario leggere Aristotele e non ascoltare Salvini. In assenza di un parlamento che si occupi davvero dei problemi degli omosessuali conviventi è necessario privare lo Stato di quello che ci chiede e cioè le tasse. Inizieremo lo sciopero se le unioni civili non dovessero passare alla Camera dei deputati.

Come giudica la proposta approvata dal Senato.
La legge è un buon punto di partenza certamente non un punto di arrivo, non è in effetti la legge migliore in assoluto. Dei contenuti della legge parleremo però quando sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il dato più evidente è che per la prima volta nella storia italiana un governo che ha una maggioranza complicata da gestire, piaccia o no, ha chiesto una fiducia politica sui diritti civili. Insomma, il primo ministro ha detto che se non fosse passata questa legge il governo sarebbe andato a casa.

Il suo è un endorsement a Renzi.
La richiesta della fiducia è un atto politico che va rispettato. Non è banale, non l’ha mai fatto nessuno prima. Ricordo che anni fa Arcigay sollecitava il segretario del PD Pierluigi Bersani perché chiedesse al governo Prodi di mettere la fiducia sui diritti civili. Non è accaduto. Quella approvata al Senato è una legge dignitosa che dovevamo fare 10 o 15 anni fa, ma di questo dovremmo lamentarci con il signor Prodi, Amato o D’Alema. Non possiamo farlo con Renzi o affibbiare la colpa a Verdini di quello che non ha fatto D’Alema. Dare la colpa a questo governo di quello che non hanno fatto i precedenti mi pare esagerato. E poi in tutti i paesi la prima legge per le coppie gay non è stata l’ultima.
Resta l’amaro in bocca per una legge che deve ancora essere approvata e che è ben al di sotto delle aspettative. Chi ha sbagliato?
C’è una responsabilità enorme dei governi precedenti del centro-sinistra. Oggi Bersani ci viene a spiegare come dovrebbero essere le unioni civili quando, da ministro, sostenne i DICO. È meglio che stia zitto.
Anche il movimento LGBT ha le sue responsabilità. In parte è esterno e, in parte, è interno al Parlamento. Ci si aspettava un maggiore dialogo tra le associazioni e i loro rappresentanti politici. Sono vent’anni che diciamo “no, no, no” e non portiamo a casa niente. Credo che le associazioni debbano essere più pragmatiche. Se vogliono rappresentare gli omosessuali nel 2016 devono portare a casa risultati, avere il coraggio delle loro sconfitte e mostrare la faccia. E non soltanto lamentarsi.

Sono trent’anni che lottiamo per una legge che realizzi la piena uguaglianza nel matrimonio.
I giovani che vanno in piazza a chiedere un mondo migliore hanno il mio appoggio assoluto. Li stimo molto, sappiano però che un mondo migliore non si ottiene solo con una legge. C’è gente che è morta per ottenere diritti. La battaglia per i diritti è grande, ma è piccola l’illusione che si risolva tutto in cinque minuti. Il matrimonio in Italia è un legame vecchio e problematico: forse è l’istituzione giuridica più in crisi di tutto il codice civile. Io mi aspetto che si arrivi per via politica al matrimonio. Le associazioni dovrebbero però chiedere qualcosa di più avanzato. Penso a un nuovo modello di famiglia basato sugli affetti che è qualcosa di più ampio di quella struttura familiare che arriva ai giorni nostri dal Medioevo. Almeno le associazioni pensino un po’ più avanti.

Si unirà civilmente?
Sono un incivile (ride, N.d.R). Dal momento in cui ci sarà la legge anche non unirsi civilmente sarà un diritto. Sarò un cittadino con un diritto in più, e un paese con cittadini con più diritti è un paese più avanzato e maturo.